«Mia madre in agonia senza cure:
è morta così al Fatebenefratelli»

«Mia madre in agonia senza cure: è morta così al Fatebenefratelli»
di Ettore Mautone
Venerdì 22 Febbraio 2019, 23:01 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 08:26
3 Minuti di Lettura
Un’odissea per i figli e i familiari e una dolorosa agonia per una donna di 62 anni, malata di cancro alla laringe in uno stadio avanzato. Ricoverata in ospedale, su consiglio dell’oncologo che l’aveva in cura, e giunta al Fatebenefratelli il 7 febbraio scorso, per una febbre che non passava. La donna è morta la sera di domenica 10 febbraio, dopo una giornata di convulsioni insorte dopo un probabile ictus. Una fine vissuta tra spasmi in un letto del reparto di medicina sotto gli occhi impotenti dei familiari, senza privacy, tra altri degenti, nell’orario di visita e con cure, a detta di uno dei figli che ha sporto denuncia, limitate a qualche fiala di valium. 

IL RACCONTO 
Un vero e proprio calvario quello raccontato da Giannandrea D’Angelo, uno dei figli della vittima. «Mia mamma è arrivata in ospedale giovedì 7 febbraio. Tengo a precisare che aveva un tumore in stadio avanzato ma non era terminale. Aveva un dolore a una gamba e la febbre, non poteva camminare e per questo abbiamo chiamato il 118. In ospedale le hanno dato la tachipirina. Il giorno dopo, ricoverata in medicina, era senza febbre ma ha iniziato ad accusare torpore, l’appannamento della vista e l’arrossamento di un occhio. È stata trattata con assoluta superficialità da parte del personale medico e infermieristico». Domenica 10 febbraio la situazione è precipitata. «Siamo stati chiamati da un vicino di letto. Mia mamma stava male e ho sentito la voce dell’infermiere che sottovalutava la situazione. In tutto il tempo intercorso per giungere in ospedale non è stato fatto nulla».

 

Un racconto drammatico in cui c’è l’intervento del medico di guardia che solo alla fine ha praticato una Tac da cui non sono emerse emorragie in atto ma i segni di un ictus trattato, pare, con terapia antiaggregante e solo con fiale di valium per le convulsioni che non hanno sortito effetto. «A mia madre dice D’Angelo - è stata negata la possibilità di una morte dignitosa e serena lasciandola agonizzare in un letto. Abbiamo presentato una querela perché in futuro nessuno debba patire questa odissea». 

«Qualora le accuse dei figli fossero confermate - aggiunge il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli - saremmo di fronte ad un fatto molto grave. Non è possibile lasciare una persona in preda a crisi convulsive senza una cura per alleviare le sofferenze. Abbiamo chiesto alla direzione sanitaria una inchiesta interna e segnalato il caso alla Asl». Andrea Fontanella, primario di medicina e di oncologia del Fatabenefratelli, conosce bene il caso avvenuto nel suo reparto: «Sono addolorato nel vedere queste situazioni. Si è trattato di una paziente oncologica in stadio molto avanzato con diverse metastasi anche al fegato e in altri organi. Aveva una febbricola da studiare. I centri oncologici di II livello come il Pascale e il Monaldi non hanno il pronto soccorso, ma noi accogliamo tutti. Abbiamo fatto il nostro compito con le limitate risorse». Il medico, che è anche presidente nazionale della Federazione delle Associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, aggiunge: «La paziente è stata tolta dalla barella e ricoverata in reparto. Un caso purtroppo evoluto in un ictus che abbiamo curato con la terapia antiaggregante di cui disponiamo (il Fatebenefratelli non è inserito nella nella rete ictus, peraltro ancora non attiva a Napoli, ndr). Quindi abbiamo fatto la Tac che non ha evidenziato emorragie. L’avremmo ripetuta il giorno dopo. Paresi e gli altri sintomi neurologici erano però chiari. All’insorgenza delle convulsioni in base alle linee guida abbiamo somministrato il valium che non è riuscito a spegnere la crisi». Perché la donna non è stata intubata e trasportata in rianimazione? «Non avevamo posto in quel reparto. Era domenica, quando è di turno un unico medico di guardia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA