Nozze trash a Napoli, il danno alla città di chi non ha saputo prevenire lo scempio

di Isaia Sales
Sabato 30 Marzo 2019, 08:30
5 Minuti di Lettura
Anche questa volta la realtà s'è dimostrata più ricca e fantasiosa della trasposizione cinematografica o romanzata. Il matrimonio tra Tina Rispoli, vedova del boss scissionista Gaetano Marino, ucciso sul lungomare di Terracina nel 2012, e il cantante neomelodico Tony Colombo, svoltosi in due giorni tra Secondigliano, Piazza del Plebiscito e Maschio Angioino, può competere con una lunga scena di Gomorra o con un video musicale neomelodico, ma l'immagine della città e delle sue istituzioni ne esce scossa. Si poteva evitare e non si è stati capaci di evitarlo. Si poteva prevedere e non si è stati in grado di farlo. Senza ombra di dubbio c'è stata superficialità e impreparazione del Comune e degli altri enti coinvolti. E nel campo dell'immagine della città (e dei messaggi che si veicolano alla nazione) non ci si può permettere di essere superficiali e impreparati. Né farsi prendere di sorpresa. Tanto meno quando si ha che fare con ambienti e persone che con i clan hanno avuto e hanno dimestichezza. Le parole di Paolo Siani (uno spettacolo indecoroso, andava evitato) mi sembra possano racchiudere il pensiero dell'altra Napoli e di chi in Italia della nostra città ama la serietà della lotta ai clan piuttosto che l'accondiscendenza di chi trasforma tutto in sceneggiata, a partire da alcune reti televisive nazionali.

E a proposito di chi in questi anni ha sostenuto che la serie televisiva Gomorra nuoceva all'immagine di Napoli città, bisogna ricordare che quella era ed è una finzione, questa andata in scena con il matrimonio è realtà. E tra le due sicuramente è quest'ultima che fa più male alla città. E, in ogni caso, quando si è trattato sul serio di difendersi da un'immagine sbagliata (e non solo a parole) non si è stati all'altezza della situazione. Che la catena di comando tra forze dell'ordine e vertici istituzionali potesse essere allentata a Secondigliano (dove c'è stata una vera e propria messa in scena di nozze tra persone potenti) lo si poteva prevedere (da sempre nelle periferie c'è un problema di autorevolezza delle autorità pubbliche); come si spiega, invece, la performance dello sposo che ha cantato in Piazza del Plebiscito davanti a qualche migliaia di persone (senza autorizzazione) o l'ingresso in carrozza degli sposi? Siamo nel cuore del cuore di Napoli, nella piazza sede della prefettura e luogo per eccellenza degli eventi civili, politici, militari più importanti nella storia della città. Siamo in quella Piazza del Plebiscito dove si litiga tra le autorità per poter apporre delle semplici grate (così da consentire l'areazione della metropolitana sottostante) e invece si può entrare in tutti i modi e con tutti i mezzi e offenderne il decoro sotto le finestre della autorità? In quella Piazza del Plebiscito in cui pochi anni fa ci furono mille problemi per affiggere le foto delle vittime di camorra e invece si fanno entrare da protagonisti persone che quella memoria la offendono?

Non c'entra niente la fedina penale pulita. La lotta per l'immagine della città non si fa guardando la fedina penale. Punto. Ed è inutile aggiungere parole. Ma difendere l'immagine della città spetta non solo a chi è rimasto a vivere qui; riguarda allo stesso modo gli altri che da questa città sono andati via e danno spazio nelle loro trasmissioni a tutte le forme più sguaiate e volgari di essa. Non c'è forse un obbligo civile da parte di tutti di non oltrepassare il limite oltre il quale non c'è dovere di cronaca che tenga? A chi può venire in mente di riprendere per una trasmissione televisiva le nozze di una signora che è stata sposata con un boss di camorra e che si risposa e annuncia in diretta la gravidanza? Vuol dire o che non si ha idea di che mondo si va a lusingare, o lo si sa e si pensa che sia normale darne spettacolo. E tra le due alternative proprio non so quale sia la più grave. Una vedova di camorra ha tutto il diritto di risposarsi, ma sono fatti suoi; noi abbiamo il dovere di impedire che diventi un evento esemplare, da raccontare sulle reti nazionali come un normale matrimonio. E se questo matrimonio non fosse stato a Napoli, e se non fosse stato preparato nelle forme che poi ha assunto, avrebbe mai suscitato l'attenzione mediatica? Quante vedove di camorra, di mafia, di ndrangheta si sono risposate, cambiando totalmente vita e ambiente e non hanno trovato nessuna attenzione e nessuna ripresa televisiva? E quanti figli o figlie di vittime di camorra, mafia e ndrangheta si sono sposati senza la gioia di avere al fianco il loro padre (o fratello o madre) e non sono finiti su nessun giornale o trasmissione televisiva?

E siamo sicuri che quanto è avvenuto non provochi reazioni da parte di famiglie avversarie che perseguono i loro obiettivi di vendetta senza preoccuparsi della fedina penale sporca o pulita? Non dimentichiamo che il centro della città è interessato da tempo da continui episodi di violenza e anche di clamorose stese. Insomma quanto è avvenuto e quanto si è permesso che avvenisse (o quanto non si è stati capaci di impedire che avvenisse) nuoce non solo all'immagine della città ma anche alla sua sicurezza.

Quando ci fu un altro matrimonio che fece scalpore a Napoli, quello tra Marianna Giuliano, la figlia di Luigi, boss di Forcella, e Michele Mazzarella (rampollo di un altro importante clan cittadino) non si arrivò a sfidare apertamente i luoghi istituzionali, anche se lo sfarzo e il coinvolgimento di migliaia di persone fu altrettanto evidente. Ma nessuna televisione ne propose le immagini. La differenza non sta semplicemente nel fatto che questa volta non sono implicate persone penalmente perseguibili; allora nessuna televisione osava sfidare il buon senso e la memoria delle vittime. Alcune trasmissioni televisivei sono molto più indietro del livello di civiltà e consapevolezza che l'opinione pubblica meridionale ha dei fenomeni mafiosi e degli ambienti circostanti. Anche di quello di Napoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA