Conti in rosso, Salvini soccorre Napoli (che i cinquestelle vogliono commissariare)

Conti in rosso, Salvini soccorre Napoli (che i cinquestelle vogliono commissariare)
di Francesco Pacifico
Mercoledì 12 Giugno 2019, 07:30 - Ultimo agg. 12:25
3 Minuti di Lettura
Un via libera più politico che nel merito. Complici i primi accordi per ritrovare la pace nel governo, in Senato la Lega ha ritirato i propri emendamenti al disegno di legge che vuole introdurre anche in Italia il salario minimo. A questo punto resta in piedi soltanto la proposta dei Cinquestelle, pronti a introdurre una paga base di 9 euro lordi all'ora per tutti i lavoratori. Ufficialmente tutti i rappresentanti del fronte gialloverde sottolineano il ritrovato clima d'intesa. «È una scelta molto positiva. Lavoriamo per un provvedimento che è fondamentale in questo Paese», fa sapere il capogruppo pentastellato a Palazzo Madama, Stefano Patuelli. «È un segnale di attenzione rispetto a quanto concordato», gli fa eco il suo omologo del Carroccio, Massimiliano Romeo. Ma a dispetto delle dichiarazioni di facciata, un accordo su questo tema è molto lontano: prima ci vorrà un tavolo di maggioranza per delineare il testo finale.
 
Lega e Cinquestelle hanno concordato, di fatto, soltanto di ritirare gli emendamenti del Carroccio, che andavano in direzione opposta a quanto voluto dai grillini, e di riunirsi in seguito per scrivere un provvedimento da votare non prima della metà di luglio.

Se la proposta del presidente della commissione Lavoro in Senato, Nunzia Catalfo, prevede l'introduzione erga omnes di un minimo salariale da 9 euro all'ora, il partito di Matteo Salvini continua a mettere sul piatto al centro delle trattative le proprie modifiche: ridiscutere la quota dei 9 euro, considerata troppo alta, applicarlo soltanto in quegli ambiti dove non vige la contrattazione collettiva, inserire nella cifra finale anche gli elementi fissi e variabili della retribuzione, accompagnare il tutto da una legge sulla rappresentanza per scremare la pletora di sindacati e di associazioni datoriali che firmano le intese nazionali. Tutti elementi che il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, sta studiando per poi inserirli in un più ampio progetto di disegno di legge, che comprenderebbe anche un taglio al cuneo fiscale, cioè al costo del lavoro.

Che il Carroccio abbia dovuto fare di necessità di virtù, lo dimostrano anche le dichiarazioni rilasciate al quotidiano Libero 48 ore fa da Matteo Salvini. «Io sono disponibile a discuterne - aveva spiegato - ma mi chiedo: chi lo paga? Le imprese. E se prima non abbassi le tasse alle imprese, come fanno a sostenerlo?». E tanto basta per capire che un accordo è lontanissimo. Per ora ci si accontenta di far avanzare la macchina in commissione Lavoro, dove già da oggi riprenderanno le audizioni con esperti e le parti sociali.

Ma il tema del salario minimo rischia di creare tensioni anche sul fronte sindacale e in quello confindustriale. La questione è molto delicata, anche perché a livello netto, il 21% dei lavoratori italiani (2.900.000 in totale) ha una paga inferiore ai 9 euro lordi. Il che porterebbe un aumento del costo del lavoro in servizi come le pulizie e nel turismo. In un vertice tenutosi la scorsa settimana al ministero del Lavoro, Cgil, Cisl e Uil hanno confermato la loro contrarietà al provvedimento, spiegando che con tutte le voci accessorie in busta paga (ferie, premi, tredicesima e quattordicesima) i contratti di riferimento garantiscono una cifra all'ora tra i 12 e i 14 euro. Intese che verrebbero di gran lunga indebolite.

I confederali chiedono invece che il governorenda operative l'accordo firmato negli anni scorsi con Confindustria sulla rappresentanza, cioè una serie di regole per decidere quali sindacati e quali associazioni abbiano il peso sufficiente per firmare i contratti di lavoro. Più interlocutoria la posizione di viale dell'Astronomia. Ieri il presidente Vincenzo Boccia ha precisato: «Vorremmo una legge sulla rappresentanza». Cioè un atto normativo che le sigle non vogliono. Dietro le quinte, si fa capire che le imprese accetterebbero anche il salario minimo, se questo fosse propedeutico al via libera a un provvedimento sulla rappresentanza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA