Bar, ristoranti e negozi: così i clan
gestiscono gli affari nel centro storico

Bar, ristoranti e negozi: così i clan gestiscono gli affari nel centro storico
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 24 Aprile 2019, 08:54 - Ultimo agg. 09:01
3 Minuti di Lettura
Raccontano le carte di un processo celebrato anni fa che un giorno Giuseppe Misso convocò la moglie e la figlia di un potentissimo boss di Forcella. Fece condurre le due donne all’interno di un’autorimessa, si accomodò al tavolo, estrasse dalla cintola una pistola e la poggiò accanto a sé: «Ecco, adesso possiamo iniziare a parlare...». Mise subito le cose in chiaro per risolvere l’ennesima questione sorta con i nemici di Forcella, Peppe ’o nasone: e quell’arma sortì l’effetto sperato, le cose si sistemarono al meglio. Andavano più o meno così le cose di camorra negli anni ’80 e ’90: e a regolare i dissidi erano le pistole.

Se questa era la camorra dei boss negli anni di piombo e delle grosse faide, oggi - soprattutto nel centro storico di Napoli - la polverizzazione di molti gruppi, l’arresto degli storici boss e in molti casi anche il loro pentimento ha aperto una prateria alle giovani leve. La storia recente della «paranza dei bambini» ne è la tragica dimostrazione. Tuttavia i più forti apparati camorristici che oggi resistono e continuano a fare affari illeciti nel «Corpo di Napoli» possono ridursi a due soli blocchi: da un lato ci sono i Contini, i Licciardi e i Mallardo, dall’altro i Mazzarella. Due monoliti militarmente forti, economicamente potentissimi e sempre pronti allo scontro. Quello fondato da Edoardo Contini (oggi il «reggente» sarebbe suo nipote Ciro, arrestato recentemente) appare oggi il clan più temibile e operativo: non a caso sostiene ai Decumani i giovanissimi dei Sibillo pur di mettere il bastone tra le ruote agli odiati Mazzarella.

I due cartelli investono nella droga, la presenza capillare sul territorio consente loro di mettere in pratica una spietata tecnica di estorsioni «porta a porta», in tutto il centro, introitando centinaia di migliaia di euro ogni mese solo grazie al «pizzo»; e naturalmente hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione del contrabbando, del gioco (sia legale che clandestino) e nella contraffazione. Nella zona di Spaccanapoli pochi mesi fa si è scoperto che i poveri commercianti della zona sono stati costretti a pagare contemporaneamente la tangente a due clan avversari. Gli accordi di camorra si fanno e si disfano poi con gruppi minori e bande di giovani criminali che di volta in volta - e soprattutto per mera convenienza economica - si alleano con l’uno o l’altro gruppo.

Ma se i Mazzarella restano in questo periodo impegnati a fronteggiare un paio di fronti di guerra (quello del Rione Villa a San Giovanni a Teduccio è il più attivo), i Contini si dedicano a sviluppare una invidiabile capacità imprenditoriale. Gli uomini di Edoardo ’o romano reinvestono ingentissimi capitali acquistando immobili, rilevando tramite teste di legno e intermediari di comodo bar, ristoranti, immobili e persino catene di distributori di benzina. I Contini - che si muovono su un impero che va dall’Arenaccia a Poggioreale, da Foria a Porta Capuana - guardano lontano, e hanno varcato da tempo anche i confini nazionali per spalmare il «tesoro» di famiglia: Barcellona era una delle mete preferite per trasferire e riciclare il denaro sporco. Una recente indagine della Guardia di Finanza è riuscita a ricostruire tutti i passaggi del denaro sporco, che finiva in un’anonima società che gestiva un ristorante e una caffetteria nella zona più prestigiosa della città catalana.

Di recente anche i Mazzarella hanno iniziato a investire in altre regioni e all’estero. Con la complicità di un insospettabile ingegnere dirottavano i propri soldi verso una società che aveva sede in Toscana, a Prato (un milione sequestrato). Sempre i Mazzarella avrebbero «lavato» denaro sporco acquistando a Roma palazzi, alcuni negozi, diversi garage e persino catene di tabaccherie e ricevitorie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA