Laurie Anderson inaugura a Napoli «Made in Cloister»: «Posto magico»

Laurie Anderson inaugura a Napoli «Made in Cloister»: «Posto magico»
di Federico Vacalebre
Sabato 28 Maggio 2016, 11:17 - Ultimo agg. 4 Luglio, 14:01
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I gesti con cui Laurie Anderson lavora al suo dipinto sono larghi, decisi, morbidi, come la sua arcata sul violino. «Un quadro è come un'improvvisazione musicale», spiega, e fa sul serio. È arrivata a Napoli tre giorni fa, doveva allestire «The withness of the body», la mostra prodotta dalla Fondazione Tramontano Arte che inaugura Made in Cloister, lo spazio espositivo ricavato nel chiostro cinquecentesco di Santa Caterina a Formiello, nel cuore di Porta Capuana. Aveva portato con se il racconto-evocazione per immagini di «una morte, di una rinascita, di una modificazione», spiega lei, «ma poi mi sono chiesta: dove sono? Posso davvero parlare solo di fine in un posto simile? Tra tanta luce naturale e tanta bellezza?».
Così, la sua esposizione ha cambiato faccia, e l'artista di «O superman» è salita su un trabattello, ha indossato dei guanti di lattice ed ha disegnato una storia di vita, anzi di nascita: «È uno dei miei sogni ricorrenti», spiega lei che dei suoi «Dreams» ha fatto una categoria della sua espressione figurativa, e che al centro della sua opera tutta ha messo Lolabelle, la rat terrier che è stata compagna sua e di Lou Reed fino al 2011, a cui ha già dedicato alcune sequenze commoventi di «Heart of a dog», il suo film passato in concorso all'ultima Mostra di Venezia: «Nel Libro tibetano dei morti si parla del Bardo, ovvero il periodo di 49 giorni che secondo i buddhisti passa dalla morte di qualcuno alla sua rinascita, il tempo della mutazione, il periodo in cui la consapevolezza si dissolve nel nirvana e l'energia si prepara ad assumere un'altra forma. In The withness of the body racconto la morte e il viaggio verso un'altra vita di Lolabelle, sull'opera dettatami dall'energia magica di questo luogo, invece, partorisco Lolabelle in un ospedale, la metto al mondo come una cagnetta già adulta. Un momento doloroso, ma puro e perfetto, sognato qui, nato qui, destinato a restare qui, che ha integrato la mostra, l'ha capovolta, l'ha completata, l'ha disintegrata».
Davide De Blasio, che con Antonio Martiniello e Rosalba Improta, è l'anima di questo progetto - la sfida di una Napoli che vuole cambiare senza rinnegarsi, che scommette sulla riqualificazione coinvolgendo artigiani ed artisti, mettendo i secondi al servizio dei primi («non sono condannati per sempre a replicare vecchi schemi produttivi, a sfornare oggetti senza sex appeal», spiega Martiniello mentre si completano i lavori al ristorante del chiostro), è amico di lunga data di Laurie: «Era il 2011 quando la portai qui con Lou Reed, avevamo appena scoperto questo luogo, era stato fabbrica di uniformi borboniche, era diventato un centro commerciale a cielo aperto, poi anche le ultime fabbriche di scarpe erano andate via, era morto e sepolto, e noi a entrarci ci sentivamo come archeologi che avevano scoperto le piramidi. I nostri amici newyorkesi furono i primi a darci la loro benedizione, a dirci che dovevamo osare. L'abbiamo fatto». Un sogno, un altro: oggi Triennale di Milano e Madre benedicono la mostra dell'artista multimediale, che arruola nei suoi segni nervosi anche Osama Bin Laden, mentre racconta come tutto ciò è nato chiamando in causa Delmore Schwartz: «Lui è stato un grande poeta, oltre che il maestro di Lou. Scrisse che nei sogni cominciano le responsabilità. Mettere mano a un'impresa come questa di Made in Cloister è un grande sogno e una grande responsabilità. Io non finisco mai nulla, i miei discografici lo sanno, ma mi capita di voler trasformare in realtà i miei sogni e di riuscirci qualche volta. A Sidney, per esempio, un festival ha permesso a me e a Lou di organizzare un concerto di... musica per cani! Davanti all'Opera House, davanti al mare, un migliaio di cani e di proprietari e di veterinari per pubblico. Una ventina di minuti di musica, con attenzione alle note basse che solo i quattrozampe potevano ascoltare. Hanno orecchie fini loro».
Lolabelle, intanto, ha invaso il chiostro, il ciclo del Bardo la vede spuntare nel bianconero del racconto, ma la dedica è per Theadora Anderson: «Mia nipote era una ballerina, bravissima e bellissima, è morta improvvisamente il 24 maggio, il giorno in cui avrebbe compiuto 25 anni. È tempo di Bardo per lei».
Lolabelle era cara anche a Lou Reed, il poeta maudit con la chitarra che con i Velvet Underground ha cambiato la storia del rock e che con la Anderson ha trovato l'amore e una vita non più spericolata, ma mai noiosa, mai pacificata: «Ho finalmente messo le mani nel suo archivio personale, è incredibile quanta roba contenga, centinaia di ore di registrazione, tra inediti, live, vecchi lavori rimasterizzati e ripuliti, cose che risalgono ai suoi primi anni senza la band.
E poi scritti, fotografie... Un tesoro, un vero tesoro». Il rocker di «Take a walk on the wild side», scomparso il 23 ottobre 2013, secondo il Libro tibetano dei morti potrebbe essere rinato sotto chissà quale forma e trovarsi qui, in un angolo di Made in Cloister. In fondo questa è davvero una storia di morte e rinascita, quella del chiostro, quella della vecchia città che vuole diventare davvero Neapolis, quella dei rocker che non muoiono mai grazie ai loro album: «I miei lavori, dischi o dipinti che siano, parlano del corpo, che si fa sentire, che si dissolve, che comunica, che suona e dipinge e cancella se stesso», sorride Laurie, inquadrata nell'obiettivo di Guido Harari, il signore dei fotografi rock in Italia, autore tra l'altro di uno suo commovente ritratto con l'uomo di «Satellite of love».
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