Napoli città svilita, uno schiaffo siglare patti con de Magistris

di Massimo Adinolfi
Mercoledì 11 Settembre 2019, 08:00
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Lucio Colletti diceva che la metodologia è «la scienza dei nullatenenti», di coloro cioè che invece di occuparsi del problema si occupano di come occuparsi del problema, e al problema vero e proprio non ci arrivano mai. Qualcosa del genere avviene anche con Napoli, la città svilita che questo giornale sta descrivendo, da alcuni giorni, con inchieste e reportage: il problema sono gli aspetti difficili della vita quotidiana in luoghi lasciati all'incuria e al degrado, ma i nullatenenti non vanno oltre le chiacchiere, l'oratoria, le rappresentazioni di comodo, le rivoluzioni fatte solo di parole. Alla cosa stessa, al governo ordinario della città non ci arrivano mai.

Napoli è un laboratorio politico, ripete da anni Luigi De Magistris. Come se dovessimo misurare l'attività amministrativa con il metro delle formule ideologiche che si cucinano nel laboratorio politico del Sindaco: la rivoluzione mondiale dal basso, l'autogoverno, le autonomie delle città, l'attuazione della Costituzione e la fratellanza universale dei popoli invece di piazza Plebiscito, della Villa Comunale, delle fontane a secco, dei giardini sfioriti, dei lavori su via Marina e dei trasporti pubblici. A non dir del resto. Simboli della città ridotti in condizioni pietose, come il Mattino sta documentando da giorni e giorni in maniera puntuale.

Però ora le storte e gli alambicchi ribollono addirittura a livello nazionale, con la nuova maggioranza giallorossa, ed è evidente, a sinistra, la fibrillazione. LeU, che pure è della partita, già si propone come anello di congiunzione fra i due partiti maggiori, e suggerisce di trasformare in alleanza strategica il singolare connubio. Alleanza strategica significa, tra le altre cose, riprodurre anche nelle realtà locali la soluzione adottata a livello nazionale.

Ma comunque vada a finire una partiti dagli esiti obiettivamente assai incerti, non è chiaro fin d'ora con quali titoli De Magistris pensi di inserirsi in questo schema. A meno che non si voglia adottare la solare geopolitica mediterranea e benecomunista del primo cittadino. Il quale, per parte sua, in nome del popolo napoletano (del suo cuore, della sua storia, dei suoi sentimenti, della sua cultura: eccetera eccetera) continua a impartire lezioni di democrazia, di costituzione, di moralità ai leader politici di tutti gli altri partiti, e ovviamente non ha mancato di farlo neppure questa volta, alla vigilia del voto di fiducia del Parlamento. E poi è appena rientrato dalla festa nazionale del Pd, dove ha avuto il piacere di incontrare molti, autorevoli dirigenti democrat. Da quelle parti è a volte complicato capire chi parla per conto di chi, perché il Pd è più frastagliato di un fiordo norvegese, ma il Sindaco ci prova comunque, sperando di precostituire una posizione che possa tornargli utile in vista delle prossime scadenze elettorali.

Il punto è infatti uno solo: non la fine del finanz-capitalismo globale ma cosa succederà alle prossime regionali. De Magistris è da tempo in cerca affannosa di una collocazione, ed è possibile che il rimescolamento di carte gli consenta una nuova agibilità: una candidatura nel Parlamento nazionale, ad esempio, anche perché con una nuova legge elettorale di impianto proporzionale (che sembra essere nelle intenzioni della nuova maggioranza, spostata a sinistra) può tornare utile anche la rappresentanza di frange radicali, con cui il Sindaco di Napoli ha cercato senza molta fortuna, per la verità di costruire un movimento di portata nazionale. In cambio di un affidabile lasciapassare per Montecitorio, De Magistris potrebbe evitare di recare disturbo quando si decideranno le sorti di Palazzo Santa Lucia.

È solo una possibilità. Ma è pur vero che ormai non c'è più nessuno, dopo la nascita del governo giallorosso, che possa appellarsi a ragioni di coerenza per meravigliarsi di fronte ad accordi politici, fino a ieri giudicati a dir poco improbabili. D'altra parte, tanto fra i dem quanto fra i grillini (che pure fra di loro dovranno, presumo, trovare il modo di parlarsi) vi sono esponenti disponibili ad avviare ragionamenti di questa fatta. 

Se non è la coerenza, però, a far venire qualche scrupolo, dovrebbe essere lo svilimento. Cioè il bilancio di una stagione amministrativa che ha rinunciato alla regolare manutenzione, alla cura degli spazi urbani, al funzionamento dei servizi pubblici, agli standard di vita di una città civile ed europea. 

De Magistris, che pretende di intestarsi il monopolio dei sentimenti della città, ha dimenticato e lasciato a se stesse tutte le sue cose, come fossero non beni comuni ma res nullius: cose di nessuno, di cui nessuno si occupa e che chiunque può usare come crede. Forse non è proprio il caso che una simile esperienza venga premiata e trasferita in altre sedi.
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