Bimba contesa, l'altolà del garante: «Dopo 7 anni di adozione un errore causare strappi»

Bimba contesa, l'altolà del garante: «Dopo 7 anni di adozione un errore causare strappi»
di Maria Pirro
Sabato 2 Dicembre 2017, 08:15 - Ultimo agg. 13:22
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La bambina contesa da due famiglie, quella biologica e l’altra adottiva, «non deve pagare il conto più salato»: interviene il garante per l’infanzia, Filomena Albano, sulla vicenda dei genitori considerati troppo anziani, cui il pg in Cassazione ha chiesto invece di riaffidare la figlia che vive con l’altra coppia, ormai da anni. Una presa di posizione chiara, quella del magistrato a lungo impegnato nella tutela dei minori nei palazzi di giustizia italiani e nella commissione internazionale adozioni.

Qualunque decisione è inevitabilmente tardiva. E dolorosa, per più punti di vista, sulla pelle di un bimbo.
«I tempi dei tribunali, è vero, non sono i tempi dei bambini. Sette anni è una vita nel sistema di affetti che deve essere assolutamente salvaguardato. C’è un legame che si crea quando si è andati insieme a scuola, mano nella mano, o alle feste di compleanno, e questo legame forma un patrimonio: è impensabile uno strappo definitivo, ai danni del minore, quale sia la decisione finale della Cassazione sulla idoneità della coppia biologica».

Intanto, i genitori sono sempre più anziani. E si valuta di alzare la differenza di età, già portata da 40 a 45 anni, per le adozioni. Che ne pensa?
«Premetto che ho letto le decisioni precedenti sui genitori di Monferrato e l’età non è stato il presupposto nella valutazione di inidoneità scaturita da più elementi. Servizi sociali e magistrati fanno considerazioni a 360 gradi. Ma, al di là del caso giudiziario, serve un bilanciamento. Non si può oltrepassare certi limiti».
 
Vede una soluzione?

«Non voglio entrare nel merito, ma dico che va evitato lo strappo e da due anni l’Italia ha una legge che valorizza la continuità degli affetti. Mi riferisco all’adozione mite che evita la rescissione dei contatti con la famiglia biologica, ma mette i minori al centro». 

È una strada ancora poco battuta.
«Sì, perché richiede uno scatto, di responsabilità e consapevolezza: se gli adulti non sono in grado e fanno prevalere i loro egoismi, significa che i minori non sono la priorità».

Nell’interpretazione del pg, anche per il figlio della coppia dell’acido sembra prevalere il diritto a vivere nella famiglia di origine.
«Il principio è sancito dalla convenzione delle Nazioni unite, la stessa che prevede una protezione dello Stato quando i genitori non sono idonei. Il presupposto è il diritto del minore a vivere in una famiglia in grado di dargli un modello educativo. Ha diritto innanzitutto ai genitori, non semplicemente ai familiari».

Ritiene sia un obiettivo possibile?
«Anche chi è colpevole di reati gravi ha diritto a ravvedersi, ma i suoi tempi non sono quelli di crescita di un bambino. Il minore ha la priorità, fermo restando che spetta ai giudici la decisione. In questi mesi come autorità stiamo anche monitorando e seguendo con attenzione la giurisprudenza dovuta ai provvedimenti di decadenza della podestà genitoriale adottati dai tribunale di Reggio Calabria, Napoli e nel resto del Mezzogiorno».

Sottrarre i figli ai mafiosi: questa strategia, di segno opposto alla linea del pg davanti alla Corte Suprema, divide magistrati e psichiatri. Da che parte sta?
«Concordo con i tribunali: ci sono situazioni estreme in cui si prospettano modelli educativi non percorribili. Le famiglie vanno sostenute, ma non sempre sono pronte a mettersi in gioco e, se non lo fanno, significa che l’interesse del minore non è la priorità e occorre proporre un modello alternativo. Per questo, c’è anche il progetto Liberi di scegliere».

Quali tutele ci sono invece per i figli di detenuti?
«Abbiamo siglato un protocollo con il ministero di giustizia e le associazioni per sensibilizzare le autorità giudiziarie a incentivare contatti e creare spazi in carcere dedicati ai più piccoli e ai ragazzi. Un programma prevede partite calcio tra genitori e figli. E ogni tre mesi un tavolo tecnico monitora l’attuazione dei progetti».

Risultati? 
«Stiamo registrando un incremento degli spazi per i colloqui, quindi il protocollo nella prima fase di attuazione si sta rivelando proficuo. Ovviamente, resta tanto da fare».

Un altro tema è quello di garantire sostegno ai figli dei migranti, più a rischio se non sono accompagnati.
«Ora c’è una legge importante, la 47, prima in Europa, che dà garanzie e chiama a raccolta i cittadini: abbiamo promosso una campagna di sensibilizzazione con cui a tutti chiediamo di diventare tutori volontari dei diciannovemila ragazzi che hanno affrontato mare e deserto e hanno bisogno di aiuti nel nostro paese. Qualsiasi cittadino può fare la domanda: basta andare sul sito dell’autorità e aderire all’attività, al momento totalmente gratuita».

Poi ci sono gli orfani di femminicidio: è attesa una legge per tutelare questi bimbi.
«Misure decisive. Per questo motivo, abbiamo appena inviato una nota riepilogativa al presidente della commissione d’inchiesta in Parlamento e più volte caldeggiato una rapida approvazione della proposta di legge necessaria per affrontare problemi enormi, dalle relazioni familiari alle pensioni di reversibilità».
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