L’Atleide

L’Atleide
Giovedì 14 Marzo 2019, 13:31
1 Minuto di Lettura
Nello struggimento di secondo grado, che è “L’Atleide” (poema in endecasillabi sciolti), contenuto in “Dalla cripta” (Einaudi), Michele Mari canta Mark Hateley – attaccante del Milan (66 presenze, 17 gol) – e non Marco Van Basten (per il quale stravedeva Carmelo Bene) seguendo l’assunto di Vincenzo Monti: per un poeta epico non c’è peggiore jattura che essere contemporaneo di Napoleone. Così ‘dissipando la propria vita’ nei primi anni Ottanta, il non ancora poeta di successo – la sua raccolta “Cento poesie d’amore a Ladyhawke” è un longseller – Michele Mari verseggiava, molto pallido e molto assorto, guardando il derby di Milano, tras-figurando calciatori in guerrieri, e facendone epica, giocando con i nomi – per dire Agostino Di Bartolomei diventa Dibartelemide, Nils Liedholm si trasforma in Lidòlmide Nilsao e Ilario Castagner appare come Castagneronne – e divertendo molto il lettore che lo scopre solo oggi, come un poema ritrovato, di ‘eroi formidolosi’ che ‘fatto fiume in correntìa superbo / tutto rapisce ciò che incontra, e volve’.
© RIPRODUZIONE RISERVATA