Corrado Guzzanti truffato: «Conti in rosso, un buco di 900 mila euro»

Corrado Guzzanti truffato: «Conti in rosso, un buco di 900 mila euro»
di Michela Allegri e Enrico Lupino
Mercoledì 13 Marzo 2019, 07:23 - Ultimo agg. 09:35
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Dopo trent'anni di carriera nei supermercati cercava le scatolette di tonno meno care, non poteva permettersi altro. Era ridotto sul lastrico, come lo sconclusionato Lorenzo, uno dei suoi personaggi più riusciti. Quasi un milione di euro di debiti con il fisco e l'avviso di pignoramento della casa: a Corrado Guzzanti, maestro della comicità italiana, l'amicizia con il suo storico produttore Terenzio Valerio Trigona sarebbe costata tutto questo. E ora il manager si trova a processo col suo factotum e braccio destro dell'epoca, Cesare Vecchio: entrambi sono accusati di truffa ai danni dell'attore romano, sentito ieri in udienza come persona offesa.

«Il nostro rapporto professionale (quello fra il comico e Trigona ndr) inizia nel 1994 e dura 19 anni, fino al 2013», racconta Guzzanti davanti al microfono del tribunale monocratico, iniziando una lunga deposizione che durerà oltre tre ore. Il sodalizio si interrompe sei anni fa «dopo avermi causato un danno da quasi un milione di euro e con la mia abitazione pignorata dalla banca». Trigona, stando alle parole di chi ha dato vita sul piccolo e grande schermo alle contraddizioni del Belpaese, avrebbe anche confidato al performer di averlo truffato.
Era un'amicizia speciale quella fra Guzzanti e Trigona, tanto che l'impresario teatrale, impegnato in passato con artisti del calibro di Lucio Dalla e Gino Paoli, avrebbe assunto insieme a Vecchio il compito di mantenere per lungo tempo la contabilità dell'artista. «Un conflitto d'interesse ammette la stessa presunta vittima perché da una parte era il mio pagatore e dall'altra chi doveva emettere le fatture».

IL CONTO
«Realizziamo il primo spettacolo nel 1996, quando riprendo a lavorare con la Rai prosegue Guzzanti - Terenzio poi assume un ruolo di coproduzione, nel 2001 con L'ottavo nano, Terenzio è in veste di coproduttore». Programmi di prim'ordine, insomma, che avrebbero fruttato all'attore guadagni importanti. Da lì, l'idea del manager - riferisce in aula il comico rispondendo alle domande del pm Antonio Carluccio - di aprire un conto su obbligazioni tedesche al 4 per cento di interesse, in modo da poter pagare quanto dovuto al fisco, ma rateizzando e con un margine di ricavo. Trigona, dopo aver ottenuto la delega, avrebbe «riferito si legge nel capo di imputazione avrebbe di avere investito le somme come concordato, consegnando rendiconti/prospetti falsi, attestanti guadagni per 6,5 milioni di euro apparentemente ottenuti con i titoli tedeschi». Cifre di un conto che, soltanto anni dopo, si sarebbe rivelato «mai esistito» come specifica la procura. In quel periodo, però, Guzzanti, avendo «totale fiducia» nell'amico - come ripete in aula - non avrebbe controllato.

IL RAGGIRO
Il raggiro però, come contestano i pubblici ministeri, sarebbe stato più ampio. Trigona infatti, avendo la disponibilità anche di altri conti correnti dell'asso della sua scuderia, «ometteva il pagamento delle imposte si legge negli atti o pagava parte di tali imposte in ritardo, generando un debito del Guzzanti verso l'erario di 900mila euro».
Ci sarebbe stato pure un terzo episodio, poi denunciato dall'attore, riguardante il film Fascisti su Marte. «Era un film del tutto artigianale prodotto con Terenzio e Domenico Procacci. Ci tenevo quindi ad apparire fra i produttori, almeno come produttore artistico», continua l'attore che ricorda la proposta che nel 2006, data di uscita della pellicola, gli avrebbe fatto il manager: la sottoscrizione di una fideiussione bancaria con la rassicurazione che «tanto sarei rientrato dalla spesa». Così, Guzzanti avrebbe sborsato 230mila euro, cifra della quale l'imputato avrebbe riferito l'avvenuto saldo: anche questo «mai avvenuto» sostiene l'accusa.

I DEBITI
La mole di debiti sarebbe tornata come un boomerang contro l'attore che, anni dopo, nel 2013, si sarebbe visto presentare alla porta l'ufficiale giudiziario per un avviso di pignoramento della sua casa. Da qui la scoperta del raggiro, compresa una serie di prelievi, assegni e operazioni di giroconto avvenuti sul conto dello showman apponendo la sua firma falsa. Una condotta che la procura attribuisce non solo a Trigona, ma anche a Vecchio. «Ho scoperto di essere talmente rovinato che 500 euro mi avrebbero fatto comodo», racconta Guzzanti di quel periodo. Dopo 30 anni di carriera l'attore, infatti, avrebbe ripreso a «lavorare come un matto per salvare la casa». Un periodo di magra che lo avrebbe anche costretto ad andare avanti «a scatolette di tonno», ironizza.
 
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