Com'è social Venezia con i Ferragnez

Com'è social Venezia con i Ferragnez
di Titta Fiore
Mercoledì 4 Settembre 2019, 08:43
4 Minuti di Lettura
Venezia. Al Lido è arrivata Chiara Ferragni, fotografi impazziti come per Meryl Streep e ragazzine adoranti come da copione. Oggi la fashion blogger che «Forbes» ha messo al primo posto tra le personalità del ramo più influenti del pianeta presenta in prima mondiale nella sezione Sconfini il film di Elisa Amoroso «Chiara Unposted» che dovrebbe svelare i meccanismi della sua fenomenale popolarità nel mondo digitale (nelle sale dal 17 al 19 settembre, distribuisce 01). Con lei c'è il marito Fedez con nuovi capelli biondo cenere, e questa è la vera novità. Stasera la coppia festeggerà nell'ex palazzo Donà Giovannelli, recentemente acquistato e rimesso a nuovo dall'imprenditore Paolo Barletta, socio del brand Ferragni. Ad apparecchiare il ricevimento la wedding planner che organizzò il matrimonio da favola dei Ferragnez a Noto, Alessandra Grillo.

 

Alla Mostra scendono in campo film molto pensosi sui guasti del passato e i turbamenti del presente. In quasi tre ore di drammatico bianco e nero il regista ceco Vaclav Marhoul racconta le atrocità della Seconda guerra mondiale con gli occhi di un bambino in «The Painted Bird», in corsa per il Leone d'oro. Tratto dal libro di Jerzy Kosiniski, il film ripercorre la lotta per la sopravvivenza di un ragazzino esposto alla brutalità dei contadini dell'Est Europa e alla feroce violenza dei soldati tedeschi e russi. Dice il regista: «Ho lavorato a questo progetto per undici anni e volevo finirlo ad ogni costo perché tratta temi universali. Ci sono tanti bambini abbandonati nel mondo che agiscono proprio come il mio piccolo protagonista. La violenza che mostro sullo schermo è solo l'altra faccia dell'amore: per vedere la luce bisogna necessariamente trovarsi al buio». A Sconfini Gino Strada ha partecipato alla proiezione in anteprima del documentario «Behyond the Beach: The Hell and The Hope» sulle migrazioni nel Mediterraneo ed è sulla stessa lunghezza d'onda di Marhoul. «In tutta la mia vita non ricordo di aver visto un altro momento con così tanto odio sociale e disprezzo per chi sta sotto» commenta il fondatore di Emergency. «C'è in giro tanta rabbia, ma sono convinto che ci siano grossi margini di recupero, l'Italia è spontaneamante solidale, gli odiatori sono una minoranza rumorosa».
Per addentrarsi tra le bellezze e le fragilità della vita lo svedese Roy Andersson ha scelto la forma del frammento urticante, della battuta che (a volte) spiazza. Cinque anni fa strappò a sorpresa il Leone d'oro al favorito «Birdman» di Inarritu con il film «Un piccione seduto sul ramo che riflette sull'esistenza». Oggi ci riprova con «About Endlessness» (Sull'infinito), una serie di quadri su aspetti apparentemente insignificanti del quotidiano che, però, sono capaci di rivelare i lati più buffi o miserabili dell'umano sentire: accompagnare la figlia a una festa di compleanno sotto la pioggia, andare dal dentista mentre fuori nevica, correre dallo psicologo perché si è persa la fede, ed è un bel guaio se si è preti per mestiere. «È stato il mito greco della cornucopia carica di frutti a suggerirmi di unire tanti temi in uno stesso film» spiega il serafico Andersson. «Voglio sottolineare la bellezza di essere vivi e umani, ma per dimostrarlo ho bisogno di procedere per contrasti, di rivelare anche i lati peggiori». Alla proiezione parecchi applausi e un unico straziante «buuu» sfuggito, chissà, dalla gola di qualche inconsapevole spettatore comune.
E se l'altro concorrente al Leone, Atom Egoyan, affronta in «Guest og Honour» l'oscurità dei conflitti tra padre e figlia, Tim Robbins racconta, fuori concorso con il docufilm «45 Seconds of Laughter», i risultati catartici ottenuti dai laboratori della sua compagnia teatrale in un carcere californiano.
Al giro di boa della prima settimana, il presidente della Biennale Baratta e il direttore Barbera tirano le somme di un'edizione in positivo. Più 11 per cento di ingressi rispetto all'anno scorso, triplicata la presenza degli universitari, sempre più numerosi i giovani. La bella accoglienza riservata ai film completa il bilancio roseo. La polemica innescata dalla presidente Lucrecia Martel sul film di Roman Polanski è stato l'unico neo, ammette Barbera, ma ora tutto è archiviato e si guarda avanti. «Ero preoccupato di non reggere il paragone con l'edizione precedente, giudicata la migliore del decennio, ma i risultati ci stanno dando ragione». L'obiettivo è dare spazio al cinema in tutte le sue forme, a cominciare dai contenuti delle piattaforme streaming. Quest'anno sono di Netflix tre dei titoli più ammirati del programma - «Marriage Story», «The Laundromat», «The King» - e le discussioni sull'opportunità di metterli in concorso o meno non fanno più notizia: «In un anno o due tutto questo ci sembrerà archeologia del cinema».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA