Tumori, il popolo dei viaggi della speranza: in 14mila si curano fuori dalla Campania | Le storie della Terra dei fuochi

Tumori, il popolo dei viaggi della speranza: in 14mila si curano fuori dalla Campania | Le storie della Terra dei fuochi
di Maria Pirro
Lunedì 2 Dicembre 2013, 10:00 - Ultimo agg. 16 Marzo, 06:11
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Destinazione speranza. La radioterapia ad Aviano. Le cure palliative a Genova. Il follow-up dopo il tumore alla mammella a Milano. Ogni citt meta di un viaggio tormentato dal tempo che passa. Si parte, in questo caso, tutti da Terra dei fuochi. Per Pina Leanza, un tunnel obbligato, perch c' ancora un divario enorme tra i centri del Nord e Sud Italia. Per Anna Molino, conta l'esperienza positiva: «Lì mi hanno salvata, mi sento più tranquilla». Per la piccola Dalia, è una vacanza finita in ospedale che spinge la famiglia a dirigersi verso il polo pediatrico ligure che «attrae» ammalati afflitti da gravi neoplasie. Viaggi della speranza costati alla Regione Campania, per i ricoveri oncologici, 70 milioni nel 2012, secondo una elaborazione preliminare dei dati. Ma la spesa complessiva è più alta: per tutti i motivi di migrazione sanitaria sfiora i 310 milioni in un anno.

A volte basta pronunciare il nome della malattia per indurre a mettersi in marcia. Come racconta Tina Zaccaria, la mamma della bimba devastata dal tumore, uno dei volti impressi sulle cartoline inviate a papa Francesco: «In principio andiamo al pronto soccorso per una caduta dall'altalena. Avuto il verdetto della tac, con i giochi del mare caricati in macchina e senza nemmeno preparare le valigie, imbocchiamo l'autostrada».

Storie, volti e cifre utili a tracciare la rotta: quella degli ammalati campani che hanno intrapreso la strada della migrazione alla ricerca di cure. Percorsi a prova di crisi: il 10 per cento dei pazienti con una diagnosi principale di «pertinenza» oncologica (14mila ricoveri su 120mila, nel 2012) ha scelto di recarsi in una struttura sanitaria fuori regione, affrontando anche sacrifici psicologici. «Andare via da casa per mesi ti procura un trauma profondo. Vivi, in parallelo, due situazioni dolorose. Se sei lontano dai figli, quanto più si avvicinano le feste come il Natale o i compleanni, c'è chi piange da un lato e chi dall'altro» è la testimonianza accorata di Pina Leanza, di Acerra.

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Quanto ai costi economici, quelli per i ricoveri oncologici sfiorano i 379 milioni, in totale, di cui 70 milioni fuori regione. In particolare, la spesa per la mobilità passiva è così suddivisa tra le regioni: con 15,4 milioni, al primo posto c'è il Lazio; con 10,1 milioni, in seconda posizione si trova la Lombardia; terza con 7,69 milioni la Basilicata. Seguono con 6,2 milioni la Toscana, con 5,4 milioni l'Emilia Romagna. E poi la Puglia (5 milioni), il Veneto (4,6), il Molise e la Liguria (4,1).

+++Guarda la mappa dei ricoveri oncologici

Il Piemonte, l'Umbria, l'Abruzzo e il Friuli Venezia Giulia incassano, rispettivamente, circa un milione per i ricoveri oncologici garantiti a residenti campani (nei dati sono conteggiati anche i pazienti che si trovano fuori per motivi di lavoro).

Anna Molino, 58 anni, è di casa all'Istituto dei tumori di Milano: «Ci vado una volta l'anno dal 1997. Lì, nel 2005, mi hanno operato dopo la diagnosi di carcinoma alla mammella che era "sfuggita" nei controlli eseguiti 12 mesi prima a Napoli, mi avevano detto che quella pallina era un semplice lipoma». Nella struttura lombarda sono 16mila le prestazioni garantite negli ultimi dieci mesi, 3700 i pazienti provenienti dalla Campania.

Sui motivi della "fuga" al Nord dice il direttore del dipartimento di oncologia medica, Filippo De Braud: «Nonostante a Sud e in particolare in Campania ci siano dei centri di eccellenza e oncologi bravissimi, spesso i pazienti percepiscono una minore attenzione all'organizzazione da parte delle strutture. Cercano una presa in carico complessiva del loro problema. L'Istituto dei tumori di Milano per limitare i disagi riconducibili ai viaggi che gli ammalati devono affrontare ha creato e sta creando collaborazioni con strutture e medici del territorio campano».

Attraverso una nota, l'associazione Medicina democratica lancia un appello: «È necessario un Piano regionale straordinario della sanità, che inverta la politica dei tagli e della gestione ragioneristica, che superi limiti e vincoli economici, che rafforzi ed adegui agli standard nazionali le strutture sanitarie pubbliche. Un piano sanitario che tenga conto del dramma che stanno vivendo i cittadini e consenta loro di poter accedere realmente ad un'assistenza sanitaria dignitosa».

Tonia, occhi dolci e magnetici. Ha lo stesso sguardo della sua bimba Pina Leanza, ma nella foto di famiglia la mamma non ride. «Con lei sono morta anch'io. Ogni mattina indosso una maschera che tolgo, se possibile, la sera: lo faccio per l'altra mia figlia». Piange nel ricordare un calvario senza fine, da Acerra nei reparti d'Italia: è durato oltre 4 anni. Interventi chirurgici a ripetizione. «Sono stati proprio i medici napoletani a indirizzarmi ad Aviano, in provincia di Pordenone, per la radioterapia. Le prime 40 sedute consecutive nel 2009, tutte con l'anestesia con un effetto collaterale raro che ha colpito la mia piccola leonessa. Aveva le allucinazioni, si svegliava di soprassalto. Un oncologo pieno di umanità una volta staccò tutti i drenaggi e cominciò a cullarla, pur di calmarla».

Solo la spesa dei ricoveri per la chemioterapia e la radioterapia eseguita dai residenti campani fuori regione ammonta a 15 milioni nel 2012. A incassare di più per questo tipo di prestazioni il Lazio (2,87 milioni), l'Emilia Romagna (2 milioni), la Lombardia (1,85), la Basilicata (1,69). Tra i poli pediatrici il Bambin Gesù, con circa 500mila euro di rimborsi nei 12 mesi, con le altre strutture aiuta a colmare le carenze che si registrano in tutte le province e che la Regione ha annunciato di voler colmare con un piano che sarà pronto entro questo mese e ha già destinato per la radioterapia pediatria.

Per questo tipo di trattamento, in Campania ci sono solo 4,5 macchinari per milione di abitanti, in Lombardia 7 (la media nazionale è di 6). Risultato: «Nel 2009 con l'Agenzia regionale per la sanità calcolammo che ogni anno circa 5000 pazienti campani non ricevevano le cure dovute vicino casa e quindi dovevano andare fuori regione o, ancora peggio, ricevevano una terapia oncologica incompleta e quindi inefficace. Da allora nulla è cambiato» interviene Vincenzo Ravo, coordinatore del gruppo campano dell'Airo, l'associazione italiana di radioterapia oncologica. Difatti, la Regione prevede l'acquisto di altri acceleratori lineari e, con la legge regionale 5/2013, la deroga alla normativa in materia di accreditamento dei centri privati allo scopo di aumentare l’offerta sul territorio. In più, punta a implementare un network campano di oncologia pediatrica, finanziato con 1,8 milioni, per l'assistenza e il monitoraggio delle neoplasie.

«Ma la sola acquisizione delle apparecchiature non risolve il problema. In media un acceleratore lineare costa circa 2 milioni di euro, che comunque non bastano, perché è necessario creare una struttura che lo faccia funzionare, reparti speciali e personale altamente specializzato». Una soluzione potrebbe essere potenziare le strutture pubbliche già operative, a partire da quelle che lavorano solo per mezza giornata. Così Ravo riassume la situazione: i Policlinici universitari e il Rummo di Benevento operano con un solo macchinario, «apparecchiature datate e quindi da sostituire». In queste strutture e al Moscati di Avellino potrebbe essere collocato un secondo acceleratore lineare. Ma «la situazione peggiore», secondo il medico, si registra in provincia di Salerno: «Il Ruggi non riesce a operare secondo le richieste per mancanza di personale, l'Agro-nocerino-sarnese e il basso Cilento non sono serviti da radioterapie e per i pazienti di queste zone è inevitabile la migrazione verso altre regioni».

Le lettere scritte a penna, trasmesse dal Tribunale per i diritti del malato all'ospedale di Nocera Inferiore, accendono un faro sul dramma. In una, datata 4 settembre 2013, si legge: «Sono un paziente giovane e ho scoperto di avere un linfoma... Il mio percorso è stato difficile e lungo: tante attese, tante file per le continue visite in ospedale. Mi sono però avvilito quando, dovendo fare la radioterapia, ho saputo che sarebbe stato impossibile nella struttura per me più vicina e più comoda, in modo da conciliare il trattamento sanitario con i turni di lavoro».

Che fare? «L'ospedale, in attesa di nuove determinazioni da parte dell'Asl, non è autorizzato a fornire radioterapia in quanto non vi è copertura finanziaria: questa la risposta ricevuta» riassume l'attivista dell'associazione Lucio Malinconico.

E ancora: «Nella provincia di Caserta non vi sono radioterapie pubbliche, in quella di Napoli, con l'esclusione del Pascale, la radioterapia dell'Ascalesi registra una drammatica carenza di personale».

I naufraghi della sanità parlano sottovoce, con le loro storie danno solo l'idea di che cosa sia curarsi fuori dalla Campania. Tina Zaccaria ricorda bene la seconda trasferta, quando il quadro clinico di sua figlia è precipitato: «Siamo partiti in macchina a mezzanotte, abbiamo avuto un incidente all'altezza di Firenze, la fiancata completamente distrutta contro il guard-rail, ma questo non ci ha impedito di continuare il viaggio fino al Gaslini».

La mamma racconta che è rimasta a Genova, nella struttura collegata all'ospedale pediatrico, anche per le cure palliative. «Mi è stato consigliato di non tornare». Per Dalia è stata «separata» anche la morte.

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