«Avvocati, studio a Chiaia
non spetta l'indennizzo»

«Avvocati, studio a Chiaia non spetta l'indennizzo»
di Viviana Lanza
Lunedì 27 Maggio 2019, 08:40
4 Minuti di Lettura
Avvocati e con studio a Chiaia: per il giudice della settima sezione della Corte d'appello del Tribunale civile di Napoli sono due fattori, questi, sufficienti a non concedere l'equo indennizzo per l'eccessiva durata del processo. Come a dire, sei avvocato e dovresti essere abituato ai tempi lunghi della giustizia, e inoltre, siccome lavori in una delle strade più eleganti della città hai un agio economico per cui non sarà stato un danno aspettare quasi dieci anni per recuperare una somma che sfiora i 700 euro. Eccolo, in estrema sintesi, il ragionamento alla base del provvedimento che sta infuocando il dibattito negli ambienti forensi. Nel decreto di rigetto, il giudice Sensale fa riferimento a sentenze della Cassazione per motivare la sua decisione.

IL PROCESSO
È il 17 maggio scorso quando due avvocati civilisti napoletani, Alessandro Faggiano e Sara Santochirico, presentano una richiesta in base alla cosiddetta Legge Pinto, la legge che tutela dai danni dai tempi troppo lunghi della giustizia. Chiedono un indennizzo che nei giorni scorsi scopriranno di non poter avere perché il giudice ha rigettato la loro richiesta. Il processo lumaca segnalato dai due civilisti è quello per ottenere il pagamento di un credito vantato nei confronti dell'Inps. In teoria, per la legge, la causa andrebbe definita in cinque anni, ma in questo caso ce ne sono voluti nove, più sette mesi e venticinque giorni. Il primo grado si era definito dinanzi al Tribunale di Nola in sette anni di udienze, dal 5 settembre 2007 al 10 aprile 2014, e in secondo grado il procedimento, istruito il 10 aprile 2015, si era concluso tre anni dopo, il 19 febbraio 2018, con sentenza pubblicata il 30 aprile successivo. Durante il primo grado, l'Inps aveva saldato una buona parte della somma (circa 988 euro) con un assegno circolare che i due civilisti avevano accettato «solo ed esclusivamente in conto maggiore avere», proseguendo quindi l'azione legale per i restanti 680 e passa euro del credito. E si arriva a giovedì scorso.

 
LA DECISIONE
I lunghi anni del processo non avrebbero causato alcun danno agli avvocati Faggiano e Santochirico, secondo il giudice che ha firmato il decreto di rigetto della richiesta di indennizzo. E il motivo non starebbe solo nell'analisi di merito della questione al centro del processo e di come valutare, nella compensazione tra le spese da considerare, la cifra oggetto del contendere. C'è anche un altro motivo, e sembra quello destinato a far più discutere: «Il pregiudizio da irragionevole durata del processo deve presumersi insussistente tenuto conto - scrive il giudice - dell'irrisorietà del valore della causa (684,84 euro) da valutarsi in relazione alle condizioni personali delle parti richiedenti». Quali? «Sono avvocati titolari di studio in Napoli, alla via Carducci, strada che com'è notorio in ambito cittadino è situata nel centro elegante della città». E, inoltre, proprio perché avvocati dovrebbero essere «dunque abituati alle lentezze del sistema giudiziario».

LA TESTIMONIANZA
«È assurdo. Sono avvocato ma non sono abituato alle lungaggini dei processi. Faccio parte di quella categoria di professionisti che ogni giorno si impegna affinché siano garantiti tutti i diritti dei cittadini che si rivolgono alla giustizia. Non posso pensare che, poiché il sistema non funziona, si debba rinunciare ai propri diritti. E quello a un equo indennizzo per l'eccessiva durata del processo è uno di quei diritti», commenta l'avvocato Alessandro Faggiano, uno dei civilisti protagonisti della discussa decisione della Corte d'appello. «E poi - aggiunge - mi chiedo come si possa classificare un professionista ricco o povero a seconda della strada in cui ha lo studio. In base a quali criteri si stabilisce che un avvocato che lavora in centro ha i soldi e uno che ha lo studio legale in periferia invece no? Non riesco a trovare una spiegazione».

I SOCIAL
La notizia corre veloce sui social, viene condivisa da un profilo all'altro, da avvocati e non solo. C'è chi commenta rassegnato, chi si stupisce e stenta a credere, e chi invoca l'intervento del Consiglio dell'ordine degli avvocati. In molti fanno riferimento alle condizioni sempre più difficili del sistema giustizia, con le carenze, gli affanni, i disservizi e i vuoti di organico a cui da anni e anni si cerca di trovare soluzione. C'è chi ricorda i numeri delle condanne che il nostro paese ha incassato dalla Corte europea di Strasburgo per i processi troppo lunghi e chi si augura interventi di riforma della giustizia civile intesa come motore dell'economia del paese. «Io ci ho rinunciato a ricorrere alla legge Pinto, non mi voglio intossicare», scrive un avvocato. «Da non credere» commenta un altro. E non manca chi usa l'ironia: «E io che volevo cambiare zona... Mi conviene restare a Ponticelli quindi...»
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