Bimba ferita a Napoli, la faida
​ tra narcos dietro il tentato omicidio

Bimba ferita a Napoli, la faida tra narcos dietro il tentato omicidio
di Leandro Del Gaudio
Martedì 14 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:04
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In giro su una moto rubata e senza casco per le principali strade di Napoli, senza correre mai il rischio di essere fermati per un controllo da parte delle forze dell'ordine. In giro per via Chiatamone, corso Umberto, molo Beverello, piazza Nazionale per ore - ore ed ore -, spesso insieme: uno con il casco, l'altro senza casco; oppure: da soli, ma in sella a una moto risultata rubata un anno prima, senza mai rischiare un banalissimo controllo. Eppure, sarebbe bastato poco per bloccare quei due, parliamo dei fratelli Armando e Antonio Del Re, che vengono immortalati in sella a una Honda legalmente detenuta mentre imboccano via Chiatamone (il primo con il casco, il secondo senza, capelli skinny e tatuaggi in bella mostra), lo scorso primo maggio, appena due giorni prima di ridurre in fin di vita la piccola Noemi. Ed è ancora il primo maggio scorso, che il più giovane dei due - parliamo del 18enne Antonio Del Re - viene fotografato mentre fa la ronda in sella alla ormai famigerata Benelli gialla, quella rubata un anno prima a Sorrento, che verrà usata dal killer di piazza Nazionale, quell'uomo col casco nero che scappa via verso Secondigliano dopo aver ferito il pregiudicato Salvatore Nurcaro, la piccola Noemi e la nonna Immacolata.
 
Sì, d'accordo, Antonio Del Re, lo scorso primo maggio aveva il casco nero, si è limitato ad entrare e uscire dalla corsia preferenziale nella zona del molo Beverello, ma non ha mai rischiato di essere fermato per un semplice controllo di polizia. Eppure sarebbe bastato un «alt! Documenti», per impedire lo strazio di piazza Nazionale, almeno secondo quanto emerge dalle misure cautelari depositate ieri mattina dai giudici di due Tribunali. Prima il gip di Siena Alessandro Buccino Grimaldi (magistrato napoletano da un paio di anni in forza nel Tribunale toscano), poi il gip di Nola Daniela Critelli confermano la rapidità e l'efficacia delle indagini della Procura di Napoli, firmando gli arresti a carico - rispettivamente - di Armando e Antonio Del Re. Sono loro, secondo i due magistrati, i responsabili del triplice tentato omicidio consumato lo scorso tre maggio. E sono loro ad andarsene in giro per giorni e giorni, senza mai incappare in una paletta delle forze dell'ordine. Ma restiamo al lavoro svolto dal gip Buccino Grimaldi, che indica nella droga il movente dell'agguato ordito contro Salvatore Nurcaro e che ripercorre il brutto romanzo criminale dei due fratelli, grazie alle intercettazioni dei narcos di Napoli est, ma anche e soprattutto grazie a sistema di videocamere presente in città. C'è un lungo appostamento del 18enne Antonio Del Re il primo maggio scorso. Inforca la Benelli gialla rubata, va nella corsia preferenziale, viene fotografato con una maglietta che reca alle spalle una vistosa croce gialla di marca «Off white», se ne va in giro nella zona del porto. A fare cosa? Semplice: per gli inquirenti sta dando la caccia a Salvatore Nurcaro, lo sta «filando», gli sta addosso per tessere la trama di violenza che si abbatterà due giorni dopo in piazza Nazionale.

Inchiesta condotta dai pm Antonella Fratello, Simona Rossi e Gloria Sanseverino, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dello stesso procuratore Gianni Melillo, che va avanti con «commendevole celerità», per dirla con le parole del gip Buccino Grimaldi. Droga, dunque, leit motiv del romanzo criminale cittadino. È in questo scenario che Salvatore Nurcaro viene indicato come «'o cacciuottolo», a sua volta vicino ai Reale di San Giovanni: l'agguato di piazza Nazionale è stato «generato da un profondo contrasto derivante dalla riscossione dei proventi delle attività illecite e segnatamente del traffico di narcotico insorto tra Antonio Marigliano (che non è indagato per la storia di piazza Nazionale) ed i sodali di costui (tra cui, ipotizzano i pm, anche i fratelli Del Re) da un lato, ed il Salvatore Nurcaro, dall'altro lato».

È in questo scenario che si spiegano anche le intercettazioni finora disponibili (grazie al lavoro dei finanzieri del Gico, sotto il coordinamento del pm Ida Teresi) di alcune donne dell'area orientale. Risalgono alla serata di venerdì tre maggio, quando ormai la notizia del ferimento di una bambina di 4 anni è al centro di tutti i notiziari e social media. Come commentano le donne? «Ora vanno a vedere il telefono di Salvatore, speriamo che non trovano la mia ultima telefonata», ride la prima donna intercettata; e la risposta della sua simile non è tanto diversa. Nessuna amarezza per il ferimento della piccola, nessun rimpianto per il dolore di una famiglia. Stesso tenore dalle parole di Salvatore Nurcaro, così come viene riferito dal fratello (sentito come persona informata dei fatti), che ricorda il tono sprezzante verso la ex moglie dal lettino di ospedale: «Vattene infame», a proposito di appartenenza al clan rivale, in una faida che poteva essere interrotta da un normale posto di blocco.

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