«Ottanta voglia di palcoscenico»: festa grande per il compleanno di Rigillo

«Ottanta voglia di palcoscenico»: festa grande per il compleanno di Rigillo
di Luciano Giannini
Sabato 7 Settembre 2019, 09:17 - Ultimo agg. 10:38
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Attore pluripremiato di teatro classico, contemporaneo, di tradizione e televisivo; diretto da registi come i suoi maestri Orazio Costa e Patroni Griffi e, poi, tra i tanti, da Vancini, Taviani, Bolchi, Missiroli, Bolognini, Sollima... negli Stati Uniti avrebbe l'onore di una stella nella walk of fame. E il 12 settembre, giovedì prossimo, sarebbe già definito il «Rigillo's day».
 
Il Comune di Napoli celebra in forme più autoctone, con uno spettacolo antologico, «Il mio cuore è nel Sud», in un luogo simbolo della città, il cortile del Maschio Angioino. Il 12 settembre Mariano Rigillo compirà 80 anni e, in quella stessa sera, sul palcoscenico, rievocherà 60 anni di carriera. L'evento, prodotto da Salvo D'Ortona, diretto da Pierluigi Iorio e in replica la sera del 13, è inserito nel cartellone di «Estate a Napoli». Affiancato dall'assessore alla Cultura Nino Daniele, al Maschio Angioino Rigillo ieri mattina ha presentato l'avvenimento. «In scena», spiega, «ci saranno due famiglie d'arte. Una di teatro, l'altra di musica. C'è la mia, composta da me, da mio figlio Ruben, dalla mia compagna Anna Teresa Rossini, sua figlia Silvia Siravo e un giovane attore, Franco Maccarinelli. Dall'altra parte, Umberto Zamuner con Maria Sbeglia, i figli Emilia e Riccardo, e il maestro Antonio Sinagra. Con loro, sarà il coro composto dagli allievi della Scuola dello Stabile da me diretta, che eseguiranno brani composti da Sinagra per la versione in napoletano della Tempesta di Shakespeare-Eduardo».
Parlare della carriera di Rigillo vuol dire, subito, evocare lo spettacolo che gli dette fama, il glorioso «Masaniello» di Elvio Porta e Armando Pugliese ('74), con le musiche di Roberto De Simone, le scenografie di Bruno Garofalo, Mariano nel ruolo del titolo, Lina Sastri e Angela Pagano. L'assessore Daniele ricorda la temperie del tempo: «Il colera dell'anno prima aveva corrotto l'immagine della città. Per le novità che conteneva, l'energia e lo spirito rivoluzionario che emanava, quello spettacolo fu uno spartiacque e un forte simbolo di riscatto, sospinto di lì a poco dalle speranze nate dopo l'elezione di Valenzi». E per la serata del 12 Rigillo ha una sorpresa: «Ho ritrovato i video, inediti, di alcune scene, che sintetizzano abbastanza bene l'allestimento e connoteranno l'iter della serata». Oltre al «Masaniello», Mariano ha scelto per l'occasione alcuni cavalli di battaglia di una carriera sterminata: «Dall'omaggio a Eduardo con il poemetto De Pretore Vincenzo, a brani di Re Lear e del Mercante di Venezia di Shakespeare; dal tributo ai miei maestri Orazio Costa e Giuseppe Patroni Griffi, a Viviani e di Giacomo, Ferdinando Russo, e forse Dante (perché no?), il V Canto dell'Inferno, quello di Paolo e Francesca. E dato che Il mio cuore è nel Sud, mi permetto di dar credito agli studiosi che identificano in Shakespeare con Michelangelo Florio, un siciliano fuggito in Inghilterra con i suoi canovacci, come la drammaturgia che, una volta a Londra, divenne Molto rumore per nulla». Perché quel titolo? «Perché è quello della prima opera di Patroni Griffi, un radiodramma che vantava, pensate, le musiche di Bruno Maderna; e perché chi nasce qui, resta sempre napoletano. Esserlo è la prima ragione che ha accompagnato, e ancora accompagna, il mio percorso artistico. È stato lui, Patroni Griffi, a farmi amare Raffaele Viviani, che non mi piaceva, semplicemente perché non l'avevo capito. L'interpretazione, la lettura che ne fece in titoli memorabili come Napoli notte e giorno e Napoli, chi resta e chi parte, cui ho avuto l'onore di partecipare, è stata per me una lezione d'arte e di vita. Orazio Costa mi ha insegnato la tecnica del teatro; Patroni Griffi l'intelligenza di leggerlo e metterlo in scena comprendendone il significo più profondo e autentico».
La serata si chiuderà con brani tratti da «Prima del silenzio», che il suo maestro e amico scrisse nel '79 per Romolo Valli: «Lo scontro tra generazioni che Peppino rappresenta mettendo in scena il rapporto tra un anziano poeta e un ragazzo che vive in casa sua, ci fa capire quanto sia importante la parola per tentare di intendersi. E se è importante la parola, lo è, almeno altrettanto, il teatro».
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