Napoli, le chiese che crollano mentre si litiga su Caravaggio

di Vittorio Del Tufo
Martedì 26 Marzo 2019, 08:00 - Ultimo agg. 10:32
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Le spoglie di Maria D'Ayerba, fondatrice con Maria Longo dell'ospedale degli Incurabili, sono state recuperate ieri tra le macerie. La lapide che copriva la sua tomba, invece, è ancora in bilico sulla voragine, e balla nel vuoto. Come balla nel vuoto una buona parte del patrimonio storico e monumentale della città: un immenso giacimento d'arte e cultura spesso misconosciuto agli stessi napoletani. Fa una certa impressione, in queste ore, assistere inermi al disfacimento degli Incurabili e registrare il frastuono di certi dibattiti che si trascinano da settimane, da mesi, infiammando le migliori intelligenze della città: lo scandalo per il trasferimento di poche centinaia di metri dell'«inamovibile» Caravaggio, o le vesti stracciate per pochi metri di griglia in piazza Plebiscito.

La presbiopia, disturbo della vista caratterizzato dalla perdita graduale, progressiva e irreversibile della capacità di mettere a fuoco da vicino, rischia di dilagare in una città dove abbondano, invece, gli sguardi dall'alto, o da molto lontano. Non bastano gli occhi per guardare, bisogna decidere in che direzione volgere lo sguardo, ha scritto efficacemente domenica sul Mattino Adolfo Scotto di Luzio. Aggiungendo che forse bisognerebbe smettere di contemplare preoccupati il proprio ombelico. Proviamo a indirizzare lo sguardo, allora, sui mille attentati che subisce ogni giorno il nostro patrimonio artistico e culturale: dai lavori edilizi a ridosso dei luoghi di culto (molti dei quali già sbarrati da decenni nell'indifferenza delle istituzioni, a cominciare da quelle ecclesiastiche) alle infiltrazioni provenienti dal sottosuolo, quelle che esattamente un anno fa provocarono il crollo di un'ala dell'antico monastero di San Paolo Maggiore, travolgendo cinque operai impegnati nei lavori di ristrutturazione del chiostro, nel cuore dei Decumani.

Non sono pietre qualunque quelle dell'antica chiesa di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, franate all'improvviso sul garage sottostante. Se quelle pietre potessero parlare, racconterebbero una straordinaria storia di passione, di devozione, di incrollabile tenacia.

Le due Marie - Longo e D'Ayerba, la cui tomba è sprofondata assieme al pavimento della chiesa - guidarono la famosa processione che, il 25 marzo 1522, portò i pazienti dell'ospedale di San Nicola, presso il molo, a «occupare» la salubre (allora) collina di Sant'Aniello, a Caponapoli. Il nuovo ospedale fu fondato proprio per curare gli ammalati rifiutati da altri nosocomi (e denominati per questo, appunto, incurabili). Una bella pagina di storia che fece da apripista ad altre iniziative e opere caritatevoli ma, soprattutto, aprì la strada alla moderna scuola medica napoletana: un orgoglio della città.

Le pietre franate domenica, dunque, non sono pietre come tante altre ma sono un pezzo della nostra storia, della nostra memoria. Chi da anni si batte per sottrarre all'oblio, alla damnatio memorie, il cuore della città antica sa quanto quel patrimonio sia fragile, e necessiti di una cura e una manutenzione costanti. La vicenda degli Incurabili è emblematica. Il complesso ospedaliero è un vero e proprio scrigno di tesori; non ospita solo la chiesa di Santa Maria del Popolo ma anche il Museo delle Arti Sanitarie, che si trova nell'ex monastero delle Pentite, e la storica Farmacia, che custodisce le memorie dell'antica arte ospedaliera: uno dei luoghi più visitati dai turisti che affollano il centro storico della città. Ebbene, già nel 2014, secondo una relazione del servizio difesa idrogeologica del territorio e sicurezza abitativa del Comune, il complesso degli Incurabili fu considerato a «rischio crolli». Appena sei mesi fa era stato chiuso lo scalone monumentale, poi ripristinato, e qualche mese dopo, a causa dello smottamento del terreno sottostante l'edificio, era stato chiuso il laboratorio di patologia clinica.

Nella città incerottata e fragile ogni dissesto, ovviamente, fa storia a sé. Crollano i pavimenti delle chiese e rotolano pietre dalle facciate dei monumenti. Al pari degli Incurabili, sono centinaia i luoghi di culto che - pur poggiando sul vuoto, o sull'argilla - si reggono in piedi grazie a un equilibrio delicatissimo, che resiste, il più delle volte, fino a quando non interviene l'opera dell'uomo a scardinarlo. Poi c'è lo scandalo a cielo aperto dei tesori negati, sbarrati, inaccessibili al pubblico. Dieci anni fa il Mattino documentò, con una lunga inchiesta di Paolo Barbuto, il disfacimento di un patrimonio unico al mondo, con 200 luoghi di culto abbandonati, di cui oltre cento nel più totale degrado. Dieci anni dopo, nulla è cambiato: la devastazione è rimasta intatta. Ecco un buon esercizio contro la presbiopia: concentrare lo sguardo sui monumenti che cadono a pezzi sotto i nostri occhi. Soprattutto nel centro storico della città, patrimonio Unesco. E concentrarsi sui fondi necessari per restaurarli e metterli in sicurezza: fondi spesso disponibili, ma che si perdono nelle sabbie mobili della malaburocrazia, come nel caso del monastero delle «33», a due passi dagli Incurabili. Che la tragedia sfiorata di Santa Maria del Popolo, almeno, serva a suonare la sveglia per tutti.
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