Fisco, cantieri e giustizia lenta: le riforme nella palude delle liti

Fisco, cantieri e giustizia lenta: le riforme nella palude delle liti
di Santonastaso e Pacifico
Martedì 19 Marzo 2019, 09:01 - Ultimo agg. 20 Marzo, 06:34
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Incertezza. E sfiducia, per chi è più pessimista. In economia bastano forse queste due parole per fotografare l'effetto prodotto dal pantano-Italia, con la maggioranza gialloverde divisa e litigiosa praticamente su tutto. L'incertezza accomuna ormai sempre di più imprese e consumatori, lavoratori e manager. Al punto che dopo avere assistito al tracollo degli investimenti pubblici, gli uni e gli altri guardano ora con angoscia al calo di quelli privati, capaci finora a reggere quasi da soli il peso della crescita, almeno di quel poco che c'è. La sfiducia è il moltiplicatore dell'incertezza, con il non trascurabile particolare che non ha confini: colpisce anche o forse soprattutto all'estero, perché chi giudica l'Italia in base alla stabilità politica è seriamente perplesso sull'opportunità di acquistare titoli del debito pubblico o, appunto, di investire i suoi capitali.

IL TESORO
La riforma delle riforme è sempre quella, la riduzione delle tasse. Ci hanno provato tutti i governi, chi di più, chi solo a chiacchiere. Per avere un'idea del problema, basterà ricordare che una piccola impresa ha bisogno di 201 giorni per pagare le tasse mentre gli altri 164 vengono impiegati per supportare i consumi familiari. Il dilemma, per tanti aspetti annunciato e noto, è che per diminuire la pressione fiscale su imprese e famiglie bisognerebbe tagliare la spesa pubblica perché in giro altre risorse da mettere in campo non ci sono. E qui anche per il governo gialloverde, il pantano è scontato.

 

Eloquente lo scontro di queste ore sul ritorno nell'agenda politica della flat tax: la Lega che spinge in questa direzione parla di un costo non superiore ai 15 miliardi, i 5 Stelle di 60 miliardi ritenendo improponibile ogni ragionamento. Il divario è enorme e l'esito delle Europee non basterà perché i Paesi sovranisti, come Ungheria e Polonia, non hanno alcuna intenzione di concedere ulteriore flessibilità a chi ha un debito altissimo come il nostro. L'unica vera alternativa, visto che di tagli di spesa è difficilissimo parlare concretamente (e non solo per interessi elettorali dei partiti), è la crescita. Ma al momento il rimbalzo del Pil è lontanissimo.
E l'altro corno di questa prospettiva, la lotta all'evasione fiscale, continua manco a dirlo - a dividere. Tra condoni annunciati o striscianti, che secondo una stima hanno consentito all'Italia negli ultimi 45 anni di incassare una cifra equivalente a oltre 130 miliardi di euro, si è rischiata una crisi di governo tra gli alleati. Ma il bubbone degli evasori non è stato comunque sconfitto se è vero che ogni anno sono almeno 110 i miliardi di euro sottratti al fisco.

LO SVILUPPO ECONOMICO
È forse il terreno in cui più si misura l'entità del pantano italiano. Perché è qui che l'assenza di una politica industriale degna di questo nome emerge nella sua evidenza. Non è un limite imputabile del tutto all'attuale governo ma che si continui navigare a vista sulla missione industriale del Paese è ormai chiaro. Evidente lo scontro tra i sostenitori del mercato e dunque della libertà d'impresa (in un Paese che è pur sempre la seconda manifattura dell'Europa), e i difensori dei consumatori e del ruolo dello Stato nell'economia. Alle imprese che parlano, nemmeno più sottovoce, di un'ostilità della parte pentastellata del governo nei loro confronti, il Mise replica impegnandosi al massimo per nazionalizzare (o giù di lì) la compagnia aerea di bandiera attraverso il piano Alitalia-Fs. E al settore dell'automotive, preoccupato per le ricadute dell'ecotassa che rischia di favorire soprattutto i produttori stranieri di auto elettriche rispetto all'industria nazionale, si affidano risposte generiche. Sullo sfondo, peraltro, emerge anche una divisività ideologica, tra le grandi e medie imprese da una parte, e le piccole dall'altra.
Nel senso che sembra essersi fatta strada l'idea che le prime siano portatrici di interessi non sempre nazionali mentre le altre debbano comunque essere supportate dallo Stato anche se non fanno rete, non innovano e non garantiscono la qualità delle filiere di cui dovrebbero far parte. Lo ha evidenziato anche l'ultimo Rapporto della Fondazione La Malfa: uno Stato che investe nel Reddito di cittadinanza e non fa altrettanto nel sostenere le imprese che hanno saputo uscire dalla crisi degli ultimi dieci anni è uno Stato miope.

INFRASTRUTTURE
La Tav è solo la punta dell'iceberg ma che sulle opere infrastrutturali si sia toccato il livello più basso dell'affidabilità del Paese è ormai noto. In confronto a quanto sta succedendo, la discussione sull'opportunità di costruire o meno il ponte sullo Stretto di Messina sembra una disputa tra educande. L'Italia divisa in due per l'Alta velocità; l'Italia delle oltre 600 incompiute, un terzo delle quali nel Mezzogiorno; l'Italia del Codice degli appalti che è riuscito a scontentare anche i paladini della trasparenza a ogni costo nelle opere edili; questa Italia continua a creare steccati e barriere a ogni livello non appena si parla di opere pubbliche.
Secondo il rapporto annuale di Agici sui Costi del non fare, non realizzare le infrastrutture che servono al Paese rischia di costare qualcosa come 530,2 miliardi di euro nel periodo 2019-2035, con un costo medio annuo pari a circa 31 miliardi di euro. Il paradosso invece è che i soldi ci sono, a partire dai 6,6 miliardi del contratto di programma dell'Anas ai 9,3 miliardi garantiti da Ferrovie dello Stato per i suoi programmi. L'Italia penultima tra i 5 maggiori Paesi europei per l'indice di dotazione infrastrutturale per il trasporto di merci e di persone è lo stesso Paese che ha visto fuggire i cinesi da Taranto per un porto non dragato. Anche allora, come da copione, la storia nacque per litigi e polemiche...

GIUSTIZIA
La legge delega sul processo civile - tra le novità l'addio all'atto di citazione, il rafforzamento delle sezioni speciali per l'impresa e una sezione specializzata per la famiglia - è arrivata in Consiglio dei ministri lo scorso febbraio, ma il passaggio alle Camera potrebbe essere lungo. Mentre il Guardasigilli Alfredo Bonafede è ancora impegnato a riscrivere la riforma del processo penale - tra gli obiettivi sentenze in tempi più rapidi e maggiore certezze della pena - e ha fatto sapere che avrà il via libera entro la fine dell'anno. Dopo un lungo dialogo con le parti è stata scritta dagli uffici di via Arenula la nuova legge sulla magistratura onoraria, tema centrale perché senza gli oltre 6mila giudici di pace e affini la macchina della giustizia andrebbe in tilt. Ma al momento il testo non è stato ancora presentato.
Si sono perse la tracce anche di una proposta di legge per riformare la formazione del consiglio della magistratura, nella quale inserire anche una norma - come specifica il contratto di governo - per stabilire che i magistrati, una volta «intrapresa la carriera politica» ed eletti, «non potranno tornare a vestire la toga». Alla Camera, poi, è ancora in discussione alla Camera il decreto codice rosso per inasprire le pene per la violenza delle donne, che potrebbero salire fino a 12 anni. Si aspettano ancora provvedimenti annunciati sui costi della giustizia - come l'abbassamento del contributo unificato - o una riforma più massiccia della giustizia tributaria, in fondo solo sfiorata dal nuovo processo civile.

SALUTE
Giulia Grillo aveva promesso alle Regioni di tagliare i superticket e ci era quasi riuscita, ma poi il suo collega, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha bloccato la norma preparata dagli uffici di viale Trastevere. Idem è successo con lo sblocco per le assunzioni da parte dei governatori negli ospedali, dove tra medici e infermieri mancano circa 30mila figure. Sempre il ministro della Salute ha dovuto aspettare tre mesi per vedersi approvato dalla Conferenza Stato Regioni il suo piano per ridurre le liste d'attesa (tra le novità anche la rimozione dei manager che non rispettano i tempi previsti dal ministero).
Ora mancano soltanto alcuni decreti attuativi. La Grillo, poi, lo scorso febbraio ha approvato la sua riforma della dirigenza, che deve essere ora portata in Parlamento. Giacciano sempre nei rami del Parlamento tutte le proposte per incentivare le cure palliative.

SCUOLA E UNIVERSITÀ
Il ministro dell'Istruzione e dell'Università ha spesso ripetuto sostenuto che non bisogna stravolgere né la renziana Buona scuola né la Gelmini che disciplina gli atenei, ma correggerle. Il parlamentare pentastellato Luigi Grillo ha annunciato che bisognerà aspettare la prossima manovra per finanziare la norma che vuole evitare le cosiddette classi pollaio, con oltre 25 alunni.

Arrivata ieri una prima riforma della valutazione del Miur, il sottosegretario Lorenzo Fioramonti ha annunciato che nei prossimi tre mesi arriveranno in Parlamento appositi disegni di legge per modificare il sistema dei concorsi universitari, superare l'attuale abilitazione, ridurre i tempi del precariato. Intanto nelle due Camere giacciono una serie di proposte di maggioranza e opposizione per realizzare le priorità enunciate da Bussetti come una diversa e migliore ripartizione dei fondi agli atenei o un nuovo sistema di reclutamento e formazione del personale della scuola di ogni ordine e grado. Allo studio - tra le altre c'è un progetto di legge del pentastellato Francesco D'Uva - il superamento del numero chiuso nelle facoltà di medicina.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
È passato al Senato il disegno di legge concretezza, uno dei due pilastri secondo il ministro Giulia Bongiorno per modernizzare e riformare la PA.

Tra le nuove misure strumenti per incrementare la performance dei dipendenti e soprattutto nuove regole e nuovi dispositivi contro i cosiddetti furbetti del cartellino. Ma il passaggio al Senato si preannuncia irto di non poche difficoltà: i Cinquestelle hanno presentato modifiche per aumentare la trasparenza e soprattutto per favorire la digitalizzazione degli uffici pubblici. Tutte modifiche che costano. Il mese scorso in Consiglio dei ministri è passato un disegno di legge per riformare la dirigenza. Ma al momento non è stato ancora incardinato alle Camere.

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