Uccise vigilante a Napoli, permesso premio: festa per i 18 anni e foto sui social

Uccise vigilante a Napoli, permesso premio: festa per i 18 anni e foto sui social
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 9 Settembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 10 Settembre, 18:37
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Gli hanno dato un permesso premio, dopo neanche un anno di cella, quasi a dispetto della condanna a 16 anni e mezzo per aver ucciso un uomo con crudeltà. Gli hanno concesso di festeggiare il suo diciottesimo compleanno assieme alla fidanzata, ai parenti e agli amici; di farsi fotografare con gli immancabili scatti digitali, quelli che - immancabilmente - sono finiti sui social. Foto di baci e abbracci postati in instagram, che bruciano come alcol su una ferita aperta, quella dei parenti di un uomo ucciso mentre faceva il suo dovere.
 
C’è un nuovo caso - al tempo stesso mediatico e giudiziario - che riguarda il processo a carico degli assassini del vigilante Franco Della Corte, ammazzato il 16 marzo del 2018 all’esterno della metro di Piscinola. Ricordate? Aveva 51 anni, era dedito alla famiglia e al lavoro, fu aggredito alle spalle a colpi di spranghe da tre minorenni. 

Di recente, uno dei tre imputati ha ottenuto dalla Corte di appello dei minori il permesso di festeggiare il suo diciottesimo compleanno all’esterno del carcere. Ha beneficiato di un premio, il permesso di lasciare la cella e di concedersi agli abbracci e al calore di amici e parenti. 
Condannato a 16 anni e mezzo in primo grado, è atteso (ovviamente assieme agli altri due imputati) il prossimo 19 settembre dinanzi alla Corte di Appello del Tribunale dei minori per il secondo grado di giudizio. 

Un appuntamento doloroso per i parenti del vigilante Franco Della Corte, che in questi giorni hanno deciso di scrivere una lettera ai giudici. Spiega Marta Della Corte, figlia di Franco, al Mattino: «Assieme a mia madre e a mio fratello chiediamo ai giudici il massimo rigore, ricordando il dolore che proviamo ogni giorno e le notti insonni alla ricerca di una carezza perduta, da quando hanno ucciso alle spalle la persona più importante della nostra vita». 

Inutile dire che montano rabbia e indignazione, dopo che le foto della festa (e la notizia di un permesso premio a uno dei tre imputati) hanno preso a circolare tra amici e parenti di Franco. Spiega ancora Marta Della Corte: «Trovo tutto ciò vergognoso. Neanche un anno di galera che già gli hanno dato un premio. Ma è riabilitazione questa? Cosa c’è di formativo nel garantire una festa a uno che è stato condannato pochi mesi fa per omicidio volontario, per giunta con l’aggravante della crudeltà?». Poi si rivolge ai giudici: «A chi gli ha accordato quel permesso premio, mi permetto di ricordare che di recente ho compiuto 22 anni, ma non ho spento candeline, non ho avute torte, regali o foto. E lo sa perché? Perché chi oggi festeggia ha ucciso mio padre, la persona più importante della mia vita». 

Rappresentata dal penalista Marco Epifania, Marta Della Corte va oltre e ricorda ancora le conseguenze social della festa di compleanno dell’imputato: «Quelle foto erano scandite da emoticon di incoraggiamento, come facce da leoni e altre cose del genere. Perché in fondo c’è chi paragona gli assassini di mio padre a dei leoni».
Ma cosa replica la famiglia dell’imputato neo diciottenne? È il penalista Nicola Pomponio, che assiste C.U. a chiare il loro punto di vista: «Quelle foto non sono state postate dal mio assistito, ma caricate sul profilo instagram da parte di una parente, ovviamente all’insaputa dello stesso C.U. Non c’era alcuna intenzione di offendere il dolore dei parenti della vittima, specie a pochi giorni dal processo d’appello. Quanto al permesso premio - aggiunge il penalista - va ricordato che è stato concesso dai giudici, dopo aver letto il parere del carcere di Airola, che attesta la buona condotta del mio assistito. Si è trattato di un’uscita di poche ore, per una festa in una canonica, dove C.U. è giunto scortato, che rientra in un più ampio progetto di formazione di un minorenne». 

Ma in attesa del verdetto di appello, conviene ricordare le carte delle indagini. Subito dopo essere riconosciuti e tradotti in commissariato, C.U. e i suoi complici L.C. e K.A. furono intercettati durante l’attesa degli integratori. Ridevano, si spalleggiavano, usando frasi di questo tipo: «Speriamo che quello non schiatta... vabbuò tanto a noi non ci possono fare niente».
 

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