Borges e Bergoglio «faccia da bimbo» prima di essere Francesco: così Simonelli racconta il Papa ai ragazzi

Borges e Bergoglio «faccia da bimbo» prima di essere Francesco: così Simonelli racconta il Papa ai ragazzi
di Donatella Trotta
Domenica 26 Maggio 2019, 16:58
5 Minuti di Lettura
Il giorno dopo essere stato eletto al soglio di Pietro, Jorge Mario Bergoglio citò una poesia di Friedrich Hölderlin - composta per il compleanno della sua “venerata nonna” - i cui versi finali recitano: «Quanto spesso ho pensato che ti avrei resa felice di me/ Guardandomi lontano all’opera nel vasto mondo./ Molto ho tentato e sognato e una ferita/ Mi sono guadagnato nel mio cuore./ Ma voi la risanerete, e a lungo voglio imparare a vivere/ Come te, o Madre, una vecchiaia pia e serena./ E da te voglio venire: benedici il nipote ancora una volta/ Perché l’uomo mantenga ciò che da bambino promise». La profonda spiritualità del Pontefice «venuto dalla fine del mondo» - legatissimo alla propria nonna Rosa, migrante piemontese di primo Novecento - era rimasta colpita, per sua stessa ammissione, soprattutto dalla chiusa: che, in una promessa, riannoda l’uomo al bambino che è stato. Confermando che tutti, davvero, apparteniamo alla nostra infanzia come a un paese.

E non è allora un caso che la raffinata sensibilità letteraria di Saverio Simonelli abbia scelto proprio questi versi come epigrafe al suo ultimo libro, intitolato Prima di essere Francesco (Coccole Books, pp. 126, euro 10) e rivolto ad un pubblico di ragazzi (ma non solo) per raccontare chi è stato, prima di diventare Papa, il bambino, il ragazzo e l’uomo Bergoglio (quello che veniva chiamato "faccia da bimbo", quando insegnava letteratura  all’Immaculada Conceptiòn di Santa Fe); e ancora, quale l’humus che l’ha nutrito, e quali le radici italiane di una transumanza di fine Ottocento verso l’Argentina che l’hanno generato, e poi le passioni che lo hanno animato (e l’animano tuttora), di fronte al bivio delle scelte, e infine la genesi di una vocazione e la ricca, complessa traiettoria esistenziale: disegnata da Simonelli su un denso Atlante delle emozioni fitto di incontri trasformanti, dolori illuminanti e felicità conquistate, che configura questo libro come un viaggio alle sorgenti di un’anima (più che come una mera biografia, ancorché fitta di testimonianze e aneddoti anche poco noti o misconosciuti): dalle più lontane origini della sua stessa formazione.

Un libro piccolo e prezioso, dunque, anche in vista del ritorno a Napoli di Papa Francesco, il 21 giugno, per partecipare al convegno organizzato dai Gesuiti della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, sezione San Luigi, con una relazione su «La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo», in occasione della quale il Santo Padre presenterà anche il documento sulla Fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio con l’imam di al-Azzhar Ahmed al-Tayeb. Con un abile espediente narrativo, l’originale romanzo biografico Prima di essere Francesco attinge infatti a rigorose fonti documentarie (con tanto di glossario e bibliografia finali) ma senza alcuna pesante pedanteria; ricostruisce con una cifra stilistica tanto lieve e scorrevole quanto esatta dettagli storici poco noti; e recupera, con notevole pathos, testimonianze avvincenti (dall’epopea degli italiani ospiti dell’”hotel dei migranti” sull’estuario del Rio de La Plata, alla coraggiosa evangelizzazione e inculturazione dei Guaranì da parte dei gesuiti nelle riduzioni latinoamericane, fino al complesso ruolo della Chiesa e non solo, negli anni bui e drammatici della dittatura argentina) attraverso un io narrante incarnato efficacemente da Eduardo, personaggio fittizio ma verosimile (quasi un alter ego dell’autore) e compagno di studi di Felipe: personaggio ispirato invece dalla figura reale di Jorge Milla, oggi docente e scrittore, e allora allievo di Bergoglio quando il futuro Papa insegnava letteratura.

Procedendo per salti temporali coerenti e funzionali alla compatta tessitura narrativa, densa di risonanze evocative e sequenze descrittive quasi cinematografiche, l’autore restituisce così in presa diretta volti, atmosfere e vicende che hanno segnato l’interiorità di Jorge bambino, la sua crescita in una famiglia unita, le prime prove (come la malattia che lo costrinse a un ricovero salvavita nell’ospedale siriano libanese di Buenos Aires, nel settembre 1957), le attitudini e gli interessi. E c’è la magia del calcio e del tango, certo, e il primo amore, raccontati in vividi ritratti d’ambiente e di persone, come ci sono i docenti e i padri spirituali di un cammino di discernimento e di empatia verso il mondo; ma c’è – soprattutto - la dedizione verso i poveri, scelta preferenziale di un uomo venuto dalla fine del mondo per rimettere al centro le periferie esistenziali. Ma non solo. Il libro di Simonelli - un ritratto per certi versi inconsueto e affascinante, nel mare magnum della pubblicistica intorno al papa gesuita italoargentino - diventa anche uno strumento forse involontario, ma non inconsapevole di educazione silenziosa alle ragioni della civile letteratura. Anche per la sua convincente scelta di aprire e chiudere i dodici capitoli/quadri del racconto nel segno di quel grande Jorge Luis Borges che fu portato in classe, per giorni, dal lungimirante prof Bergoglio per condividere con i suoi ragazzi un singolare corso di scrittura intriso di vita che «è fatta di poesia, sempre in agguato dietro l’angolo».

Uno spunto, non fittizio, che offre infatti l’occasione al lettore (giovane o meno giovane che sia) di penetrare anche negli eloquenti amori letterari (dopo il libro Fratelli e sorelle, buona lettura!, scritto con Andrea Monda, Ancora, 2013) del giovane Jorge Bergoglio: in piena sintonia con Borges, scrittore cieco ma capace di visioni condivise e lungimiranti, memorabili lezioni di vita per i giovani. Come il «fare amare le cose, non se stessi», attraverso una solida cultura non ostentata, ma assaporata nell’intimo secondo la lezione ignaziana: per il quale non il molto sapere sazia e appaga lo spirito, «ma il gustare internamente le cose». Giornalista e germanista di formazione (è responsabile dei programmi culturali e di approfondimento di Tv2000), traduttore (fra il resto, di Thomas Mann, Hans Urs von Balthasar, Gilbert Keith Chesterton, Patrick Kavanagh) e fine scrittore dalla cifra stilistica poetica, Simonelli è un autore a più dimensioni, laicamente credente (è presidente regionale dell’Ucsi Lazio), che dopo una dozzina di libri conferma anche con questa nuova opera la sua identità di intellettuale schivo e raffinato che conosce, ama (e sa trasmettere) il gusto della letteratura: quella che, come diceva Bergoglio ai suoi allievi, è «una porta verso il mondo», perché leggere apre la mente e il sapere, come gli ricordava nonna Rosa, «non occupa spazio ma apre orizzonti»; quella che trae la forza della narrazione dalla vita, e si nutre dunque di letture «ma non per rimanere passivi, anzi», per «coltivare l’immaginazione, proiettandosi personalmente» e sviluppare così la propria inventiva, abituarsi ad essere creativo e dunque «capace più degli altri di affrontare la realtà in modo originale e provare a cambiarla», secondo il “metodo Bergoglio”. Prima di essere Francesco. Ma anche dopo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA