Elena Santarelli e il tumore del figlio: «La preghiera mi aiuta a tenere la mano a mio figlio Giacomo»

Elena Santarelli e il tumore del figlio: «Non posso negare che lui sia arrabbiato, ma la preghiera aiuta»
Elena Santarelli e il tumore del figlio: «Non posso negare che lui sia arrabbiato, ma la preghiera aiuta»
Mercoledì 13 Marzo 2019, 16:28 - Ultimo agg. 16:45
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L'incubo, per Elena Santarelli e Bernardo Corradi, era iniziato quasi un anno e mezzo fa: al loro primogenito, Giacomo, che oggi ha 10 anni, era stato diagnosticato un tumore al cervello, scoperto in tempo grazie ad alcuni presentimenti avuti dalla mamma. Immediatamente curato, il piccolo Giacomo è ancora nel pieno della lotta al male che lo ha colpito e la mamma è diventata anche testimonial di Heal, una onlus fondata dalle famiglie che, come la sua, hanno figli colpiti da tumori cerebrali.



Ad aiutare nella fondazione e nella direzione della onlus ci sono anche i medici dell'equipe diretta dalla dottoressa Angela Mastronuzzi dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Elena Santarelli, ora, è portavoce e testimonial e venerdì prossimo sarà presente all'inaugurazione della nuova sede di Sora (Frosinone): «Ho scelto di utilizzare la mia immagine per far conoscere l'associazione e raccogliere i fondi. L'anno scorso la Bobo Summer Camp ha raccolto oltre 78mila euro per il profilo di metilazione, un esame approfondito del tumore molto costoso che in Italia si fa solo al Bambino Gesù e che vorremmo rendere gratuito per tutti i bambini che ne abbiano bisogno».



Ricordando i drammatici momenti della diagnosi, Elena Santarelli spiega, in un'intervista a Fiamma Sanò per Il Messaggero: «Nulla succede per caso. Come quando quel giorno ho sentito nello stomaco di andare a grattare in fondo su quelle cose che vedevo diverse in Jack. Qualcosa mi diceva Gratta! Gratta, che qualcosa trovi. Sarà stata mia nonna dall'alto».



Giacomo ha affrontato una battaglia durissima per un bambino della sua età. Elena Santarelli ne è consapevole: «Gli psicologi sono importanti, mi hanno aiutato ad avere il giusto comportamento con mio figlio, nella comunicazione e nel controllo dei momenti più criciti, come la perdita di capelli: all'età di Giacomo, ci si rende conto di tutto e si prende la consapevolezza di essere bambini malati. Non posso negare che sia arrabbiato, a volte mi dice "Che palle!" quando vede i capelli che cadono o quando dobbiamo andare a fare la chemio. Io mi ritengo fortunata, è difficile spiegare la fortuna che abbiamo avuto a un bambino di 10 anni. Lo capirà quando sarà grande, anche se è difficile da accettare anche per gli adulti. Sono molto positiva e c'è chi mi prende per pazza, ma dietro di me ci sono tante altre mamme che vivono lo stesso dramma ma lo fanno in silenzio perché non sono famose, ma affrontano cose che avevo visto solo nei film».



Sulla situazione attuale del figlio, Elena Santarelli non si sbilancia: «Non dico nulla finché non sarà finita, anche per scaramanzia. Lo racconterò poi, per dare forza alle altre famiglie. E poi non vorrei generare falsi virgolettati. Non sono una che si piange addosso, in pochi hanno visto le mie lacrime. Se piango, poi, devo andare da qualche altra parte, a casa non posso. Quando Giacomo guarirà, sono sicura che piangerò, mi succede anche solo a pensarci. Penso a tutto io e non faccio sapere nulla ai miei genitori, perché dovrei essere egoista e fare stare male anche gli altri?».

Un aiuto, per Elena Santarelli, arriva senza dubbio dalla preghiera: «In chiesa riesco a sfogarmi in qualche modo. C'è qualcuno che mi ascolta dall'alto, lì. Prego, c'è tanta gente che prega per Giacomo. La preghiera di gruppo è potente. I medici aiutano Giacomo a guarire, la preghiera mi aiuta a tenergli la mano». Da settembre, la showgirl e conduttrice è tornata in tv, con Italia Sì su RaiUno: «Mi ha aiutato a distrarmi, ho ricominciato a lavorare solo quando le chemioterapie sono entrate in regime di day hospital e non in ricovero.

Lo posso fare perché lavoro solo il sabato, in diretto, altrimenti col cavolo che lo facevo... Alla me stessa di un anno e mezzo fa oggi direi: "Disperati pure, è normale, ma poi rimboccati le maniche, rivestiti del tuo solito sorriso, combatti e affidati a questi dottori"».

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