Scuola infanzia, il 74 per cento
dei fondi assegnato al Nord

Scuola infanzia, il 74 per cento dei fondi assegnato al Nord
di Marco Esposito
Sabato 4 Novembre 2017, 09:48 - Ultimo agg. 16:08
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La ministra Valeria Fedeli parla di «standard uniformi su tutto il territorio nazionale» nello stesso momento in cui assegna 90 euro per ogni bambino in Emilia Romagna e 43 euro in Campania. Il doppio. Un'offesa ai diritti dell'infanzia, un calcio ai principi d'uguaglianza e una violazione neppure ben nascosta della legge, come si vedrà.
La Fedeli per potenziare il sistema d'istruzione per l'infanzia ha ripartito 209 milioni di euro destinati a migliorare i servizi offerti per 3 milioni di bambini che non hanno ancora compiuto sei anni. Il riparto è fatto tra le regioni italiane, anche se i soldi saranno erogati entro il 2019 direttamente ai Comuni in base ai progetti per costruire nuovi asili, ristrutturare e mettere in sicurezza strutture esistenti nonché ridurre i costi per le famiglie. Il Centronord ha fatto la parte del leone con il 74,23% delle risorse assegnate, sebbene i bambini residenti in quell'area siano il 65,52%. Il Mezzogiorno si è dovuto accontentare del 25,77% delle risorse nonostante la quota di bambini sia del 34,48%. La Campania è il territorio più penalizzato visto che è seconda per numero di piccoli e appena settima per risorse assegnate.

Il riparto proposto dal ministero dell'Istruzione è stato approvato dagli enti locali nella Conferenza unificata del 2 novembre scorso, riunione nella quale le istituzioni dei territori meridionali - tra esse erano invitati i sindaci di Napoli, Lecce, Cagliari, Catania, Chieti e Bari - ancora una volta non hanno brillato per capacità di difendere gli interessi dei cittadini che vanno a rappresentare. Per il governo era presente il sottosegretario all'Istruzione Vito De Filippo, lucano, secondo il quale «stiamo costruendo insieme, ciascuno per la propria parte, percorsi di crescita eguale su tutto il territorio, a partire dall'infanzia». «Eguale» per De Filippo vuol dire 51 euro per bambino nella sua Basilicata e 103 euro in Valle d'Aosta? Così sostiene, eppure la matematica non è un'opinione.

Da dove arrivano i 209 milioni? Sono un finanziamento legato a uno dei tasselli della Buona Scuola, cioè la riforma dell'istruzione per l'infanzia creando il sistema integrato d'istruzione per la fascia 0-6 anni. Lo scorso aprile è stato approvato il decreto legislativo sull'infanzia (65/2017), che all'articolo 4 fissa l'obiettivo del «progressivo consolidamento, ampliamento, nonché l'accessibilità dei servizi educativi per l'infanzia, anche attraverso un loro riequilibrio territoriale, con l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale» e all'articolo 12 indica i criteri con cui ripartire le risorse e cioè: «Sulla base del numero di iscritti, della popolazione di età compresa tra zero e sei anni e di eventuali esigenze di riequilibrio territoriale, nonché dei bisogni effettivi dei territori e della loro capacità massima fiscale».
Cosa ha fatto il ministero? Come principale criterio (peso del 50%) ha considerato gli iscritti agli asili al 31 dicembre 2015, iscritti che ovviamente sono più al Nord. Come secondo parametro (peso del 40%) ha contato i bambini reali. Come criterio marginale (10%) ha considerato la popolazione di età 3-6 anni non iscritta alla scuola dell'infanzia statale «in modo da garantire un accesso maggiore».

Il trucco c'è ma non è evidente. La fascia di età 3-6 anni non ha forti squilibri territoriali e raggiunge una copertura del 90%, inoltre la scuola materna statale è più presente al Sud che al Nord, visto che il 45% degli iscritti si trova nel Mezzogiorno. Quindi considerare solo l'età delle materne e soltanto i non iscritti alle scuole dell'infanzia statali non porta affatto un riequilibrio territoriale e, in ogni caso, non in favore del Mezzogiorno. In pratica per la perequazione si è utilizzato il solo parametro dove il Sud ha risultati più consistenti del Nord: le materne statali. Ignorando tutti gli altri.

 
Una presa in giro che viola la legge. Il decreto 65/2017 infatti impone, all'articolo 4, di avviare un progressivo riequilibrio territoriale per l'altra fascia di età, quella da 0 a 3 anni, dove la carenza di asili nido nel Mezzogiorno è fortissima. Inoltre, all'articolo 12, si indica nei criteri di riparto la «capacità massima fiscale» dei territori. Il principio cui si ispira la legge è chiaro: non è logico assegnare risorse aggiuntive a territori che hanno già cospicue entrate fiscali proprie, mentre le risorse vanno concentrate nelle aree dove il gettito fiscale, anche alzando le aliquote al massimo, non è sufficiente a pagare i servizi per l'infanzia. Un principio di riequilibrio che avrebbe favorito le famiglie del Mezzogiorno, ma che è sparito del tutto nei conteggi del Miur.

Il ministero dell'Istruzione dopo il riparto dei 209 milioni di euro ha diffuso un comunicato che merita, nel passo seguente, di essere citato alla lettera, maiuscole comprese: «Con questo Piano - dichiara la Ministra Valeria Fedeli - stiamo garantendo alle bambine e ai bambini pari opportunità di educazione, istruzione, cura, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche e culturali».

Si sarà notata l'attenzione lessicale all'uguaglianza di genere, che fa onore alla ministra Fedeli perché in tale campo non si fa mai abbastanza. Ma è agghiacciante l'assoluta distanza della Fedeli dalla realtà quando in ballo non ci sono le differenze di genere ma quelle geografiche: in tale Piano non c'è nulla che - non diciamo superi - ma neppure attenui le disuguaglianze territoriali ed economiche.

Se si fossero conteggiati 90 euro per i maschi e 43 euro per le femmine ci sarebbe stata una clamorosa violazione delle pari opportunità; altrettanto grave però è ripartire 90 euro agli emiliani e 43 euro ai campani, i quali già partono in posizione svantaggiata. Fino a prova contraria, assegnare più risorse dove ci sono più asili allarga le differenze, non le riduce. Farlo ai danni di bambine e bambini di 0-6 anni è iniquo, illegale e immorale.