Diabolik, tra botte e affari l'irresistibile ascesa degli Irriducibili in curva Nord

Diabolik, tra botte e affari l'irresistibile ascesa degli Irriducibili in curva Nord
Diabolik, tra botte e affari l'irresistibile ascesa degli Irriducibili in curva Nord
di Camilla Mozzetti e Giuseppe Scarpa
Domenica 15 Settembre 2019, 00:00 - Ultimo agg. 16 Settembre, 11:19
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ROMA Il battesimo degli Irriducibili, in curva Nord, porta la data del 18 ottobre 1987. È Lazio - Padova il palcoscenico in cui si esibisce un nuovo gruppo di ultras, nato da una costola degli storici supporter biancocelesti, gli Eagles. Sono violenti, aggressivi e politicizzati. Nella nuova compagine scalpita un giovanissimo Fabrizio Piscitelli, 21 anni. Non è ancora il capo carismatico del tifo estremo laziale ma ben presto si farà strada. Perderà per due volte il comando ma lo riconquisterà sempre, in tre occasioni fino alla morte del 7 agosto scorso.

LA STORIA
«Non erano capaci a menare e ci siamo presi la Nord». Lo ripeteva alle giovani leve degli Irriducibili, Diabolik. Un soprannome che forse deriva da un passato da rapinatore. Quelli che, nel 1987, non erano ancora nati dovevano insomma sapere la storia del gruppo. E lui non si dispensava dal raccontarla. Una sorta di narrazione mitica delle origini. Una storia condita dalla prepotenza, una sorta di stile british e il fanatismo politico. A dire il vero anche gli Eagles erano molto vicini all'estrema destra, ma da Piscitelli e camerati erano considerati dei vigliacchi. Tanto che a suon di botte gli Irriducibili si presero la Nord. Due gli scontri, tra i tanti, che ne hanno segnato la fine, gli Eagles si sciolsero nei primi mesi del 1993. In un Lazio-Barletta del 1988 ci fu una rissa stile far west. L'ultima, in una trasferta a Genova, contro la Samp del 2 febbraio del 1993.

Ad ogni modo, nel bene o nel male, gli Irriducibili rivoluzioneranno il modo di stare in curva. Impongono nella Nord la loro legge: niente più tamburi ma tifo all'inglese ed anche esibizione di simboli politici legati al fascismo, cori da stadio razzisti (da ricordare l'accoglienza che per mesi fu riservata allo stadio e sui muri di Roma al centrocampista di colore Aron Winter) e una progressiva tendenza alla gestione manageriale della curva. In cui spicca, appunto, Piscitelli. Alto e magro in gioventù, spesso con i Ray-Ban a goccia da destra italiana che su radio e giornali ripeteva: «Siamo fascisti, gli ultimi rimasti». Un capo carismatico che in una intervista del 2000 spiegava la filosofia che aveva imposto ai suoi ragazzi: «Noi per il bene della Lazio volevamo andare dentro gli stadi, entrare nelle altre curve e ammazzarli. Perché noi ci dovevamo sentire vivi in un mondo di morti». «Noi i pullman» degli altri tifosi «li bloccavamo, gli spaccavamo» i finestrini, e «gli tiravamo la torcia dentro, aspettavamo che uscissero fuori per ammazzarci». Un modo questo - sempre per Diabolik, per «sentirsi vivi». Una condizione di gioia superata unicamente - secondo il suo pensiero - dallo «scontro con le guardie».

LO SCUDETTO
Il 30 gennaio del 2000, in occasione di Lazio-Bari nell'annata del tricolore, fecero il giro del mondo le immagini dello striscione esposto in curva nord in onore alla tigre Arkan: il riferimento era a Zeljko Raznatovic, criminale di guerra serbo accusato di genocidio e crimini contro l'umanità, morto in quei giorni. L'apoteosi porta la data del 14 maggio del 2000. La Lazio vince lo scudetto, gli Irriducibili sono il gruppo egemone nella Nord e a comandare, ormai da diversi anni, c'è un gruppo di 30enni. Oltre a Piscitelli ci sono Yuri Alviti, Fabrizio Toffolo e Paolo Arcivieri. Ma si sa, dopo aver toccato il punto più alto, può iniziare solo la discesa. E così accadde per la Lazio che con Sergio Cragnotti rischiò di fare crack mentre Piscitelli, da lì a qualche anno, conoscerà il carcere, perderà la leadership della curva e i rapporti di amicizia con il resto del direttivo.

Il club venne acquistato da Claudio Lotito il 19 luglio del 2004. Il nuovo presidente mise subito le cose in chiaro: chiuse i rubinetti e non foraggiò più la tifoseria come il suo predecessore. Finiti i fasti dell'epoca Cragnotti per Lotito la parola chiave era risparmio. La nuova politica piacque poco a chi, fino a quel momento, era riuscito a vivere alla grande facendo di mestiere l'ultras. Tra questi, appunto Piscitelli e i magnifici tre che con lui avevano guidato la Nord.




È l'inizio dello scontro tra il nuovo patron e gli Irriducibili. Famoso l'incontro con Piscitelli raccontato da Lotito: «Presidente, sono Diabolik». «E io sono l'ispettore Ginko», replicò il numero uno del club. Diabolik, a questo punto, con il trio Alviti, Arcivieri e Toffolo ricattò Lotito affinché vendesse il club a un fantomatico gruppo ungherese capitanato dall'ex stella biancoceleste Giorgio Chinaglia. Il risultato fu una condanna per estorsione per i 4 ultras. Tre anni e due mesi per Diabolik, Piscitelli fu messo fuori gioco da ottobre del 2006 a dicembre del 2008. In più incassò un daspo di tre anni.

IL RITORNO
Il gruppo storico perse la leadership in curva che venne presa da Gianluca Tirone. Ma nel 2012 Piscitelli si riprese ciò che aveva perso. È di nuovo al vertice della Nord assieme ad Alessandro Marongelli, detto il Cinese. Arcivieri e Alviti avevano abbandonato la Nord mentre Toffolo, che nutriva ambizioni da leader, perse la battaglia proprio con l'ormai ex amico Piscitelli. Diabolik però fece appena in tempo a festeggiare la coppa Italia vinta con la Roma, il 26 maggio 2013, che subito venne arrestato. Questa volta per droga ad ottobre del 2013. Finì di scontare la pena a luglio del 2017. Il trono della Nord rimase di nuovo vacante, Piscitelli in una diarchia con il cinese lo riprenderà nel 2018. L'impegno, però, non era più lo stesso.

Piscitelli distratto dalla sua nuova principale fonte di guadagno, la droga, non era più il capo carismatico dei primi anni 2000. Le ultime iniziative, che portano il suo marchio di fabbrica, sono un volantino sessista a cui si impone alle donne di non occupare i primi dieci gradini della Nord e gli adesivi xenofobi di Anna Frank con indosso la maglietta della Roma. Siamo ormai ai titoli di coda, il 10 maggio del 2019 una bomba carta esplode davanti alla saracinesca della sede degli Irriducibili della Lazio in via Amulio.
Diabolik minaccioso replica dicendo in un'intervista: «Siamo pronti a tornare al terrorismo degli anni 70». Insomma la reazione è violenta in salsa Irriducibili come quelli che il calcio te lo danno in bocca, recita lo slogan che accompagna il loro simbolo, Mr Enrich.​

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