«Togliere un figlio alla famiglia
chi e come deve decidere»

Venerdì 1 Dicembre 2017, 09:13 - Ultimo agg. 17:21
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C'è un filo rosso che lega i due provvedimenti, per la coppia dell'acido e i genitori considerati troppo anziani, richiesti ieri alla Corte Suprema. Ed è il seguente: «Ogni bambino ha diritto a vivere con la sua famiglia di origine, quando possibile», spiega Pietro Avallone, giudice del Tribunale per i minorenni di Napoli.

In base a questo principio, la Procura generale della Cassazione ha chiesto che non sia più dato in adozione il figlio di Martina Levato, condannata con il compagno Alexander Boettcher per le aggressioni con l'acido.
«È la legge che prescrive siano innanzitutto i parenti fino al quarto grado, se idonei, a prendersi cura di questi bambini».
I nonni possono essere idonei, anche se i loro figli hanno commesso gesti tanto gravi.
«Come i figli non sono responsabili dei comportamenti dei padri, così i genitori non sempre lo sono per i loro ragazzi».
Affrontare questa vicenda, per una bimba, può essere duro.
«Può essere pesante, è vero, ma ognuno di noi porta con sé il proprio bagaglio. E il tribunale non è fatto per sconvolgere la realtà, ma per intervenire in quei casi patologici: noi giudici non possiamo cambiare la vita delle persone, non sarebbe neanche giusto».
Così il pg della Cassazione ha chiesto di restituire ai genitori biologici del Monferrato la bimba nata nel 2010, che gli è stata tolta, perché considerati anziani e inadatti dopo essere stati accusati ingiustamente di averla abbandonata in auto per una manciata di minuti.
«Non mi permetto di giudicare questa vicenda, perché non posso: non conosco gli atti. Ma le decisioni sono sempre adottate in base alle relazioni fatte dai servizi sociali: noi non siamo presenti, vagliamo quello che ci riferiscono rispetto alla capacità genitoriale».
Quanto pesa l'età nel verdetto?
«La nostra è una società che invecchia, anche per le difficoltà che i giovani hanno nel trovare lavoro e avere un minimo di certezza che consenta loro di assumersi la responsabilità di un figlio. Giocoforza, l'età avanza per tutti, a prescindere dalla specifica situazione».
Ma le valutazioni sul punto possono essere diverse. Addirittura opposte.
«Il diritto non è una scienza esatta e meno ancora lo è quando si parla di affetti e capacità genitoriale: in questi casi, i parametri devono essere scandagliati con grande attenzione. È più semplice stabilire se un reato è stato commesso...».
Qual è il suo parere in merito ai genitori anziani?
«Ci sono bimbi che vengono affidati ai nonni in tante circostanze, quando i genitori non ce la fanno».
C'è un pregiudizio diffuso, invece?
«Non dico che ci sia, ogni caso è a sé e va analizzato. Nel diritto minorile, è importante avere quanti più strumenti possibile per valutare».
Il risultato, a volte, è un ping-pong, tra un palazzo di giustizia e l'altro.
«Non è un ping-pong, il nostro sistema estremamente garantista prevede la possibilità del vaglio in più grado di giudizio e quindi di una analisi e revisione delle situazioni. Nessun giudice ha l'illuminazione celeste, consente l'esame da parte di colleghi diversi vuole proprio per assicurare il massimo dell'attenzione possibile, nel campo delle adozioni ma anche nel diritto civile e penale. È una misura fondamentale in democrazia».
Eppure, la bambina di Monteferrato, prima che si concluda l'iter, ha compiuto sette anni. Non le reca un danno anche tutta questa attesa?
«Per effetto dei ricorsi, si capisce che i tempi tecnici diventano questi, nonostante il tentativo di velocizzare. Evidentemente, in rapporto a un bimbo sono tempi biblici, però ogni medaglia ha due facce. L'altra è, appunto, il garantismo nella decisione».
La bimba potrà comunque ritrovare la giusta serenità?
«Lo auguro a questa bambina: i genitori, ritenuti idonei dal giudice, saranno in grado di provvedere alla sua armonica crescita, con tutto il sostegno previsto dal nostro welfare».
Quale sostegno?
«Psicologico, innanzitutto, che non significa invadere il campo».
E quello che è stato il mondo di questa bimba fino a oggi?
«Ognuno ha una storia a sé e, in base a questa, occorre fare in modo che il minore abbia meno traumi possibili. Impossibile dire quale sia la formula giusta».
In base alla sua esperienza, come giudica invece la sottrazione dei minori alle famiglie di mafia?
«Ci sono situazioni in cui è utile o indispensabile, ma anche in questi casi non si può generalizzare».
 
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