Guanciale è pronto
«Ricciardi sono io»

Guanciale è pronto «Ricciardi sono io»
di Alessandra Farro
Martedì 9 Aprile 2019, 09:39 - Ultimo agg. 12:18
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«Sarò io il commissario Ricciardi, ma non è ancora ufficiale», ammette Lino Guanciale, tornato a Napoli per mettere in scena da stasera al Bellini, dopo il Pasolini di «Ragazzi di vita», «La classe operaia va in paradiso», diretto da Claudio Longhi, scritto da Paolo Di Paolo, liberamente tratto dal film di Elio Petri e già vincitore di un Premio Ubu, gli Oscar italiani per il teatro.

Sulla cresta dell'onda grazie a «L'allieva», il documentario su L'Aquila dieci anni dopo e, soprattutto, alla seconda serie di «La porta rossa», la serie noir di Raidue in cui è il commissario Cagliostro che, ucciso a colpi di pistola rimane - da fantasma - in città accanto alla moglie, Guanciale è stato scelto, dopo una lunga e travagliata selezione, per vestire i panni del commissario che «sente» i morti inventato dalla penna di Maurizio de Giovanni: «Per me sarebbe un'opportunità grandissima e decisiva per la mia carriera televisiva», racconta, «ne stiamo parlando concretamente con la Rai».

Ormai sembra fatta, manca l'ufficializzazione della notizia da parte dei produttori, Clemart e Rai Fiction, Guanciale piace al regista Alessandro D'Alatri, già dietro gli ultimi episodi de «I bastardi di Pizzofalcone», altra serie tratta dai romanzi dello scrittore napoletano, un po' meno allo stesso de Giovanni, che avrebbe preferito un volto meno noto, meno televisivo, più ambiguo, forse anche più... napoletano del trentanovenne attore abruzzese. Un volto in grado di stupire gli spettatori, come accadde con Luca Zingaretti, ancora sconosciuto quando fu scelto per il Montalbano di Camilleri.

 

Se per la trasposizione televisiva della serie sui Bastardi lo scrittore partenopeo ha lasciato ampio spazio ai produttori, per il primogenito Ricciardi, invece, rivendica molto più controllo. Ma il dado sembra tratto e Guanciale vicino alla firma del contratto: classe '79, di origini abruzzesi ma a Roma da anni, l'attore ha sfondato soprattutto con «La porta rossa», serie tanto fortunata da aver portato a Trieste, città in cui è ambientata la storia, ondate di fan che vogliono ripercorrerne i luoghi, grazie alle cinepasseggiate organizzate dalla locale Casa del cinema.
Al momento, la fiction su Ricciardi è in fase di preproduzione negli uffici messi a disposizione dalla Film Commission Regione Campania nell'ex base Nato a Bagnoli. La saga del commissario, divisa in sei puntate, tre ispirate ai romanzi e tre pensate ad hoc per la televisione, è ambientata negli anni Trenta.

Mentre la versione televisiva prende vita e quella a fumetto continua, con La Bonelli che ha annunciato l'uscita nel prossimo mese del secondo «Ricciardi Magazine», e in autunno ha previsto l'uscita del primo numero ispirato ai Bastardi di Pizzofalcone, de Giovanni continua a ripetere che il prossimo, dopo tredici libri, sarà il romanzo che chiuderà la saga del commissario.

Forse anche questo gli renderà più leggero lasciare il testimone a Guanciale che, però, per ora pensa a «La classe operaia va in paradiso» da portare in scena al Bellini e ragiona su come dividersi tra teatro e tv, e su come non restare vittima di una sovraesposzione mediatica, soprattutto in vista del ciclone Ricciardi: «La mia vita è organizzata all'insegna del delirio, sto portando in scena più spettacoli, mi avete visto in più fiction... Che dire? La Rai mi ha fatto un bellissimo regalo, consegnandomi anche molta responsabilità. Non a caso ho architettato una stagione ricca di teatro in modo da dedicarmi al teatro e far rifiatare i telespettatori. Allo spettacolo tratto dal film di Petri tengo in modo particolare, e non lo dico solo per i premi vinti». Poi... poi verrà il momento di Ricciardi. E di passare dal commissario fantasma Cagliostro al commissario Ricciardi che ascolta le voci dei fantasmi.
 
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