Napoletano ucciso in Messico, il business dei generatori per le serre di droga

La sala del ristorante teatro del delitto; nel riquadro la vittima
La sala del ristorante teatro del delitto; nel riquadro la vittima
di Mary Liguori
Domenica 7 Aprile 2019, 23:30 - Ultimo agg. 8 Aprile, 08:09
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Il cugino e l’amico di Salvatore De Stefano, presenti nella pizzeria di Città del Messico in cui il 35enne napoletano è stato ucciso a colpi di pistola, si sono rifiutati di parlare con i magistrati messicani. È quanto emerge in queste ore convulse che seguono l’omicidio del quinto italiano che avviene nel Paese del centro America dall’inizio del 2018.


Ma al silenzio dei testimoni, tali Luca e Domenico, seguono gli accertamenti che la polizia messicana sta eseguendo, in contatto anche con le autorità diplomatiche italiane, per ricostruire il passato di De Stefano nella certezza che, proprio dalla storia della vittima, si possa risalire al movente e agli assassini.
 
De Stefano era in Messico dal 2009. Da quel momento, ha avuto un unico «contatto» con la polizia locale. Un arresto per droga che inquadra sotto una duplice luce il possibile movente della sua tragica fine. Perché, dall’altro lato, ci sono altri affari. La truffe dei macchinari cinesi spacciati per tedeschi. Una ipotesi, quella dei «pacchi», subito rilanciata dai giornali messicani, primo tra tutti La Silla Rota, il sito che ha anche divulgato il video del killer in fuga. Insomma, De Stefano potrebbe aver venduto i suoi macchinari «tarocchi» alla persona sbagliata e aver pagato lo sgarro con la vita.

Il fenomeno dei «pacchi» è stato tirato in ballo anche dopo la scomparsa di Antonio e Raffaele Russo e Vincenzo Cimmino, i tre napoletani di cui si sono perse le tracce il 31 gennaio 2018. Anche per loro, scomparsi a 700 km dalla capitale, la stampa ha parlato di truffe di generatori elettrici. Poi, però, nello stato di Jalisco sono stati arrestati poliziotti collegati alla scomparsa e, a luglio, è stato ucciso il sindaco di Tecatitlan, città in cui vivevano i tre.

Quella delle truffe dei generatori elettrici in Messico sarebbe l’ultima frontiera dei «magliari» di casa nostra. Le vittime dei raggiri sono spesso contadini collegati ai cartelli che coltivano marijuana in zone impervie, prive di corrente elettrica. E in questo scenario potrebbe essere scattata la vendetta della «Jalisco Nueva Generacion», il cartello che sarebbe dietro la scomparsa dei tre napoletani. Ma i cadaveri di De Stefano e di Alessandro De Fabbio, ucciso in Messico a novembre e originario di piazza Mercato come i Russo, potrebbero raccontare un’altra storia. E riscrivere la trama del giallo dei Russo e di Cimmino.
 

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