Governo, tira aria di rimpasto: il ministro Toninelli a rischio, i cinquestelle insorgono

Governo, tira aria di rimpasto: il ministro Toninelli a rischio, i cinquestelle insorgono
di Francesco Lo Dico
Martedì 14 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:41
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Prima se ne mormorava soltanto nei retroscena, ma ora che il viceministro leghista ai Trasporti Edoardo Rixi lo ha delineato apertis verbis in un'intervista, il M5s è pronto a insorgere contro il rimpasto di governo espressamente richiesto dall'alleato dopo le Europee in caso di sorpasso della Lega. «Il tema sarà nominare almeno un ministro, un sottosegretario e anche un commissario europeo», ha già avvertito Rixi a pochi giorni dal voto. Di fronte al conto che l'alleato sembra pronto a presentare al tavolo di palazzo Chigi, al momento non traspare nessun imbarazzo dai vertici M5s: «Parlare di nomi e di poltrone è offensivo per i cittadini», fanno filtrare. «Meno chiacchiere e più lavoro. Speriamo piuttosto che le parole di Rixi siano state pronunciate a titolo personale». E tuttavia il tema esiste tutto.
 
Se, come indicano tutti i sondaggi, la Lega dovesse scavalcare il Movimento, saremmo all'alba di un nuovo braccio di ferro forse destinato ad aprire una crisi di governo tra poco meno di due settimane. Nella mappa della Lega il ministero da espugnare è cerchiato di rosso da tempo: si tratta del dicastero alle Infrastrutture oggi guidato da Danilo Toninelli. Che, dalla Tav allo sblocca cantieri, è ritenuto un fortino strategico da sottrarre quanto prima all'alleato. Ma il M5s è pronto a fare quadrato intorno al ministro, forte delle promesse di Salvini, «che ha sempre giurato e spergiurato che non avrebbe chiesto nuove poltrone per il Carroccio». «La politica conferma al Mattino il sottosegretario alla Pa del M5s Mattia Fantinati - per noi non è un mercimonio. Parliamo di idee, non ci interessano le poltrone. Soprattutto, su questo tema, non accettiamo diktat. I presunti motivi da politica politicante per rimpasti e posizionamenti, ragionamenti per noi realmente incomprensibili, non esistono: sono nella testa di futurologi e retroscenisti. Noi parliamo del Paese reale. Ora occorre solo essere concentrati sulle elezioni Europee. Punto».

Se nell'inner circle stellato la mossa della Lega viene però valutata come una «ritorsione sul caso Siri», non manca chi sospetta che dietro l'accelerazione del Carroccio si nasconda la volontà di arrivare alla rottura con un «papello di richieste pretestuose e inaccettabili». «Il caso Siri stempera i toni Sergio Battelli, tesoriere del M5s a Montecitorio che è tra i più fidati consiglieri di Luigi Di Maio - è stata la parentesi di un percorso intrapreso ormai da dieci mesi. In campagna elettorale i toni si sono inaspriti e le differenze tra noi e il Carroccio sono indubitabili. Ma non vedo spaccature tra noi e la Lega, le cose da fare sono ancora tantissime».

Ma al netto della volontà di tenere i toni bassi, anche Battelli puntualizza che il Movimento non cederà alle richieste dell'alleato. «In ogni caso le Europee non avranno ripercussioni. Il governo puntualizza il presidente della commissione Affari europei di Montecitorio - andrà avanti così com'è per altri quattro anni». Del resto, la conquista di Caltanissetta e Castelvetrano alle comunali ha rianimato i pentastellati, fiduciosi che la battuta d'arresto registrata in Sicilia dal Carroccio sia il segnale di un'inversione di tendenza che ha visto l'alleato di governo perdere sei punti percentuali negli ultimi giorni. «I ragionamenti sulle poltrone non ci interessano, la Lega è il commento tranchant di un altro dimaiano di ferro come Ignazio Corrao - li ripropone perché è abituata a farli con Forza Italia». «In ogni caso aggiunge l'eurodeputato uscente del M5s ricandidato nelle Isole - i leghisti sappiano che non accetteremo imposizioni, anche perché non sarei così sicuro al loro posto che si piazzeranno prima di noi alle Europee. I sondaggi sui quali avevano gongolato si sono un po' sgonfiati e sono evidentemente un po' nervosi anche per le brutte sconfitte in Sicilia, dove è stato dimostrato che senza i portatori malati di consenso non riescono a sfondare».

Nessuno sa che cosa accadrà il 26 maggio.

Ma la certezza è che Salvini e Di Maio saliranno ancora una volta sul ring. E che uno dei due stavolta finirà alle corde.

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