Droga, camorra e capi ultrà del Napoli: si pente «Genny la carogna»

Droga, camorra e capi ultrà del Napoli: si pente «Genny la carogna»
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 5 Marzo 2019, 23:00 - Ultimo agg. 7 Marzo, 07:18
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La voce era cominciata a circolare a Forcella già nei giorni scorsi. E, si sa, nei vicoli certi tam-tam hanno la forza di un tuono e la penetrazione di un ronzio. Si spargono poi inevitabilmente ancora più in fretta certi sussurri, quando riguardano personaggi indissolubilmente legati alla criminalità di alcuni quartieri. Gennaro De Tommaso - meglio conosciuto con il soprannome di Genny ’a carogna, ex capo ultrà dei Mastiffs finito nei guai per vicende legate a traffici illeciti di droga, avrebbe deciso di avviare un percorso di collaborazione con la giustizia.
 
Non si può parlare ancora di pentimento. Ma, al di là delle voci di marciapiedi che meritano sempre il beneficio dell’inventario, alcuni segnali tenderebbero ad indicare la determinazione dell’uomo che cinque anni fa assurse agli onori delle cronache in occasione della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina (coincisa con la tragedia del tifoso azzurro Ciro Esposito) a voler collaborare con la giustizia. Subito dopo l’ultima, pesantissima condanna a 18 anni di carcere inflittagli nel novembre scorso, De Tommaso ha anche nominato un nuovo difensore di fiducia, revocando il mandato a chi lo ha precedentemente assistito, ed affidandolo ad un legale che lo assisterà nel nuovo percorso di collaborazione. Strettissimo il riserbo degli inquirenti sulla notizia: nessuna conferma giunge dalla Procura.

Protagonista sempre e comunque, De Tommaso ha scandito i suoi ultimi anni scegliendo il percorso di una vita decisamente ai limiti, e sempre sul filo del pericolo. Cominciamo dalle vicende giudiziarie. 

Il suo nome finisce qualche anno fa nel registro degli indagati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli nell’ambito di un’indagine su un vasto giro di narcotraffico internazionale. Accuse pesantissime quelle che i pm dell’Antimafia gli contestano: sarebbe stato uno degli organizzatori di un ramificato traffico di marijuana e di cocaina lungo il duplice asse Napoli-Sud America e Napoli-Amsterdam. 

Alcune informative delle forze dell’ordine lo indicano poi come il gestore di una «paranza» nella centralissima piazza Bellini, attiva nello smercio al dettaglio di cocaina. Indagine imponente, quella che lo vide coinvolto: 67 indagati e 90 capi di imputazione per descrivere i traffici di droga e tutte le operazioni utili a consentire di mobilitare grossi carichi di sostanze stupefacenti dalla Spagna e dall’Olanda fino a Napoli. Nel corso delle indagini, che sono durate anni, gli investigatori arrestarono in flagranza di reato addirittura 23 tra corrieri e complici dei narcos, sequestrando 53 chili di hashish, 164 di marijuana e un chilo di cocaina.

Di lì a poco scattano le manette. Genny finisce in carcere. Nel 2015 viene raggiunto da un’ordinanza per traffico internazionale di hashish e viene condannato a dieci anni, poi ridotti in appello a otto. Ma è nel novembre dello scorso anno che l’ex capo ultrà subisce una condanna ancora più pesante: per lui arriva un verdetto di colpevolezza e una pena a 18 anni di reclusione, al termine della sentenza di primo grado emessa dal giudice per le udienze preliminari Claudio Marcopido. Ed è probabilmente questo il momento in cui matura la scelta e chiede di collaborare.
L’accusa è ancora una volta la stessa: traffico di stupefacenti. Ad incastrarlo sono le indagini del comando provinciale dei carabinieri di Napoli, che riescono a dimostrare come Genny, addirittura nel periodo in cui si trovava agli arresti domiciliari, avrebbe continuato a guidare il gruppo che procurava droga in Olanda e la trasportava a Napoli. Per lui il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a venti anni. 

Ma se il nome di Gennaro De Tommaso - o per meglio dire, il suo alias, «’A carogna» - assume un rilievo nazionale e diventa noto al grande pubblico è per ciò che accade a Roma il pomeriggio del 3 maggio del 2014 in occasione della finalissima di Coppa Italia. Poco prima del fischio d’inizio di Napoli-Fiorentina, non lontano dall’Olimpico, si consuma la tragedia del povero Ciro Esposito: il ragazzo di Scampia finisce al centro di un’aggressione violenta ordita da una cellula di ultrà romanisti, alla cui testa c’è Daniele De Santis, detto Gastone. Ferito gravemente, il giovane di Secondigliano morirà dopo circa un mese in ospedale per le conseguenze di un colpo di pistola. Ebbene quella sera Gennaro De Tommaso si arrampicò - in t-shirt nera con una scritta inneggiante alla scarcerazione di Antonio Speziale (il tifoso catanese responsabile della morte di un ispettore di polizia durante tafferugli all’esterno dello stadio Cibali) - avviando una sorta di trattativa con il capitano del Napoli Marek Hamsik: ma il suo diktat - che avrebbe voluto imporre di non giocare il match per quello che era accaduto a Ciro Esposito - non andò a buon fine. Poco dopo gli venne imposto il Daspo. Infine arrivarono gli arresti e i processi.
 

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