Napoli, l'addio del questore De Iesu: «Presto la super questura, fidatevi del nostro lavoro»

Napoli, l'addio del questore De Iesu: «Presto la super questura, fidatevi del nostro lavoro»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 22 Maggio 2019, 07:48 - Ultimo agg. 08:31
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Batte su un tasto in particolare: bisogna avere fiducia nelle istituzioni, bisogna credere in chi lavora seguendo un progetto e una strategia ben precisi. Eccolo Antonio De Iesu, 46 anni in polizia, all'indomani della sua nomina a prefetto, di fronte a un nuovo incarico: lascerà la questura napoletana per andare a ricoprire il ruolo di vice capo della polizia (vicedirettore generale di pubblica sicurezza con funzioni vicarie). Due anni intensi, alla guida dell'ufficio di via Medina, dopo aver contrastato le grandi guerre di camorra (250 omicidi l'anno), caratterizzati da arresti eccellenti (come quello di Francesco Mallardo), finanche da un conflitto a fuoco con i killer cutoliani, nel quale rimase ferito a una gamba.
Questore, che città lascia dopo due anni alla guida dell'ufficio di via Medina?
«Una città complessa e meravigliosa, dove il lavoro delle forze dell'ordine avviene in modo sinergico e senza sosta. Mai come in questo periodo, c'è piena armonia negli interventi messi in campo da polizia, carabinieri, guardia di finanza, sotto la guida del procuratore Gianni Melillo. Una realtà sotto gli occhi di tutti, come raccontano i recenti fatti di cronaca».
 
A cosa fa riferimento?
«In un mese, abbiamo arrestato 12 presunti killer a San Giovanni a Teduccio, tra cui quelli che hanno consumato l'omicidio all'esterno di una scuola al rione Villa (il delitto dello zainetto, ndr), poi abbiamo arrestato i due presunti responsabili del ferimento della piccola Noemi, oggi lavoriamo per dare un volto a chi ha fatto fuoco all'interno di un ospedale».
Due anni scanditi da gravi episodi di cronaca, purtroppo.
«Ai quali abbiamo sempre dato risposte. Penso al caso Arturo, con la condanna di tre minori; agli arresti degli aggressori dello studente Gaetano, degli assassini del vigilante Francesco Della Corte e, andando ancora indietro, alle indagini sugli spari ai baretti, culminate nella condanna del presunto responsabile».
Tanti successi investigativi, come reputa però la percezione di insicurezza che si registra nell'opinione pubblica?
«È una contraddizione che appartiene al contesto in cui viviamo. Vede, non sono un amante delle statistiche, però è indiscutibile che abbiamo ridotto di gran lunga il numero di morti ammazzati a Napoli».
Questore, però, resta una diffusa percezione di insicurezza: siamo in una città dove si spara tra la folla, alle cinque del pomeriggio, all'esterno di una scuola o in ospedale. Come spiega questo scenario?
«Purtroppo ci troviamo, almeno in alcuni spaccati rionali, di fronte a gruppi criminali frantumati, rappresentati da giovani ossessionati per la morte o per le armi (come ha scritto il giudice Quatrano nella sentenza sulle paranze di Forcella), dediti al culto della propria onnipotenza. Non è solo un problema giudiziario o di ordine pubblico, bisognerebbe portare in tutti i contesti metropolitani, a partire dalle periferie, esperienze felici come quella del rione Sanità: qui ho visto volontari lavorare fianco a fianco con gli agenti delle fiamme oro, creare attraverso la boxe valori condivisi e speranze di riscatto, anche grazie alla testimonianza di parroci, di esponenti della municipalità e di tanti cittadini anonimi. Lo ripeto, non amo la sociologia spicciola, ma le assicuro che non è solo un problema penale».
Che tipo di camorra esiste a Napoli?
«C'è una camorra che reinveste le proprie risorse, che punta ad aggredire l'economia per così dire pulita, magari con l'aiuto di professionisti apparentemente estranei a un certo circuito. Poi ci sono gruppi di giovanissimi allo sbando, privi di progetti, che sparano e ammazzano senza alcuna visione strategica».
O che fanno le stese: scorrerie armate ai quattro angoli della città, che alimentano inquietudine, non crede?
«Le cosiddette stese sono espressione di debolezza non di forza. E comunque sono un fenomeno che stiamo arginando: a San Giovanni, dopo gli arresti di 12 presunti killer, dopo gli arresti di soggetti come Fido o Minichini, abbiamo registrato meno episodi di questo tipo».
Qual è stato il momento più bello di questi ultimi due anni?
«Ogni giorno di lavoro, accanto ai miei colleghi, merita di essere ricordato, anche se la notizia del miglioramento delle condizioni di salute della piccola Noemi (in simultanea con il fermo dei due indagati) mi ha profondamente emozionato. Una vicenda che ci sprona a non perdere mai la bussola e ad andare avanti nel lavoro di tutti i giorni».
Parliamo di numeri, che questura sarà quella napoletana?
«Tra novembre e febbraio sono arrivati 100 agenti in più, quella napoletana si appresta a diventare una super questura, ci sarà un potenziamento della pianta organica di 500 uomini in più. Ma, numeri a parte, invito tutti a fidarsi di noi, a credere in un progetto messo in campo grazie alla sinergia con le altre forze e al coordinamento dell'autorità giudiziaria».
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