Regno di Nettuno, scrigno dei coralli: le immagini del robot-sub tra Ischia e Procida

Regno di Nettuno, scrigno dei coralli: le immagini del robot-sub tra Ischia e Procida
di Paola Perez
Sabato 16 Marzo 2019, 16:13 - Ultimo agg. 17 Marzo, 18:14
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Presentata a Lacco Ameno d'Ischia la prima mappa bionomica - cioè la cartografia della distribuzione dei diversi tipi di habitat - dei fondali dell'Area Marina Protetta Regno di Nettuno, che comprende Ischia e Procida.  Le immagini video sono state realizzate dai robot-sub nell'ambito della ricerca dell'Università Parthenope di Napoli sui fondali marini. Si notano gli «occhi» dei robot che riflettono sul fondale marino con immagini uniche, spettacolari, importanti. La presentazione durante la conferenza «Fondamentali» organizzata dall’Amp Regno di Nettuno con il patrocinio della Federparchi, con la partecipazione di esperti da tutta Italia e di tutti i sindaci di Ischia.
 


«Per le riprese - spiega Giovanni Fulvio Russo, docente di Ecologia dell’Università Pathenope di Napoli e presidente nazionale della Società Italiana di Biologia Marina - sono state utilizzate moderne tecnologie gis e robot. Abbiamo così il paesaggio sottomarino di una parte importante del Golfo di Napoli. Individuati ben 24 habitat, passaggio fondamentale per prendere decisioni o attuare politiche di gestione efficaci dell'area protetta, Nelle immagini registrate dai robot si vede un habitat specifico importante che è quello del coralligeno, analogo nel Mediterraneo delle ben più note scogliere coralline dei mari tropicali. Questi habitat forniscono anche all’uomo servizi ecosistemici importantissimi per l’equilibrio climatico, primo fra tutti il sequestro di anidride carbonica, gas serra tra i principali responsabili del surriscaldamento globale del pianeta».

«Attraverso l'archeologia subacquea - aggiunge Benini, archeologa marina - è possibile ricostruire innumerevoli aspetti del mondo antico:  le ville marittime dell'aristocrazia, le peschiere, i porti, le navi con i loro carichi di mercanzie e le rotte commerciali».

Oltre alle riprese, sono stati effettuati prelievi dei sedimenti e delle comunità biologiche presenti sul fondo. I campioni sono poi stati processati e analizzati in laboratorio. I diversi habitat individuati sono stati poi stati rappresentati su mappa con raffigurazioni di colore diverso, evocative del paesaggio subacqueo da essi caratterizzato. Da sottolineare ia presenza di vaste praterie formate dalla Posidonia oceanica, che circondano le isole formando una fascia protettiva ad alta biodiversità che ha poche interruzioni. Di particolare rilevanza per l’elevata biodiversità sono anche i fondi a rodoliti, veri e propri «ciottoli viventi», e le biocostruzioni calcaree del coralligeno. 

Nell'ambito di una ricerca pubblicata su «Nature» è stato evidenziato un rischio di estinzione della Pinna nobilis, il mollusco-sentinella della biodiversità. La prof.ssa Francesca Carella ha illustrato per la prima volta l’importante ricerca condotta dai ricercatori partenopei e pubblicata qualche settimana fa da “Nature”.

«La Pinna nobilis è un mollusco bivalve tra i più grandi e longevi dei nostri mari - dichiara Francesca Carella del Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli, ricercatore di Patologia generale e anatomia patologica veterinaria  - specie endemica del Mediterraneo, rischia oggi l'estinzione in seguito ad eventi di mortalità di massa. I primi casi sono stati riportati sulla costa occidentale della Spagna  ma le segnalazioni sono ormai presenti in tutto il Mediterraneo compresa Italia, Grecia e Francia. Fino ad oggi i ricercatori attribuivano questi eventi ad un parassita di natura protozoaria, dal nome di Hapoloridiumpinnae. n seguito a campionamenti effettuati nelle acque del Golfo di Napoli e nelle acque siciliane tra il 2017 e il 2018 il nostro gruppo di lavoro ha riscontrato nei soggetti moribondi un agente patogeno appartenete al gruppo dei micobatteri Il nome scientifico del batterio è Mycobacteriumsherrisii, e determina lesioni infiammatorie sistemiche nel mollusco che ne compromettono la sopravvivenza. Il batterio è un patogeno opportunista già noto in medicina umana e veterinaria.  Ulteriori studi sono richiesti allo scopo di chiarire la complessa patogenesi di tali eventi di mortalità nelle acque del Mediterraneo e come tale batterio abbia raggiunto le popolazioni di Pinna nobilis. La scomparsa di Pinna nobilis dai nostri mari è una cosa grave per tutti. Da un lato una perdita di ricchezza per i nostri mari, con conseguenze anche sul piano storico e di identità del Mediterraneo. Si tratta di animali di grandi dimensioni, longevi, con popolazioni una volta dense e costituite da molti individui, che rappresentano un importante substrato duro su fondali sabbiosi, abitati da Posidonia oceanica e organismi di fondi mobili. Possiamo affermare che Pinna nobilis è un creatore di biodiversità che aiuta la colonizzazione di organismi  facilitando quindi la presenza di una elevata biodiversità. Accoglie inoltre al suo interno coppie di crostacei simbionti come il gambero Pontonia pinnophylax, specie che vive esclusivamente in questi bivalvi. Un’altra specie di mollusco coinvolto in episodi di mortalità ultimamente, è il bivalve Arca noae, con segnalazioni di valve vuote, indice di animali morti, in molte parti di Italia. Segnalazioni dei subacquei riportano di non riuscire a trovare più animali vivi».

Altro argomento trattato nel corso dell'incontro, l’Archeologia subacquea. «Il mare nasconde, il mare racconta, il mare conserva - spiega Alessandra Benini, archeologa marina - il ruolo del mare ha avuto, ha e avrà sempre un ruolo fondamentale nello studio delle nostre radici e della nostra cultura. Fin dalle epoche più remote il Mediterraneo è stato il crocevia di infinite vie liquide che hanno permesso lo scambio di conoscenza, tecnologia e tradizioni tra realtà multietniche che ha dato vita alla civiltà occidentale. Le tracce di questi scambi culturali e commerciali altro non sono che il più antico esempio di inquinamento del mare, a volte casuale a volte voluto a volte legato a fenomeni naturali. E il mare conserva a lungo tutto ciò che viene raccolto nei suoi fondali.  Ecco allora che solo attraverso l'archeologia subacquea, con pazienza, è possibile ricostruire innumerevoli aspetti del mondo antico:  le ville marittime dell'aristocrazia , le peschiere, i porti, le navi con i loro carichi di mercanzie e le rotte commerciali. Il mare quindi come scrigno di una memoria sommersa che ogni giorno può raccontarci una storia diversa».

Il tema dell'inquinamento marino da plastica viene trattato da Roberto Sandulli, biologo marino dell'Università Parthenope: «Il problema dell’inquinamento marino da plastica è di rilevanza planetaria ed è pertanto di difficile risoluzione. Si stima che dai 4 ai 12 milioni di tonnellate annue di plastica vengano trasferite al comparto marino ogni anno, contribuendo all’80% delle fonti inquinanti. L’inquinamento che ne deriva è quindi estremamente significativo  e diffuso, tanto che si rinvengono detriti di plastica in ogni habitat marino, inclusi quelli più estremi e remoti. Almeno 700 specie di organismi marini interagiscono negativamente con le plastiche; molte le ingeriscono e altre ne vengono intrappolate, spesso con conseguenze letali. Le plastiche entrano negli organismi e nelle catene alimentari. Si prevede che nel 2050 raggiungeremo 25.000 milioni di tonnellate di plastiche negli oceani. Naturalmente, anche i paesi del Mediterraneo contribuiscono a tale impatto. L’unica soluzione per mitigare l’effetto un tale impatto potrebbe consistere nell’applicare la regola delle 4 R: Ridurne la produzione, Riusare gli oggetti di plastica, Riciclarla in altre forme e
Recuperarla per altri usi. Ma siamo ancora lontani da tali obiettivi».

Al Centro Congressi di Lacco Ameno sono intervenuti Antonino Miccio, Direttore dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, Tullio Berlenghi, Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Mare, Giuseppe Fattori del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, Salvatore Sanna, Vicepresidente nazionale della Federparchi, Maria Carmela Ciarratano, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela dei Mari, Giovanni Pettorino, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, Fulvio Bonavitacola, Assessore all’Ambiente della Regione Campania, Daniela Villani, Delegata Mare del Comune di Napoli, il geologo  Romeo Toccaceli.

«Il successo dell'area marina protetta del Regno di Nettuno sia immediatamente replicato con la costituzione dell'area marina protetta dell'isola di Capri. Istituzioni locali e nazionali si mettano subito all'opera per raggiungere questo nuovo importantissimo traguardo per la difesa dei nostri tesori marini dagli assalti di incivili e speculatori. Al tempo stesso ho proposto ai sindaci dei comuni di Ischia di individuare da subito aree 'cicca freè, dove vige il divieto assoluto di fumo e di gettare cicche sugli arenili, già dalla prossima stagione estiva». Lo ha dichiarato il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, nel corso del Seminario pubblico sui fondali del Regno di Nettuno a Lacco Ameno dove ha partecipato in rappresentanza della Regione Campania. «L'esperienza estremamente positiva del Regno di nettuno - ha proseguito Borrelli - ha dimostrato come sia possibile coniugare difesa della risorsa mare e sviluppo sostenibile del territorio. Una best practice da replicare a partire dai tesori del golfo di Napoli».
 

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