Napoli, il grande imbroglio di via Marina: il clochard manager per sbloccare i fondi

Napoli, il grande imbroglio di via Marina: il clochard manager per sbloccare i fondi
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 22 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:34
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Un homeless ingaggiato come amministratore, una sorta di testa di legno chiamata a firmare fatture che consentivano all'organizzazione di sbloccare fondi comunitari.

Si chiama Luigi Esposito, il suo nome non è tra i destinatari delle misure cautelari firmate ieri dal giudice, ma il suo ruolo rischia di diventare simbolo di quanto avvenuto a Napoli negli ultimi anni, a proposito di lavori pubblici e del nuovo look da offrire alla porta orientale del capoluogo partenopeo.
 
Già perché quando i finanzieri hanno iniziato a scavare sul circuito di soldi veri e fatture false, seguendo a ritroso una realtà di carta, si sono trovati di fronte all'ennesimo bluff di questa storia: Luigi Esposito era infatti indicato come liquidatore di una delle società che emetteva fatture, mentre nella realtà era un senza tetto, un uomo senza fissa dimora, che è stato usato come prestanome per mettere qualche firma su carte preconfezionate. Una volta interrogato dalla Finanza, Esposito ha alzato le spalle, negando di aver mai posseduto un conto corrente e un libretto per gli assegni, spiegando di non conoscere il nome della società formalmente gestita e di essersi limitato a seguire un conoscente nello studio di un notaio nel Casertano, in cambio di due o trecento euro. Funziona così all'ombra della città immobile, del cantiere eterno di via Marina.

Ma la scena madre di questa prima tranche investigativa risale al 24 febbraio del 2017, protagonista indiscusso Achille Prospero, uno dei sette soggetti finiti ieri ai domiciliari.

Stando alla ricostruzione investigativa, Prospero si presenta negli uffici di piazza Garibaldi del consorzio «Asse costiero scarl» consegnando una fattura di 148.342,34, ma anche la somma di 75.865 euro. Soldi cash, che vengono divisi al cospetto dei fratelli Umberto e Vincenzo Ianniello, oltre ai fratelli Pasquale e Mariano Ferrara. Non sanno di essere intercettati, anzi video-filmati, e procedono alla spartizione tra di loro del denaro di provenienza sospetta. Parlano di soldi, i presunti soci, come si legge nell'intercettazione depositata agli atti: «Allora, veniamo a noi...», dice il primo. E la risposta di Umberto Ianniello ha sempre un carattere numerico: «Voi mi avete portato i settantacinquemila euro». Difesi dall'avvocato Luigi Tuccillo, i fratelli Ianniello, assieme agli altri indagati, sono pronti a dimostrare la correttezza del proprio lavoro. Scrive invece il gip: «Dall'attività di captazione, si evince che i soggetti presenti, ricevuta la somma di denaro, se la ripartivano equamente una volta sopraggiunti i fratelli Ferrara all'interno del Ferrara». E in modo più chiaro, «Achille Prospero elargiva una somma di euro 75.865, comprensiva del due per cento, in contanti, in favore di Umberto Ianniello, in mazzetta da 5000 euro ciascuna, composte da 100 banconote da 50 euro ed una somma dispari della restante cifra». Quando Prospero si allontanava dall'ufficio, la spartizione andava avanti: Umberto Ianniello distribuiva in parti eguali, facendo mazzette da 5000 euro e poi in altre quote dispari, facendo attenzione a dividere equamente le monete per un totale di 18.965 ciascuno, oltre qualche spicciolo».

Ma da dove arriva quel denaro? Secondo la ricostruzione della finanza, si tratta di finanziamenti sbloccati dall'unione europea grazie a quelle carte che sono state presentate dalla stazione appaltante (comune di Napoli), carte rigorosamente false, costruite a tavolino grazie a prestanome e finzioni seriali: carte che attestano lavori e forniture commissionati dal Consorzio ad aziende inesistenti in cambio di fatture fittizie.

Durissimo l'affondo del gip Alfano, nel motivare le esigenze cautelari. Scrive il giudice: «Il quadro indiziario emerso rivela che i fatti sono gravi e allarmanti, specie per i ruoli ricoperti e in considerazione di quanto detto in premessa, ossia della fitta rete di commistioni illecite e il sopravvento che ha l'utile privato personale sull'interesse dell'ente pubblico e della cosa pubblica, il comune di Napoli, appaltante di lavori stradali finanziati con fondi europei e nazionali e neanche portati a termine nei tempi stabiliti».

Ed è proprio sulla sfera di influenza del gruppo su cui il giudice non è disposto a fare sconti, di fronte alla «mancanza di competenza e di ruoli formali» di alcuni soggetti che entrano in questa storia di soldi e fatture fasulle: «Prospero - scrive il gip - è un oscuro intermediario e gestore di fatto della Exchange, provvede a far rientrare il denaro in contanti riguardo alle fatture false pagate dal consorzio in favore dei fratelli Ferrara e Ianniello, che utilizzeranno le stesse riferibili ad operazioni inesistenti per conseguire gli illeciti profitti costituti dal rimborso di costi mai sostenuti dalle società consorziate ad essere riferibili, inducendo in tal modo in errore i pubblici ufficiali preposti all'istruzione e liquidazione degli importi da corrispondere».

Un sistema, un modo di operare, una rete, che avrebbe arrecato «un vulnus all'economia della città e del comune, con conseguenze a carico dell'intera collettività».
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