Napoli, la moglie del tabaccaio picchiato: «Mio marito ridotto in fin di vita,
il nigeriano aveva modi da boss»

Napoli, la moglie del tabaccaio picchiato: «Mio marito ridotto in fin di vita, il nigeriano aveva modi da boss»
di Paolo Barbuto
Mercoledì 12 Giugno 2019, 23:00 - Ultimo agg. 13 Giugno, 18:28
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Davanti al vetro blindato è un susseguirsi inesorabile di persone, tutte col volto triste: comprano il biglietto per la metro e chiedono notizie dall’ospedale. Metro di Chiaiano, dove sabato scorso Ulderico Esposito, titolare della tabaccheria e rivendita di biglietti interna alla stazione, è stato ridotto in fin di vita dal pugno che gli ha sferrato un mendicante, si tratta di un uomo proveniente dalla Nigeria che da tempo frequentava quel luogo.
 
C’è un particolare che lascia attonito chiunque si avvicina al negozietto dove Daniela, la moglie dell’uomo ricoverato in coma, manda avanti l’attività assieme alle figlie Alessia e Lucia: le tre donne non smettono di regalare sorrisi a chiunque si avvicina. Sono sorrisi tristi ma non si arrestano mai: «Ci sostiene la fede - spiega Daniela, donna forte e tenace - in tanti stanno pregando per il mio Ulderico e continueranno a farlo, assieme a noi, fino a quando tornerà quello di prima. Con il nostro gruppo della chiesa di San Giacomo a Calvizzano che si chiama Cana, ci riuniamo spesso, adesso ogni momento di preghiera è per mio marito. Io sono certa che il Signore lo salverà, ci sta mettendo di fronte a una prova, la accettiamo pregando. E sorridendo».

Quando Daniela trova il tempo di uscire dal negozietto protetto dal vetro blindato, diventa un fiume in piena. Si mette nella posizione esatta dove c’è stata l’aggressione: «È qui che mio marito è stato colpito. Avevamo appena chiuso e stavamo andando via quando il nigeriano ha detto a voce alta in napoletano “tabaccaio, omm’e me...”. Mio marito si è voltato e quello gli ha scagliato un pugno violentissimo, s’è perfino piegato all’indietro per imprimere maggiore forza». Daniela mima il gesto dell’aggressore, poi s’emoziona mentre sgorgano i ricordi: «Io ho preso quel ragazzo per la maglia e gli ho gridato “che stai facendo?”, lui ha dato un pugno anche a me e poi è scappato. Ero convinta che Ulderico fosse semplicemente caduto per terra, mi sono accovacciata vicino a lui per farlo rialzare e mi sono resa conto che aveva perso i sensi».
Dietro la sfida lanciata dal nigeriano al tabaccaio sembra che ci fosse un rancore nato dall’esposizione di un cartello ai vetri del negozietto. Quel testo, riprodotto anche in questa pagina, sarebbe stata la causa scatenante di un dissidio poi sfociato nell’aggressione.

La presenza di quell’individuo aveva già messo in allarme i gestori della tabaccheria: «Era insistente, opprimente, seguiva le persone e non dava loro tregua finché non aveva avuto i soldi che chiedeva». Spesso Ulderico da dietro al vetro interveniva, soprattutto quando vendeva che le persone seguite dal mendicante erano in difficoltà: «Mai un contatto, mio marito si limitava ad urlare a quell’uomo di allontanarsi, di smettere di importunare le persone. Lui usciva ma dopo qualche minuto era di nuovo dentro a molestare qualcun altro».
La signora Daniela spiega di aver cercato tante volte di denunciare, prima facendo telefonate a ripetizione all’Anm, proprietaria della stazione, poi su richiesta ufficiale da parte degli interlocutori con una mail ufficiale: «Ho scritto quel che avevo detto mille volte al telefono: che quell’uomo era pericoloso, che infastidiva i passeggeri della metro, che andava allontanato».

Dall’Anm spiegano che la mail di denuncia è arrivata.

Era il 13 di maggio ma chi l’ha ricevuta l’ha considerata una delle tante, banali, proteste per i mendicanti nelle stazioni, tanto da non pensare nemmeno di comunicare la vicenda alla questura. Sulla questione dello scarso rilievo dato all’allarme indagherà, se necessario, chi deve farlo: «Io, però, non ho pace - stavolta il sorriso di Daniela lascia spazio al dolore - bisognava proteggere mio marito, perché non l’hanno fatto? Perché ci hanno abbandonato?».

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