Al via il festival di Cannes: «Sì al compromesso con Netflix»

Al via il festival di Cannes: «Sì al compromesso con Netflix»
di Titta Fiore
Mercoledì 15 Maggio 2019, 18:30
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CANNES - L'omaggio ad Agnes Varda, la matriarca del cinema francese che solo l'anno scorso marciava sulle scale del Palais per i diritti delle donna, ha aperto il Festival nel segno della nostalgia per un'arte che sapeva attraversare con entusiasmo nuovi territori e nuovi linguaggi, era capace di scoprire talenti a ripetizione e a scommettere senza paura sul futuro. Quel cinema, ha detto il presidente della giuria Alejandro Gonzales Inarritu, ha sempre avuto in Cannes la sua culla ed è qui che ogni anno viene a fare il pieno di energia: «Cannes è il presidio del cinema di qualità, di un modo di raccontare la realtà che non teme la concorrenza con il grande cinema di intrattenimento. Vedere un film è sempre un'emozione e personalmente posso farlo con qualsiasi strumento, sul telefono celllulare o sul computer». Via libera a Netflix e alle piattaforme sorelle, dunque, sulla scia dell'amico Cuaròn che con un film prodotto per lo streaming ha conquistato l'Oscar e il pubblico di mezzo mondo? Niente affatto, precisa il regista che l'Academy hollywoodiana ha premiato due volte per «Birdman» e «The Revenant»: «La sala è un'altra cosa e noi lavoriamo perché i film si vedano sul grande schermo, tutti insieme. Per questo non capisco la strategia di piattaforme come Netflix che privano lo spettatore di un emozionante esercizio collettivo. E penso che nel prossimo futuro si arriverà a una soluzione di compromesso utile per tutti».
 

Sul palco del Palais Inarritu, che deve proprio al Festival il lancio internazionale con «Amore perros», mantiene con charme un profilo istituzionale e racconta il privilegio di giudicare le opere dei più importanti cineasti del mondo affiancao «da un grande gruppo di colleghi», spiega di sentire particolarmente la responsabilità «di prendere decisioni capaci di cambiare la vita di un artista» e sottolinea il piacere di guidare la più giovane giuria del Festival. Ma a margine dell'ufficialità, il regista messicano non si tira indietro di fronte alle questioni più scottanti. Del suo Paese che Trump vorrebbe separare dagli Stati Uniti con un muro, dice: «Il Messico ha bisogno di un momento di verità, deve sapersi lasciare alle spalle la sua lunga scia di sangue e ritrovare la dignità che noi cineasti cerchiamo di portare nel mondo». Due anni fa portò sulla Croisette l'impressionante docufilm girato con le tecniche della realtà virtuale «Carne y Arena», per urlare il dramma dei «latinos» che a migliaia sfidano il deserto sperando in una vita meno agra. «Non sono un politico e quindi cerco di parlare con il mio lavoro, con il mio sguardo» commenta. «Temo che le parole del presidente Trump alzino la soglia della paura, l'ignoranza della realtà è sempre pericolosa. Io sono stato accolto in America a braccia aperte e ho goduto delle tante opportunità che mi sono state offerte e di questo sarò sempre grato. Ma quando vedo che i miei fratelli messicani non hanno gli stessi diritti, anche quelli che vivono negli Stati Uniti, e vengono come cancellati, soffro. Certo, non sarà un muro a migliorare le cose».

Il Festival, ha ricordato Frémaux, ha un'anima politica e un'anima poetica. I film del cartellone le racconteranno con generosità entrambe. Sulla questione femminile si sofferma la giurata italiana Alice Rohrwacher, un'altra beniamina di Cannes: «La parità dei sessi? Se ne fa un gran parlare, ma non dobbiamo ricordarcene in occasioni speciali come questa, all'ultimo momento. Il problema è a monte e dobbiamo darci da fare tutto l'anno per assicurare alle donne il loro spazio nel mondo del lavoro e dell'arte». Nella giuria, tra i registi Pawlikowski, Lanthimos, Campillo e il mago del fumetto Bilal, spiccano la sinuosa cineasta africana Maimouna N'Diaye, che in Burkina Faso è una vera star, vestita coraggiosamente di viola, e la ventunenne Elle Fanning, la più giovane a giudicare nella storia della kermesse, in rosa confetto. La cerimonia condotta dal padrino Edouard Baer, celebrato attore teatrale, e trasmessa in seicento sale del Paese, è stata frugale, per non dire modesta. Bardem e Charlotte Gainsbourg hanno dichiarato aperta la rassegna, sul red carpet tutti i flash erano per lo spacco inguinale di Eva Longoria e le paillettes grigio perla di Tilda Swinton e gli abiti spettacolari delle supermodelle Rome Streejd e Alessandra Ambrosio. Confermato l'obbligo di smoking e tacco 12, proibiti ancora una volta i selfie. Contro lo spoiler delle anteprime stampa orari capestro e budget selezionati: garantiti malumori e proteste.
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