«Aree dissequestrate,
​ora a Bagnoli si corre»

«Aree dissequestrate, ora a Bagnoli si corre»
di Gerardo Ausiello
Domenica 14 Luglio 2019, 11:36 - Ultimo agg. 15 Luglio, 00:11
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Tutti i suoli di Bagnoli sono stati dissequestrati. Se per l'area ex Italsider esiste ancora una speranza di riconversione, le percentuali sono decisamente cresciute dopo la decisione assunta in queste ore dal Tribunale di Napoli. Una notizia attesa da cinque anni. Ne parliamo con Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, il motore di una trasformazione che ad oggi resta impalpabile.

Si tratta di una svolta nell'odissea Bagnoli. Ma cosa significa in concreto questo dissequestro?
«È finalmente una buona notizia per la città e per tutti coloro che lavorano per restituire ai napoletani un luogo di incredibile bellezza. Anche negli ultimi mesi, grazie all'impegno del ministro per il Sud Barbara Lezzi, è stato proseguito un lavoro importante nel segno della piena collaborazione istituzionale. Ora il dissequestro delle aree, deciso dal presidente della Corte di Appello del Tribunale di Napoli su istanza di Invitalia, che ne è proprietario e soggetto attuatore della bonifica e valorizzazione, consentirà di realizzare le attività previste senza più subire limitazioni o rallentamenti».

 

Dopo 25 anni ancora si parla della bonifica di Bagnoli mentre altrove le riconversioni sono state avviate e completate. Come cambia l'iter di realizzazione delle opere in virtù dello sblocco deciso dal Tribunale?
«Quello che è successo a Bagnoli dal 1996 al 2016, quando una legge ha nominato un commissario ed ha affidato a Invitalia il duplice ruolo di proprietario e di soggetto attuatore, lo sanno tutti. Un fiume di parole che, nella migliore delle ipotesi, non ha prodotto alcun risultato. Nella peggiore, purtroppo più realistica, ha generato danni e sprechi. Senza fare polemica, soprattutto in un giorno come questo, mi permetto di ricordare che noi dovremmo fare la bonifica da zero, come dimostrato dagli esperti che hanno svolto la caratterizzazione dei terreni. Negli ultimi tre anni è stato fatto un lavoro importante. A giugno la conferenza dei servizi ha approvato lo stralcio urbanistico che ha finalmente definito le destinazioni d'uso di tutte le aree. Invitalia proseguirà ora con il suo cronoprogramma, potendo contare su una dotazione finanziaria adeguata grazie soprattutto agli sforzi del ministro Lezzi».
Quando si parla di opere pubbliche, in particolare al Sud, i cronoprogrammi raramente vengono rispettati, e in questo senso la vicenda di Bagnoli è paradigmatica. I cittadini ora pretendono di sapere quando Bagnoli cambierà volto. Qual è il suo cronoprogramma?
«Stiamo progettando la bonifica a terra, i cui lavori inizieranno nel primo semestre del 2021 e si concluderanno dopo un anno. Tutta l'area verrà bonificata entro il 2023. In contemporanea, partiranno i progetti per la rigenerazione del sito. A gennaio prossimo inizierà la progettazione delle aree a mare e della rimozione integrale della colmata. Per la sola colmata è prevista la rimozione di circa un milione di metri cubi di materiale, pari a circa 15 volte i detriti prodotti dal crollo e dalla successiva demolizione del ponte Morandi di Genova. D'altra parte il Sud è un luogo strano: dopo 25 anni di nulla ora tutti hanno scoperto l'importanza del tempo. Noi, per fortuna, la conosciamo da sempre».
Da dove si parte?
«In realtà siamo già partiti da tempo. Entro fine anno saranno 35 le gare bandite da Invitalia. Il primo luglio è stata avviata la gara per la rimozione integrale dell'amianto nell'area ex Eternit. Un'area estesa come 20 campi di calcio dai quali rimuoveremo un tappetino alto circa 10 centimetri. Non di erba ma di amianto, per 15mila metri cubi, che è lì da 25 anni. Mentre intorno tutti strepitavano, concentrati sul risanamento verbale di Bagnoli. Nei giorni scorsi, poi, abbiamo consegnato alla stazione Anton Dohrn il Turtle Point: diventerà il più grande centro europeo di produzione di organismi marini per finalità scientifiche».
Suoli dissequestrati e fondi per gli interventi disponibili. Ora non ci sono davvero più alibi per la politica e le istituzioni ma anche per gli altri soggetti, come la stessa Invitalia, che hanno il compito di realizzare la riconversione.
«Adesso davvero non ci sono più scuse per nessuno, a partire da noi. Se non faremo gli interventi nei tempi che abbiamo previsto, grazie ad una rigorosa analisi delle attività da svolgere, avremo fallito. Certo: continueremo a correre come facciamo dall'inizio. Ma non ci si chieda di recuperare 25 anni. Perché è semplicemente impossibile. Anzi, ora più che mai, su Bagnoli spero cali una coltre di silenzio. Che a parlare possano essere solo i mezzi meccanici che lavorano alla bonifica e le fotografie di chi avrà voglia di testimoniare davvero il suo avanzamento».
C'è qualcosa che ancora non la convince dell'operazione e che cambierebbe?
«Fosse stato per me, forse non avrei mai costruito un'acciaieria in uno dei posti più belli del mondo. Fosse stato per me, quando l'acciaieria venne chiusa, forse avrei imposto agli stessi che presero questa decisione di restituire Bagnoli alla bellezza che aveva perduto. Ma questo è passato. Oggi la cosa che mi convince di meno sono gli oceani di parole che si continuano a pronunciare su questa vicenda. Quasi tutte, se non tutte, pronunciate da chi a Bagnoli non ci ha mai vissuto e lavorato davvero. Si sono limitati a osservarla, o peggio, a strumentalizzarla. Mettendo a tacere, o rendendo non più nitida, la voce dei soli che meritavano di occuparsene: i cittadini, che sono gli unici dei quali dobbiamo tenere conto».
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