«Se sei incinta ti picchio»
Sgominato giro di prostituzione

Conferenza stampa tenutasi oggi a Locri
Conferenza stampa tenutasi oggi a Locri
di Serafina Morelli
Giovedì 15 Dicembre 2016, 17:46 - Ultimo agg. 20:35
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LOCRI. «Se sei incinta ti picchio». Un sogno infranto, quello di arrivare in Italia con la promessa di un lavoro dignitoso, ritrovandosi però costretta a prostituirsi. Giovanna (nome di fantasia) sperava di poter mandare i soldi, guadagnati in modo onesto, alla famiglia in Romania, ma una volta arrivata in provincia di Reggio Calabria, a Gioiosa Jonica, nel 2012, inizia il suo peggior incubo. «Sono stata ingannata dal mio connazionale perché ero venuta in Italia per vendere accendini. La prima volta mi faceva salire su un’auto con un uomo, subito non avevo capito e non sapevo cosa fare, ma Sorin me lo diceva in rumeno e da lì iniziava la mia attività da prostituta». 
 

Dopo poco più di un mese dal suo arrivo nella Locride rimase incinta, fu picchiata più volte, tentò di scappare dai suoi aguzzini ma venne riportata a casa fino a quando un giorno si rivolse alle forze dell’ordine: «Ho intenzione di smettere di fare questo lavoro e chiedo alle Autorità di aiutarmi». Da qui inizia la sua collaborazione, racconta ogni particolare: l’aborto, le violenze, le mortificazioni. E oggi, grazie anche alle sue testimonianze, è stato smantellato dai carabinieri del Gruppo Locri, diretto dal tenente colonnello Pasqualino Toscani, un giro di prostituzione. In manette, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Stazioni a luci rosse”, sono finiti il 35enne Francesco Oppedisano (nato a Locri e residente a Siderno), e Giovanni Macrì, 57enne di Siderno. Al momento risultano irreperibili una donna e un uomo rumeni.


Secondo l'accusa Oppedisano avrebbe sfruttato dodici ragazze dell'Est (tra i 20 e i 35 anni), rumene, bulgare e moldave, giunte in Italia con false promesse e poi costrette a prostituirsi nei pressi delle stazioni ferroviarie di Siderno, Locri e Bovalino. Oppedisano avrebbe messo in contatto i clienti con le prostitute, custodendo gli effetti personali delle ragazze mentre erano in compagnia dei clienti, rimanendo nei dintorni, pronto ad intervenire in caso di problemi tra le prostitute e i clienti. Anche Macrì sarebbe stato presente nei paraggi dove le prostitute esercitavano il meretricio e accompagnava talvolta le donne sul “luogo di lavoro” con la propria auto. I reati sarebbero stati commessi tra giugno 2015 e settembre 2016. I due rumeni con percosse e minacce di morte, nonché trattenendo i documenti di alcune donne, le controllavano a distanza prendendo contatti diretti con i clienti, dando disposizioni sulla somma da richiedere per i rapporti sessuali e percependo i proventi. Le tenevano sotto scacco, controllavano direttamente il numero dei clienti e il relativo guadagno. «La sera quando tornavo a casa davo tutti i soldi a lei», racconta la donna che denunciò tutto. Tentò di scappare con un’amica a Melito Porto Salvo, ma «sono venuti a prendermi a casa. Lei mi ha picchiato con pugni e calci, mi ha rotto il labbro inferiore. E la mattina dopo mi ha svegliato dicendomi che dovevo andare a lavorare».

L’ABORTO - La rumena irreperibile è indagata anche per aver costretto la donna a interrompere la gravidanza, giunta alla decima settimana. «Dopo che ero stata con un cliente sono uscita incinta – racconta la donna al pm – ho chiamato A.F. e lei mi ha detto se sei incinta ti picchio, poi mi accompagnò con un soggetto di Ardore tale Ciccio all’ospedale di Locri dove Ciccio conosceva la dottoressa che mi ha fatto abortire».

«Mi ricordo che quando subii l'aborto, il dottore mi chiese come fossi rimasta incinta e io gli risposi, come mi aveva detto A.F., che ero rimasta incinta di un ragazzo, senza fare alcun cenno al fatto che mi prostituivo. Il medico mi aveva detto anche di ritornare per controlli dopo l'aborto, ma Angela non mi ha fatto andare. Mi ha fatto stare a casa sua una settimana e poi mi ha mandato di nuovo a lavorare». Come se non fosse successo nulla. 
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