Le confessioni di Genny la carogna: «Quel patto hooligan-calciatori»

Le confessioni di Genny la carogna: «Quel patto hooligan-calciatori»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 7 Marzo 2019, 07:00 - Ultimo agg. 14:33
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Curve trasformate in piazze di spaccio, pressioni sui club sportivi per ottenere la vendita di gadget o l'acquisto a basso costo di biglietti da rivendere ai bagarini. Poi, il capitolo «trattativa», che - quando si parla di Genny la carogna - fa riferimento agli accordi tra ultrà, calciatori e altro ancora per dare il via libera alla finale di coppa Italia vinta dal Napoli contro la Fiorentina (anno 2014).

Eccolo Gennaro De Tommaso, oggi in isolamento nel carcere di Rebibbia. Ha avviato da una quindicina di giorni contatti con la Procura di Napoli, si è detto pronto a collaborare con la giustizia, ma il cammino davanti a sé è lungo. Ha una famiglia in gran parte rimasta a Napoli dopo aver rifiutato il programma di protezione, può contribuire ad aprire lame di luce su un mondo chiuso - da sempre - come quello delle frange più violente degli ultrà.
 
In sei mesi dovrà dire tutto, il countdown dei 180 giorni è iniziato da un paio di settimane. Traffici di droga, trasferte usate per rinforzare i canali dello smercio di droga, specie nei Paesi Bassi e in Spagna, la cocaina che gira in città e che spesso viene recapitata a domicilio anche a soggetti insospettabili. Poi quella vicenda che risale al mese di maggio di cinque anni fa, quando Gennaro De Tommaso diventa l'icona del tifo violento, ma anche della mediazione tra pezzi delle istituzioni e i club calcistici. Fu lui, dopo aver parlato con l'ex capitano Hamsik e con alcuni esponenti delle forze dell'ordine, a dare il via libera. Il suo «si giochi pure» creò non poco imbarazzo agli esponenti delle istituzioni seduti in Tribuna. Ma è quello che accadde nei giorni immediatamente successivi a Napoli che potrebbe essere oggetto di chiarimenti da parte dello stesso narcos reo confesso. Stando a quanto emerge da altre indagini (in particolare da quelle che vedono coinvolti i tre fratelli imprenditori Esposito), ci fu il tentativo di convocare alcuni calciatori del Napoli. Obiettivo dichiarato: concordare una versione di comodo per evitare problemi a Gennaro De Tommaso, qualora fosse stata aperta una indagine penale o amministrativa. Una vicenda raccontata finora - almeno in parte - dalle intercettazioni di alcune conversazioni nel bel mondo frequentato dagli Esposito.

A cena, in un prestigioso ristorante napoletano, l'inizio di una sorta di trattativa finalizzata ad impedire accuse di pressioni da parte di De Tommaso verso il calcio Napoli. Bisognava evitare il «daspo» al capo dei Mastiffs, perché la sua collocazione in curva A era decisiva per equilibri non scritti. Un mondo a parte, quello delle curve, dove trovi di tutto: ci sono esponenti di clan diversi, ma anche soggetti «puliti» da un punto di vista penale, finanche rappresentanti della buona borghesia cittadina. Un mondo che a suo modo diventa la sintesi perfetta e immediata di una metropoli porosa, senza linee di demarcazione tra bene e male, stato e antistato. Ed è su questi contatti che De Tommaso può svolgere il suo ruolo, qualora decidesse di confermare la propria volontà collaborativa. Inchiesta coordinata dal pm Francesco De Falco e dal capo del pool anticamorra Giuseppe Borrelli, che hanno avuto il merito di ricostruire i circuiti del narcotraffico e di mettere con le spalle al muro il boss che inneggiava a «Speziale libero» (in riferimento al teppista che uccise il poliziotto Raciti).

Ed è a proposito della t-shirt dello scandalo, quella indossata da Genny il tre maggio del 2014 all'Olimpico, che sarà inevitabile una domanda: esiste un accordo tra teppisti di città diverse? E su cosa si fondano questi accordi?
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