Ivan e i quattro amici diventati soci: «Restiamo al Sud grazie alla pizza»

Ivan e i quattro amici diventati soci: «Restiamo al Sud grazie alla pizza»
di Maria Pirro
Lunedì 24 Giugno 2019, 07:00 - Ultimo agg. 11:12
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Ivan Ambrosio, 32enne di Soccavo, ex studente di Economia con il rimpianto di aver chiuso i libri a quattro dalla laurea, ha abitato a Londra per sei mesi. Il suo socio, Alessio Russollillo, cuoco 30enne, è emigrato in Corsica e, una volta rientrato, ha tentato l'impresa: aprire una pizzeria con 4000 euro da parte, coinvolgendo nel business anche altri amici di infanzia, i 30enni Mirko Esposito e Amedeo Puglia (già amministratore di un'altra società e ideatore del progetto) e Francesca Russolillo, 28 anni (che è anche la moglie di Amedeo). Il vero capitale, il capitale umano. Cinque soci. Quasi tutti disoccupati diventati imprenditori nel giro di un anno: «Per gioco, anche se questa definizione non mi piace», spiega Ivan, il più spigliato dei ragazzi uniti dalla voglia di fare, possibilmente senza rinunciare a una comunità di affetti.

«La nostra sfida è iniziata chiacchierando di futuro a una festa di compleanno. Poi ci siamo incontrati 4-5 volte, in situazioni diverse, per scrivere il progetto e capire come realizzarlo, recuperando i fondi necessari». Quale occasione migliore, il bando Io resto al Sud pubblicizzato da Invitalia, appena rifinanziato con 1250 milioni previsti nel bilancio statale 2019. «Unica pecca, i tempi», sostiene Ivan, che riepiloga: «Nel mese di febbraio 2018, abbiamo avanzato la richiesta e, soltanto a giugno, abbiamo ricevuto la convocazione per il colloquio, sostenuto, per scelta, andando di persona a Roma, anziché collegandoci via Skype». Risultato? «Abbiamo ottenuto, primi in Italia, il massimo della cifra messa a disposizione per avviare un'attività, ovvero duecentomila euro», rivela soddisfatto Ambrosio seduto nell'ultima sala del locale inaugurato il 7 marzo 2019 sulle scale e tra i bassi in calata Santi Cosma e Damiano, nei pressi di largo Banchi Nuovi, tra il porto e il centro storico. «Lo spazio è stato totalmente rinnovato, a eccezione del pavimento: sembrava una caverna di tufo», gesticola il 32enne, figlio unico, entrambi i suoi genitori sono impiegati (la mamma, consulente di cosmetica in farmacia; il papà al lavoro in una ditta che commercia pvc) e mai avrebbero ipotizzato tanta intraprendenza.
 
«Ho fatto mille lavoretti, dal portagente in discoteca al rappresentante per i cantieri navali», afferma Ivan. L'esperienza a Londra? «Mi è servita innanzitutto per perfezionare l'inglese». E, in inglese, il ragazzo indica la sua qualifica: «General manager, qui ognuno di noi ha un compito preciso che tiene conto di attitudini e competenze». Ad esempio. Amedeo è anche un esperto di informatica: il suo background è stato decisivo per abolire la carta. «Le ordinazioni vengono direttamente segnate dai clienti su un tablet. Ciò significa anche costi sostenibili per il personale».

Con i cinque soci, lavorano ovviamente altri giovani napoletani, che hanno risposto a un annuncio online. «Ottenuto il finanziamento, a distanza di un anno dalla presentazione della domanda, è così toccato a noi sostenere i colloqui: oltre 120», fa una smorfia Ambrosio. Il profilo prescelto? «Abbiamo puntato sui classici bravi ragazzi, tutto il resto si può imparare». Tre i camerieri, due gli addetti in cucina, due i pizzaioli. «Il secondo addetto al forno a gas, Antonio Troiano, ha appena 26 anni», aggiunge con orgoglio Ivan. Poi ci sono Davide Troiano (23), Rossella Resistente (25), Andrea Attardi (a 31 anni già direttore di sala a Napoli), Emilia Esposito (28), Antonino Murolo (27). Età media, dunque: sotto i 30. «Più che una squadra, abbiamo creato una famiglia», spiega Ivan. E, di questa famiglia, oggi allargata, fa parte anche la compagna del 32enne, Nancy Capobianco, conosciuta nelle aule universitarie. «Oggi è ricercatrice, ed esperta di comunicazione». Quella dei neo imprenditori esalta l'amore per la città e la passione per la pizza napoletana, come occasione di valorizzazione del territorio.

«Materie prime accuratamente selezionate, lavorazione artigianale, tradizione e innovazione riflettono la nostra filosofia», è il messaggio rilanciato sul sito web e sui social network dedicati all'attività. Non a caso, la pizzeria si chiama Evo 50. Evo come evoluzione; 50 per la tipologia di impasto. Ed è già un successo: «Abbiamo scalato la classifica su TripAdvisor e ci hanno invitato a raccontare la nostra storia ai liceali dell'istituto superiore Vittorio Emanuele». L'unione fa la forza.
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