Brexit, dall'Europa niente proroghe al buio: «Prima diteci quale sarà il percorso»

Brexit, dall'Europa niente proroghe al buio: «Prima diteci quale sarà il percorso»
di Antonio Pollio Salimbeni
Venerdì 15 Marzo 2019, 10:30 - Ultimo agg. 21:36
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BRUXELLES - Dall'Unione europea non ci sono state reazioni a botta calda dopo il voto a Westminster che ha «salvato» almeno per un momento Theresa May. La Commissione si è limitata a indicare di avere «preso nota del voto del parlamento britannico» senza commentare la scelta della Camera dei Comuni. Una portavoce ha ribadito che la richiesta di un'estensione dei requisiti dell'articolo 50 del Trattato (che regola l'uscita di uno Stato membro) «richiede l'unanimità dei 27 Stati». Sarà dunque il Consiglio Ue a considerare tale richiesta «dando la priorità alla necessità di assicurare il funzionamento delle istituzioni Ue e tenendo conto delle ragioni addotte per la durata di una possibile proroga». Subito dopo il voto a Londra è scattata la rete di contatti ad alto livello politico tra Bruxelles e le capitali europee. Il tempo stringe: mercoledì il parlamento britannico si riunisce di nuovo e giovedì arrivano a Bruxelles i capi di stato e di governo, May compresa.
 
Il motivo di tanta prudenza è presto detto: si sposta la data della Brexit di quanto tempo e per fare che cosa? È questa risposta che ancora è del tutto incerta. La mozione approvata a Westminster indica mercoledì quale data limite per approvare l'accordo con la Ue. La proroga fino al 30 giugno presuppone il via libera britannico, però il testo è già stato bocciato due volte. Un rinvio della Brexit di tre mesi non implica che i britannici debbano partecipare alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo che si terranno fra il 23 e il 26 maggio. Ciò perché è nella prima seduta del nuovo parlamento che viene sancito l'avvio della legislatura. In mancanza di sì britannico all'accordo, la proroga della Brexit sarebbe necessariamente più lunga. E questo è il secondo scenario.

Ieri si è parlato di una scadenza a fine anno o a inizio 2020. Ci sono due problemi. Il primo riguarda appunto il voto europeo: in caso di proroga oltre il 30 giugno il Regno Unito resterebbe a tutti gli effetti uno Stato membro dell'Unione al momento della prima seduta del nuovo parlamento, con tutti gli oneri e tutti gli onori che ciò comporta. Inevitabile che partecipi allora al voto. Ci si troverebbe nell'assurda situazione per cui uno Stato che sta per uscire dalla Ue chiede i voti ai cittadini per far parte di istituzioni rifiutate. In molte capitali è una situazione che viene vista con molto scetticismo e sospetto: si intravvede il rischio di restare sempre ostaggi degli instabili umori di prevalenti di volta in volta a Londra. Riluttanza assai giustificata.

Il secondo problema riguarda la chiarezza sulla prospettiva scelta dal Regno Unito. La linea Ue è quella sintetizzata dal presidente Donald Tusk: l'Unione è pronta ad accordare «una lunga proroga» se il Regno Unito «accetta di ripensare la sua strategia e raggiungere un consenso su questo». Quanto più chiara, fondata, quasi scolpita nel marmo sarà questa strategia tanto meno difficile e sarà convincere i Ventisette che può essere aperta una nuova strada. Tuttavia l'esasperazione è il sentimento dominante in tutte le capitali, misto alla preoccupazione per un incidente di percorso che porti dritto alla Brexit senza accordo.

«In nessuna circostanza deve esserci una proroga al buio, a meno che non ci sia una chiara maggioranza alla Camera dei Comuni per qualcosa di preciso, non c'è ragione per concordare al Consiglio europeo una estensione della scadenza», ha dichiarato il coordinatore del Parlamento Ue per la Brexit Guy Verohfstadt.

La prossima settimana Tusk incontrerà Merkel, Macron il premier irlandese Varadkar. La cancelliera tedesca è apparsa più aperta di altri a dare tempo a Londra. Sul tavolo resta la scelta del modello di relazioni future tra Ue e Regno Unito e la palla sta come sempre tutta nel campo britannico: la strategia credibile invocata da Tusk rimanda al grado di sovranità regolamentare europea che i britannici dovranno accettare per evitare che tra Repubblica d'Irlanda e Irlanda del Nord non tornino confini fisici duri' e che sia minata l'integrità del mercato unico europeo. Questo è lo scoglio sul quale ci si scontra da mesi e ancora una soluzione non è stata trovata.

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