Il lascito di Papa Francesco al Mozambico depredato: «Proteggete l'ambiente e avrete la pace»

Il lascito di Papa Francesco al Mozambico depredato: «Proteggete l'ambiente e avrete la pace»
di Franca Giansoldati
Venerdì 6 Settembre 2019, 10:14 - Ultimo agg. 17:23
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Maputo (Mozambico) – La massiccia colonizzazione cinese in Africa si vede persino dagli alberghi. Draghi e bandiere rosse all'ingresso di uno più noti hotel di lusso di Maputo, a indicare simbolicamente che la vorace economia di Pechino ha individuato come avamposto il Mozambico da dove ricava idrocarburi ma soprattutto legname. Tanto legname, fino alla deforestazione di intere regioni. Papa Francesco prima di lasciare il popolo mozambicano - che due giorni fa lo ha accolto con un entusiasmo commovente e contagioso - se ne lamenta e chiede giustizia.

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«Il Mozambico possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma paradossalmente con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà. E a volte sembra che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi. Ed è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che questo sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni». Il Papa ne ha per tutti, per i governanti e per le multinazionali straniere che alimentano un doppio standard, rendendo più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. 

Prima di partire per il Madagascar dove arriverà stasera Francesco è andato a visitare l'ospedale che cura i malati di Aids ed è gestito dalla Comunità di Sant'Egidio, presente nel paese da oltre vent'anni con strutture, volontari locali, servizi consolidati. E' considerata un po' l'ago della bilancia della fragile pace raggiunta dopo 15 anni di guerra civile, il cui accordo tra le due parti fu siglato la prima volta nel 1992 a Trastevere, a Roma. Il programma di cura all'Aids (si calcola che oltre il 20 per cento della popolazione adulta ne sia affetta) ha salvato la vita a 130 mila bambini. Almeno loro sono potuti crescere sani.

Il tema della tutela del pianeta torna ad affiorare forte anche nella messa allo stadio. Una folla in visibilio lo ha accolto. Lì Papa ha collegato l'ambiente alla difesa della vita umana. «Nello stesso tempo è meraviglioso vedere come questo ascolto dei più deboli dei poveri, i malati, ci mette in contatto con un’altra parte fragile del mondo: penso ai sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che geme e soffre le doglie del parto».

A Francesco il paragone ricorda tanto le sculture di arte makonde– le cosidette ujamaa (“famiglia allargata”, in suahili, o “albero della vita”) con varie figure aggrappate l’una all’altra in cui prevalgono l’unità e la solidarietà sull’individuo: «dobbiamo renderci conto che siamo, tutti, parte di uno stesso tronco. Voi siete stati in grado di capirlo e quest’ascolto vi ha portato a cercare i mezzi sostenibili nella ricerca di energia, nonché nella raccolta e riserva di acqua; le vostre opzioni a basso impatto ambientale sono un modello virtuoso, un esempio da seguire vista l’urgenza imposta dal deterioramento del pianeta».

Infine l'incoraggiamento un finale: non lasciatevi rubare la speranza da nessuno, rimatete uniti.

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