Pironti ricorda Durante: «Portò me, indipendente napoletano a lottare contro i colossi dell'editoria»

Pironti ricorda Durante: «Portò me, indipendente napoletano a lottare contro i colossi dell'editoria»
di Ugo Cundari
Domenica 4 Agosto 2019, 17:41
4 Minuti di Lettura
Per quattro anni, intensi e vissuti con passione, Francesco Durante è stato consulente editoriale dell'editore-pugile Tullio Pironti. Erano gli anni Ottanta. Il suo compito era segnalare autori emergenti e libri stranieri da poter pubblicare in italiano. Soprattutto libri di autori inglesi e americani.

Pironti, come vi conosceste?
«Era appena andato via da Il Mattino, appena lo seppi gli telefonai e gli offrii di lavorare per me, alle stesse condizioni economiche del giornale. Accettò subito. Veniva ogni mattina qui in piazza Dante, si chiudeva nello studio che gli avevo messo a disposizione e faceva cento telefonate, molte all'estero. Me ne accorsi quando iniziarono ad arrivare le bollette telefoniche. Una cifra spropositata, ma non gli dissi mai niente, avevo piena fiducia in lui».

Vi trovavate a lavorare insieme?
«Lui aveva una idea molto diversa da me dell'editoria. Io pensavo ai numeri, lui alla qualità letteraria. Ogni tanto mi proponeva romanzi di colleghi giornalisti che di sicuro erano scritti bene, se lo diceva lui. Ma io gli chiedevo quante copie venderemmo?, lui capiva e cambiavamo discorso, senza tornarci più sopra».

Un autore che riuscì a portare?
«Ancora mi ricordo di un viaggio per andare a Londra. Dovevamo incontrare David Yallop, autore che mi aveva suggerito lui. Yallop aveva scritto In nome di Dio un saggio denuncia sulla morte misteriosa di papa Luciani, sostenendo che era stato assassinato. In Italia nessuno voleva pubblicarlo per non inimicarsi la chiesa».

Come andò?
«Chiudemmo il contratto in poco tempo, anche se all'inizio Yallop aveva qualche remora, sia perché ero un piccolo editore sia perché ero del Meridione. Durante fu un grande, in poche parole gli spiegò che poteva fidarsi, nessuno avrebbe scritto una prefazione per indebolire le sue accuse. Yallop è stato uno dei miei più grandi successi. Di quel viaggio conservo anche un ricordo personale, che la dice tutta sui nostri caratteri, opposti».

Quale?
«Guidai io da Napoli a Londra, un viaggio interminabile. Correvo molto, partimmo in ritardo rispetto al piano che Durante aveva fatto. Avevo paura di perdere l'occasione. In autostrada, tra Italia e Francia, già esagerai con la velocità, e lui mi chiedeva spesso di andare più piano. Una volta sbarcati in Inghilterra, dove dovevo pure tenere la mano destra, rischiai una decina di incidenti mortali. Durante ne rimase terrorizzato, credo che a un certo punto abbia chiuso gli occhi per riaprirli solo al nostro arrivo. Al ritorno io mi rimisi in macchina, lui prese l'aereo».

A parte Yallop che altri autori le consigliò?
«Raymond Carver, di cui tradusse alcune poesie per me, la raccolta Voi non sapete che cos'è l'amore. La vincitrice del Pulitzer Anne Tyler, che non presi per un soffio, ma di cui mi innamorai. C'è il suo zampino anche per l'acquisto dei diritti di Bret Easton Ellis. Pubblicai, nella sua traduzione, Meno di zero e Le regole dell'attrazione. Altro grande successo che portò lui fu The vatican connection, di Richard Hammer cronista del New York Times e professore ad Havard che denunciava le collusioni tra mafia e altri prelati».

Insomma la sua mano sulla Pironti degli anni Ottanta si fece sentire.
«Ecco, se devo dire quale impronta ha lasciato nella mia casa editrice, direi che fu quella di trasformarmi in un editore d'assalto, spregiudicato, che pubblicava libri di denuncia senza preoccuparsi dei nemici che si sarebbe fatto. Nei primi anni Ottanta entravo in classifica insieme ai colossi del Nord, e qualche volta li battevo per numero di libri venduti, grazie a Durante. Lui non solo si occupava di segnalare gli autori, ma seguiva anche la lavorazione del libro, dalla grafica di copertina al titolo al tipo di carta».

Perché andò via?
«Trovò lavoro a Milano, ci salutammo da fratelli, capii che lui voleva crescere, mi piace pensare che l'esperienza con me l'abbia comunque arricchito».

Che ricordo ne conserva?
«Era un intellettuale puro. Riusciva ad annusare il talento delle persone a distanza di chilometri. Era capace di sponsorizzare un autore solo perché gli piaceva come scriveva. Alcuni di questi non hanno avuto grande fortuna, ma non mi chieda quali perché oggi mi pento di non averlo assecondato. Mi troverei un catalogo di qualità maggiore, con vendite basse ma forse continue. Ha scritto molto, ma la sua opera più importante ce l'ho io».

Quale?
«Il monumentale Storia e letteratura degli italiani degli Stati Uniti. Dieci volumi, usciti qualche anno fa. In suo onore ne farò presto un'edizione super economica».

La sua qualità umana che più apprezzava?
«La pacatezza, la sobrietà del pensiero. Lo prendevo in giro definendolo un lord nato per sbaglio a Napoli».
 
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