Ecco come vedere a occhio nudo la Stazione spaziale e la Sojuz

Il passaggio della Stazione spaziale
Il passaggio della Stazione spaziale
di Paolo Ricci Bitti
Mercoledì 29 Maggio 2013, 15:40 - Ultimo agg. 3 Marzo, 15:19
3 Minuti di Lettura

Si fa presto a dire “stazione spaziale” e ancora prima “astronauta” e “Sojuz”, specie in queste ore in cui l'italiano Luca Skywalker Parmitano è arrivato in orbita, ma poi in quanti hanno visto dal vivo, a occhio nudo, la navetta russa e la stazione internazionale che si inseguono in orbita? Possibile, se non si fa parte del club invero ristretto degli astronauti e dei cosmonauti?



E' così che è sembrato uno scherzo l'invito che gli staff dell'Agenzia spaziale italiana e dell'Agenzia spaziale europea hanno buttato là nella notte scorsa mentre all'auditorium di Tor Vergata si attendeva l'attracco della Sojuz di Parmitano alla stazione spaziale. Una notte lunghissima, con le palpebre sempre più pesanti. La navicella russa viaggia effettivamente come un razzo qual è, ovvero a 28mila kmh, compiendo 16 orbite del pianeta in 24 ore, ma poi qui a Terra, a forza di guardare gli schermi, per quanto maxi, quelle ore non passavano mai.



“Alé, adesso tutti fuori nel parcheggio a vedere l'Iss, la stazione spaziale!” hanno detto le nostre astro-guide alla platea in attesa. Bum, maddeché? E i telescopi dove sono? La stazione spaziale viaggia anch'essa a 28mila kmh e poi sta a 400 km d'altezza: neanche l'autovelox-laser l'acchiapperebbe e neppure basterebbe la supervista di Clark Kent. Questa, almeno, l'idea dei profani poco abituati alle vastità dello spazio. Ad ogni modo, un po' per celia, un po' per non morire (di sonno) siamo usciti dai parallelepipedi di Tor Vergata e, mansueti, abbiamo seguito gli “esperti” fin nel parcheggio: no, troppa luce, con tutti quei lampioni.



Bisognava allontanarsi dagli edifici e avventurarsi in mezzo al nulla che è il quartiere universitario di Tor Vergata di notte. “Su, tutti insieme, avanti verso l'infinito e oltre”. Oltre, almeno, il cancello della sede dell'Asi. Lì, come buio, non era male. Ma poi, dov'è il Nord? Questo lo so, questo lo so: ecco il Grande carro (grande, ma l'altra notte fioco fioco). Bisogna poi prolungare per 5 volte il segmento meridionale e si arriva alla Stella polare (fiochissima nel cielo sì nero, ma velato di foschia).



E adesso? Dalla Stella polare si tira un'immaginaria linea perpendicolare giù verso l'orizzonte e poi all'incirca a metà altezza, in arrivo da Ovest verso Est, con traiettoria orizzontale, alle ore 03.06 (bisogna essere precisi) era attesa la stazione spaziale. Sarà pure vasta come un campo da rugby, ma possibile vederla a occhio nudo (e pure un po' cisposo, vista l'ora) da Terra? Sì, possibilissimo, anche perché mentre i nativi non digitali come il sottoscritto scrutavano dubbiosi la volta si fa per dire celeste, gli esperti impugnavano lo smartphone, touch-iavano l'iconcina dell'app Iss Detector (o qualcosa del genere) e in un amen ricavavano sullo schermo una bella freccia illuminata che diceva: guarda lì e lì, un po' più a destra, un po' più in alto, all'ora tale.



E, meraviglia, puntualissima alle ore 03.06, ecco la stazione spaziale sbucare nel cielo da Ovest e attraversarlo tutto verso Est diventando persino più luminosa nel tragitto che dura quasi 5 minuti, tanto che si riesce persino a immortalarne la scia con macchinette fotografiche da turisti: “Una buona magnitudo (luminosità degli oggetti celesti, appunto) questa sera” hanno allora sentenziato soddisfatti gli esperti davanti a noi esemplari di Neanderthal. E non era finita: “Guardate un po' dietro la stazione spaziale, un palmo più in basso, ecco la Sojuz”.



No, la Sojuz, no: è grande come camper o poco più, come è possibile che sia anch'essa visibile a occhio nudo? E invece, nella notte in mezzo al nulla di Tor Vergata ecco pure la Soyuz, quella con Parmitano a bordo, che tallonava lemme lemme la stazione spaziale che presto avrebbe raggiunto: in sedicesimi quasi una scena da Star Wars. Era appena, quella Sojuz a occhio nudo, un brillìo aiutato dalla fede (nella scienza, eh) ma bastava per impressionare la retina. Un'emozione doppia, da tornare bambini.

Bellissima. Si sta una vita davanti alla tv, al cinema, e ora inchiodati allo schermo del computer, per vedere navi spaziali di pixel, ma poi, per sentirsi davvero un po' astronauti, basta alzare gli occhi al cielo in una notte umida a Tor Vergata.

(19 maggio 2013)



 

© RIPRODUZIONE RISERVATA