Impronte digitali a scuola,
scatta la rivolta dei presidi

Impronte digitali a scuola, scatta la rivolta dei presidi
di Maria Giovanna Capone
Sabato 13 Aprile 2019, 09:34 - Ultimo agg. 16:08
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Il mondo della scuola è in subbuglio e solo una bocciatura al Senato del decreto concretezza potrà far ritornare il sereno. Il testo approvato nei giorni scorsi alla Camera, obbliga i dirigenti scolastici al rispetto dell'orario di lavoro che va certificato attraverso il controllo biometrico delle impronte digitali. Le organizzazioni sindacali per voce di Antonio Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi, definisce il decreto «incostituzionale» e promette battaglia nel caso sia approvato. La lettera aperta scritta ai vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio è l'occasione per chiarire l'indignazione per la «grave sfiducia, se non aperta ostilità, nei confronti della dirigenza pubblica», e chiedere affinché intervengano per fare emendare il testo del ddl. Il rischio, nel caso il decreto passi, è mandare in tilt tutto il sistema scolastico, poiché i compiti dei dirigenti muterebbero essendo quantificati in ore di lavoro e non più su obiettivi da realizzare e progetti da costruire. Durissimi invece i dirigenti dell'associazione Udir, che chiedono le dimissioni del ministro Bussetti e del suo sottosegretario «se condividono la legge in discussione al Senato» sottolineando che «hanno dimenticato cosa vuol dire amministrare scuole con dieci plessi e ottemperare a tutte le funzioni demandate».

I CONTROLLI
Nel decreto concretezza è prevista l'acquisizione delle impronte digitali o la verifica dell'iride, al posto del cartellino, per accertare gli ingressi a lavoro nell'ambito della pubblica amministrazione. Alcune categorie sono state escluse, come forze dell'ordine, magistrati, prefetti, e per il settore scolastico sono stati esentati i docenti, già sottoposti al registro elettronico. Sussiste invece l'esigenza di vigilare sugli orari di lavoro dei dirigenti scolastici. La norma prevede, quindi, che i presidi entrino ed escano dalle scuole usando un pass azionato dalle impronte digitali, per completare le ore contrattualmente previste. C'è però un difetto alla base della proposta, secondo i presidi: i dirigenti scolastici vanno oltre i normali orari di lavoro per sbrigare tutti i compiti loro assegnati e se si limitassero agli orari d'ufficio, il rischio sarebbe di non riuscire a fare tutto, aumentando quindi i problemi delle scuole e la confusione, come spiega l'Associazione nazionale presidi. D'altra parte, il decreto concretezza oltre a un problema di efficienza, contiene un pregiudizio di fondo che «umilia i dirigenti scolastici» poiché vengono paragonati ai «furbetti del cartellino».

 
VERSO LO SCIOPERO
Il presidente nazionale dell'Udir, Marcello Pacifico, opta per la linea dura: «Proclamiamo lo stato di agitazione e siamo pronti a manifestare davanti al Miur se non si porrà rimedio a questa sciocchezza», sentenzia sottolineando l'incredulità «per una norma assurda». «È aberrante chiedere tale misura ai dirigenti scolastici, tra i dirigenti maggiormente oberati di oneri e responsabilità, con molti plessi da dirigere». Pacifico sottolinea che «già a gennaio avevamo presentato un emendamento al decreto concretezza in cui si chiedeva l'esclusione dell'area e del comparto istruzione e ricerca dai sistemi di verifica biometrica dell'identità e video sorveglianza degli accessi. Ora la misura viene prevista per i dirigenti scolastici, a dimostrazione del fatto che non si ha ben chiara la modalità di lavoro dei presidi, così come della quantità di lavoro che gli stessi svolgono ogni giorno».
IL DIBATTITO
Il Pd, ma anche Fratelli d'Italia, chiedono lo stop della norma. I diretti interessati alzano gli scudi. Ma il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno difende la legge che - assicura - è stata male interpretata e punta invece a garantire «trasparenza e sicurezza». Il decreto è al Senato. Al suo interno anche la disposizione incriminata: le presenze dei dipendenti pubblici vanno rilevate attraverso quelli che nel freddo linguaggio burocratico si chiamano «controlli biometrici» e che in sostanza sono sistemi informatici di riconoscimento e identificazione basati su dati fisici della persona, come le impronte digitali, appunto. Nel provvedimento, che esclude i docenti, sono rimasti «impigliati» i presidi, una platea di 8mila soggetti chiamati a gestire 42mila plessi scolastici, che da questa misura si sentono «umiliati». Secondo il ministro, invece, l'obiettivo della norma è «rendere più trasparente la presenza in servizio», anche per «ragioni di sicurezza. Non si tratta dell'obbligo «di un orario settimanale di lavoro, ma dell'utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati».
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