Addio a Mario Da Vinci, voce di cantaNapoli e padre di Sal

Addio a Mario Da Vinci, voce di cantaNapoli e padre di Sal
di Federico Vacalebre
Lunedì 11 Maggio 2015, 08:26 - Ultimo agg. 15 Maggio, 23:01
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La festa per i suoi settant'anni il vecchio leone di cantaNapoli se l'era fatta organizzare in un locale di Santa Lucia, riunendo la famiglia, ormai una dinastia d'arte, sei figli e dodici nipoti che ieri notte si sono improvvisamente ritrovati al suo capezzale, straziati. La notizia della morte del padre Mario Da Vinci, all'anagrafe Alfonso Sorrentino, la batte in piena notte su Facebook Sal Da Vinci, poi la conferma singhiozzante al telefono un altro dei figli, Francesco Sorrentino, impresario musicale: "Voleva vivere, voleva vivere, ma il suo cuore l'ha tradito". Il cantante, nato a Napoli il 14 marzo 1942, si è sentito male nella notte, inutili le corse al Fatenebenefratelli, dov'è giunto morto. "Quindici giorni fa si era sentito male, era finito al Loreto Mare, ma papà era una forza della natura, voleva vivere, voleva vivere...".

Ed è vero: Mario, con Trevi l'ultimo protagonista della stagione dei Festival di Napoli, l'ultimo alfiere di una stagione veteromelodica, voleva vivere: lo incontravi tutti i giorni a via Chiaia, il rito del caffè insieme era obbligato come quello delle chiacchiere sui fatti dell'ambiente canoro. Era un gentiluono verace, in doppiopetto ma con i basettoni alla Elvis. "Scusatemi se posto questa foto", ha scritto sul social network il più popolare dei suoi figli (anche Gino fa il cantante) sotto un'immagine buia: "Si é spento mio padre, un pezzo della mia vita che se n'è andato... Ti ho sentito al telefono, come ogni sera, per la buonanotte, e per informarti di tutto, sento l'eco della tua meravigliosa voce che non se ne va... Avrei voluto abbracciarti almeno per l'ultima volta, ma non ci sono riuscito, spero solo che il Signore aiuti me e la mia famiglia a superare questo momento difficile... Ti amo pa'... Sei e resterai per tutti noi un grande padre e un grande uomo...".

Il cordoglio dei fans in rete si unisce al ricordo degli amici, dei colleghi, degli estimatori. "Era felice per il debutto del nipote Francesco, figlio di Sal, era orgoglioso del suo primo singolo in uscita. Gli piaceva sentirsi il patriarca di una famiglia d'arte sempre più larga".

Figlio di un pescatore, patì il dopoguerra con tanti, mettendosi in fila per un mestolo di minestra dalle suore dell'Arco Mirelli o dai soldati del 40mo Fanteria. Dava una mano alla famiglia lavorando nei campi, facendo il ragazzo del bar, don Carlo Pignalosa fu il suo primo talent scout: si accorse della sua bella vocina, lo ingaggiò per una festa di compleanno, cento mandarini per ingaggio, in scaletta anche, e non a caso, "Leva 'e mezzo 'e mandarine" di Bonagura e Benedetto. Poi arrivò la festa di Sant'Antonio: "Se avrò successo qui, tornerò sempre a cantarci, gratis", fece un voto lui e tra il pubblico c'era Alberto Sciotti, autore di successo, che lo notò e lo portò a un festival per dilettanti alla Torretta, dove "Presentimento", classico di E.

A. Mario fece capire di che pasta era fatta la sua voce.

Studiò Bruni e Gallo sui dischi e dal vivo, andò a lezioni da Mino Campanino, ma non aveva una lira, così dovette ripiegare sulla signora Santamaria, e poi di nuovo mollare anche lei per l'impossibilità di pagarla. Qualcuno non credeva in lui, come l'impresario Tucci, che lo cacciò da un concorso all'Apollo: Guaglio', vattenne, nun è chesta 'a casa toia", altri sì, e intanto la mamma-manager Carmela si dava da fare, cercava discografici, gli noleggiava uno smoking per le audizioni importanti. Garzone di barbiere, saliva appena possibile sul palco delle feste di piazza ma si innammorò di Nina, che lo voleva più "concreto", pretendeva che facesse un "lavoro vero". Da garzone di macelleria cantava di nascosto, si aprì uno spaccio di carni tutto suo a Bagnoli, ma non era quello il suo mestiere, chiuse presto.

Divenne posteggiatore da Ciro a Santa Lucia, 3.500 lire a pranzo, 4.800 a sera, una pacchia, e una fortuna, visto che la sua ugola e la sua faccia da scugnizzo per bene conquistavano i turisti. Promosso alla Bersagliera, incise il suo primo 45 giri nel 1962 per la Phonotype, "Voce ' marenaro/ Nun ce lassammo". Sposò Nina, cantò al Tempio di Giove a Roma, poi al Transatlantico, alla radio con il grande Gorni Kramer. Una cassiera-fan fece ascoltare il suo disco al ragioner Amitrano, rappresentante della Combo, che lo mise sotto contratto, 15.000 lire ogni brano inciso. "Mierolo affurtunato/Tutt'e'sere" e "Busciardiello/Giuvenuttiello" le prime uscite. Credevano in lui, "Nostalgia da Napoli" fu il suo primo lp, tentarono di lanciarlo anche sul mercato della canzone romana, ma il successo discografico gli procurò invidie. Perse il posto al Transatlantico ma Capajanca, famigerato impresario della Galleria, lo scritturò per uno spettacolo per i malati del sanatorio. La Combo gli rinnovò il contratto con uno stipendio di centomila lire al mese, non aveva più bisogno di cantare nei ristoranti, insomma.

Partecipò a "La fiera dei sogni" e piacque a Mike Bongiorno, che lo rivolle in tv per celebrare Celentano e "Il ragazzo della via Gluk", bocciata a Sanremo. Ormai era un big: con Mario Merola e Lino Banfi organizzò la Piedigrotta Associati, andò in tour in Germania con l'amico Gallo, nel '65 debuttò al Festival di Napoli con "'E suonne restano" di Chiarazzo e Palliggiano e poi partì per l'America con Domenico Modugno e il musical "Orsa maggiore", rubando la scena al protagonista.

La United Artists lo mise contrattò, lui studiò l'inglese e portò la moglie a New York con i primi due figli. Salvatore, poi detto semplicemente Sal, nacque nella Grande Mela mentre papà lanciava "Mamma 'e Napule".

Poi però la nostalgia di casa e i problemi di vista del figlio Gino gli suggerirono il ritorno a Napoli, dove intercettò il revival della sceneggiata: iniziò nel '70 con "Malacatena", proseguì con "'O bello", fu partner di Luisa Conte in "Montevergine" al Sannazaro. Il piccolo Sal aveva una vocella niente male e predisposizione per il palcoscenico, così iniziò a portarselo in tour. Nel '75 cantarono insieme "Miracolo 'e Natale", sognando che Gino ritrovasse la vista. Ormai avevano una loro compagnia di sceneggiata in cui si avvicendarono vecchie glorie e future star locali, più ospiti d'eccezione. Le scene lo premiarono più della discografia, che pure continuava a frequentare con pezzi non memorabili come "Nun voglio vivere accussi'", "Faccia d'angelo", "'A figlia d''o masto", "Asso 'e denare"...

Il successo di "'O motorino" (a teatro, su disco, a cinema) fu travolgente, al Petruzzelli di Bari la folla del pubblico all'entrata scalpitava sino al punto di distruggere le vetrate d'ingresso. Al cinema porto pure "Figlio mio sono innocente", tratto dalla commedia teatrale "Sacrificio 'e mamma" di quell'Alberto Sciotti che lo aveva scoperto tanti anni prima.

Era attento alle novità don Mario: con la sceneggiata che premeva sul richiamo melodrammatico eccolo tra i primi a puntare sulle radio libere con Radio Spaccanapoli Sound, oppure tradurre in italiano ballad jazz nell'lp "Fumo negli occhi". Ma il suo pubblico voleva emozioni a tinte forti, quelle di spettacoli che si intitolavano "'A mano d''a vendetta" (con Beniamino Maggio, Liliana, Trottolino) o "Delinquente abituale", "'O clandestino", senza dimenticare varietà più leggeri come "Cafè chantant" di Nino Masiello con I Brutos, Angela Luce e Gennarino Palumbo.

Nonostante qualche partecipazione, non fece in tempo a vincere il Festival di Napoli, quello del 1981, che si aggiundicò con "'A mamma", era una squallida imitazione. Girò in America con i figli Sal, Raffaella, Gino e Lucia. Volò in Australia, raccolse - ormai siamo negli anni Ottanta e la sceneggiata non tirava più - i classici partenopei nei quattro album di "Napoli, teatro e canzoni".

Mentre Sal si affermava lui disegnava per se una carriera da ultimo veteromelodico, con gli amici Gallo e Trevi si batteva per il ritorno del Festival di Napoli, si infiammava per l'ipotesi bassoliniana di far rinascere almeno la Piedigrotta, era volto televisivo degli spettacoli amarcord di Limiti e Bongiorno, gestiva locali e, soprattutto, cantava con la sua voce ancor salda e forte, come dimostrò anche al grande pubblico giovanile quando il figlio lo volle sul palco nel tour "Canto per amore".

Senza Mario Da Vinci il piccolo mondo antico di cantaNapoli è sempre più a rischio di estinzione.

I funerali si terranno domani, alle 11.30, a Napoli, nella chiesa degli Artisti in piazza Trieste e Trento.

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