Lavazza: «Un successo a Napoli, adesso altri investimenti in patria del caffè»

Lavazza: «Un successo a Napoli, adesso altri investimenti in patria del caffè»
di Valerio Iuliano
Venerdì 10 Maggio 2019, 08:49 - Ultimo agg. 10:53
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«Per un gruppo come il nostro è inevitabile rendere omaggio a una tradizione, quella napoletana, che è un vanto per il nostro Paese». Per Giuseppe Lavazza, vicepresidente del gruppo omonimo, esponente della quarta generazione dell'azienda torinese fondata nel 1895, «la fortissima identità tra il prodotto e la popolazione rappresenta qualcosa di eccezionale per chi fa il mio mestiere». Lavazza ha inaugurato la sua giornata in città tenendo una lectio magistralis al Suor Orsola Benincasa.

L'eccezionalità di cui parla la porterà a fare altri investimenti a Napoli, dopo Casa Lavazza in via San Biagio dei Librai?
«A Napoli gli investimenti si possono fare. Quello che abbiamo fatto in questi mesi con Casa Lavazza è la dimostrazione che la città è una grande piattaforma per fare investimenti. Ci sono ottimi ritorni. L'accoglienza che abbiamo avuto da parte della gente è stata appagante. Abbiamo fatto un'operazione unica nel suo genere dedicando uno spazio e cercando di creare un valore non solo dal punto di vista commerciale, ma anche culturale e sociale. Il fatto di farlo qui sta a significare quanto Napoli sia importante per la Lavazza».
 
Tutto questo vuol dire che l'esperienza di Casa Lavazza sarà ripetuta in città?
«Siamo consapevoli di dover fare degli investimenti e di dover entrare a far parte sempre più del tessuto sociale. Le difficoltà di cui si parla spesso in realtà ci sono in tutta Italia. Abbiamo un fatturato di quasi 2 miliardi di euro e siamo presenti in oltre 90 Paesi. Ma il mercato di Napoli è molto importante. Stiamo facendo qualcosa di molto strutturato che mira a far sì che il marchio Lavazza sia sempre più vicino a questo territorio. Il progetto di Casa Lavazza a San Biagio dei Librai si concluderà domani, con otto mesi di accoglienza dei napoletani, oltre 90mila degustazioni di caffè, oltre 120 workshop e più di 20 ospiti ed influencer. Ma non si concluderà l'impegno di Lavazza a Napoli».

In che modo proseguirà quest'impegno?
«Per ora posso dire che faremo altri investimenti in un prossimo futuro in un territorio per noi strategico. Siamo soddisfatti di aver avuto anche il supporto dell'amministrazione comunale che ci ha appoggiato ad esempio nel recuperare bellissimi spazi, come l'abitazione di via San Biagio dei Librai. Nello scorso febbraio è stato inaugurato al centro polifunzionale di Soccavo il murales dell'artista Koso, intitolato il profumo della mia città, che è stato donato da Lavazza alla città. Tornando al rito del caffè, chi non abita a Napoli lo vive come un'esperienza straordinaria».

Che cosa la colpisce in particolare?
«Anzitutto la passione con cui la città vive il caffè. Questa ritualità che viene scandita in modo distintivo è un patrimonio culturale, sociale e gastronomico unico nel suo genere, che poi si caratterizza anche con dei complementi come il caffè sospeso. Tutto questo fa parte di una commedia del caffè che a Napoli è davvero uno spettacolo unico. Secondo me un poco di caffè c'era anche nel sangue di San Gennaro. Quando si entra in un bar a Napoli si sa che sarà un incontro indimenticabile con la tazzina. Il caffè è sempre stato una bevanda che ha favorito i contatti, da quelli politici a quelli relazionali e, come tale, è stato il primo social network della storia».

Lavazza è un brand conosciuto in tutto il mondo. E il 63% dei ricavi del gruppo viene realizzato all'estero. La crisi economica del nostro Paese vi penalizza?
«Le nostre imprese devono fare uno sforzo particolare perché le condizioni del Paese sono difficili e il mercato internazionale è sempre più competitivo. Le criticità sono sistemiche anzitutto a causa di una burocrazia sempre farraginosa. I problemi che erano già evidenti quando il mondo era diviso in due blocchi ora sono macroscopici in un mondo che è diventato un'arena globale. Siamo a bordo delle bighe romane mentre gli altri viaggiano sui JumboJet».
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