Capossela che in greco si dice Ανία 

Venerdì 31 Maggio 2013, 10:56 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:13
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Di solito la precisione è dei verbali e delle diagnosi mediche, poi ci sono i diari, sempre che non si tratti del diario di un adolescente, come nel nostro caso. Vinicio Capossela va in Grecia, e prova a leggere la realtà attraverso il significato delle parole e soprattutto il rebetiko, che nelle sue pagine diventa tutto e niente, aria fritta. L’idea ci stava anche, ma la confusione delle parole, la poesiola dell’alcol, i diseredati non escono mai dal luogo comune, non trovano mai la giusta misura nelle sue pagine, e così “Tefteri” (Il Saggiatore), rimane un viaggio mentale prima che fisico, che arriva anche dopo la registrazione di un disco con i canoni del rebetiko, anche quello: scarso. Piacerà agli adepti della nostalgia, agli apostoli delle bettole senza mai metterci piede, agli amanti della Grecia che hanno il conto in banca a difesa del progresso. Anche perché tutto quello che c'era da dire e capire è nei libri di Petros Markaris. Capossela, invece, a me ha fatto pena, molta pena, per il disordine, che non è quello di un diario bellissimo con una lingua unica come "Terra Matta" di Vincenzo Rabito. E sarà perché crisi in greco (krino) significa separare, dividere, che noi sentiamo tutta la separazione tra un libro vero e un quaderno. E sarà anche come recita il sottotitolo “il libro dei conti in sospeso” ma non ne regola nessuno. Tanto c’è il rebetiko che di sicuro non è dalla parte dei libri brutti e sta con chi lo dice.  E nel finale Capossela scrive: «E adesso basta. La carta è finita. Non voglio rileggere. Quello che le si è appiccicato sopra non è detto che sia esatto, o giusto, o storicamente sorretto, o reale. È come mi è arrivato al cuore e alle orecchie, e questo lo rende vero».  Appunto nei diari o nei quaderni, con i libri è diverso. 
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