Mose, trovato il tesoro di Galan: tangenti riciclate nei paradisi fiscali, sequestrati 12,3 milioni

gIANCARLO gALAN
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Giovedì 11 Aprile 2019, 12:37 - Ultimo agg. 12 Aprile, 08:33
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Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell'ambito di un'indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, riguardante il reinvestimento all'estero delle tangenti incassate dall'ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan (Forza Italia). Nell'indagine, che coinvolge sei persone, sono coinvolti due commercialisti padovani nel ruolo di prestanome.

Ci sono il commercialista di Giancarlo Galan, Paolo Venuti, e la moglie di questi, Alessandra Farina, tra i sei professionisti indagati per il riciclaggio all'estero dei fondi riconducibili in parte alle tangenti del Mose, scoperti oggi dalla Guardia di finanza di Venezia. Oltre a questi, compaiono nel registro delle indagini i due colleghi di studio di Venuti, Christian e Guido Penso. Gli altri due indagati sono i professionisti svizzeri che avrebbero avuto il compito di tentare di occultare il denaro, Filippo San Martino e Bruno De Boccard.

Il provvedimento è stato adottato all'esito delle indagini di polizia giudiziaria dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia riguardanti il reinvestimento all'estero dei proventi della corruzione realizzata da Giancarlo Galan nell'ambito della costruzione del Mose.

Gli accertamenti finanziari e le indagini tecniche hanno consentito di accertare che tra il 2008 ed il 2015 due commercialisti padovani avevano garantito, tramite il loro studio professionale, l'intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana, che dalle indagini sul Mose era risultata essere di fatto riconducibile al Galan; inoltre, i professionisti avevano messo a disposizione conti correnti in territorio elvetico, intestati a società di Panama e delle Bahamas e gestiti da due fiduciari svizzeri, le cui somme sono state successivamente trasferite su un conto corrente presso una banca di Zagabria, intestato alla moglie di un terzo professionista del medesimo studio padovano.

Le ulteriori investigazioni e l'esecuzione di una rogatoria in Svizzera hanno permesso di accertare che il ricorso all'interposizione di società in paesi off-shore era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala e in maniera professionale per consentire a numerosi imprenditori veneti di riciclare ingenti somme proventi dell'evasione fiscale realizzata nel tempo. Infatti, nel corso della perquisizione presso gli uffici di una società fiduciaria elvetica, è stata sequestrata una lista contenente i nomi di numerose società italiane che avevano affidato la gestione dei capitali derivanti dal «nero» ai professionisti svizzeri, i quali - pur non avendo i requisiti per l'esercizio dell'attività finanziaria in Italia - li avevano raccolti e fatti transitare su conti esteri intestati a società olandesi, svizzere, rumene, di Panama, Curacao e delle Bahamas, una delle quali aperta tramite lo studio Mossak Fonseca, emerso nell'ambito dei cosidetti «Panama Papers».

Successivamente, le somme sono rientrate nella disponibilità degli imprenditori italiani che le hanno utilizzate per effettuare investimenti anche di natura immobiliare in appartamenti di lusso a Dubai e in fabbricati industriali in Veneto.
I sequestri sono in corso di esecuzione riguardano disponibilità finanziarie detenute presso banche venete, 2 imprese e quote di società e 14 immobili in Veneto e Sardegna.
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