The Kolors al Festival:
«In Italiano, ma nel nome del ritmo»

The Kolors
The Kolors
di Federico Vacalebre
Martedì 23 Gennaio 2018, 15:02 - Ultimo agg. 18:37
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La «Frida» del titolo è proprio lei, la Kahlo, conferma Antonio Fiordispino, per tutti Stash, che chissà se ha mai ascoltato l’omonima canzone di Fred Bongusto: «Appena visto il documentario a lei dedicato abbiamo capito che era la figura giusta su cui costruire la nostra canzone, che non parla di lei, grande pittrice capace in qualche modo di superare il dolore e la malattia, ma della diversa attitudine che una coppia può portare per l’amore che sta provando a costruire. Le relazioni sentimentali cambiamo natura rapidamente».

«L’amore non è che una sfida, sarà la nostra regola come per Frida», dice il testo con cui The Kolors debuttano due volte: a Sanremo e in italiano, finora avevano usato sempre l’inglese. La media di voto raccolta nelle pagelle del primo ascolto non è alta, anzi. E i bookmaer non sembrano scommettere sul trio.

«All’Ariston ci stiamo preparando: dicono ci voglia un fisico bestiale, per il nostro pezzo anche di più, visto che è tutto giocato sulla prova live, sul ritmo. Ci stiamo allenando, insomma. In italiano un precedente c’è, “Assenzio” di J-Ax e Fedez in cui comparivo con Levante, per non dire delle cover sperimentate nei giorni di “Amici”. Stavolta, però, è davvero diverso, per la prima volta abbiamo lavorato nella nostra lingua ad un pezzo che suona The Kolors al cento per cento: cantare in una lingua o in un’altra non è la stessa cosa, cambia il suono, la timbrica, il modo di far fluire le parole».

Con te, Alessandro Raina e Dario Faini, firma il pezzo Davide Petrella.
«Speriamo di vendicarlo: l’hanno fatto fuori dai Giovani di Sanremo, ma lui ha un suo pezzo tra i big».

A proposito: siete i Campioni più giovani.
«Questo dice come vanno le cose in Italia, dove sei ancora considerato un ragazzo a 28 anni».

È un paese per vecchi: anche il Festival?
«Non lo conosciamo ancora, siamo molto curiosi di scoprirlo, per ora ci sentiamo nel paese dei balocchi, piuttosto: siamo fans dei nostri presunti rivali, quando abbiamo posato insieme per la famosa foto di gruppo abbiamo chiesto il numero di telefono a tutti, proponendo una collaborazione che nessuno ha rifiutato. Mi piace l’atmosfera di questo Sanremo targato Baglioni, anche se non so com’era quella di prima. Non si avverte aria di competizione, non si mettono le generazioni una contro l’altra, si lascia ad ognuno la possibilità di fare il suo gioco, di fare la sua musica, di completare il suo discorso artistico».

Come vi siete convinti a tentare l’avventura?
«Non l’abbiamo programmato, giorno dopo giorno è maturata l’idea che potesse essere divertente provarci, che il brano era adatto, che Stash, Alex e Daniele potevano azzardarsi nella terra dei cachi».

Ripubblicherete una nuova edizione, arricchita come si usa e non solo della proposta festivaliera, del vostro ultimo album, «You», non proprio fortunatissimo come il suo predecessore «Out»?
«No, al momento non programmiamo proprio niente, se non di andare in riviera, farci sentire chiaro e forte e poi approfittarne per suonare dal vivo il più possibile: è la dimensione che più ci piace».

Avete scelto i vostri ospiti di venerdì 9 febbraio, quando rileggerete in chiave diversa «Frida»?
«Sì, ma Baglioni vuole annunciarli lui. Non abbiamo puntato sul featuring di richiamo, ma sulla funzionalità: esalteremo ancora di più la ritmica cruda della nostra canzone».

E il direttore d’orchestra?
«Quello, credo, possiamo annunciarlo, sarà Luca Chiaravalli, altro due metri e cinque, 50 di piede: non c’è davvero modo che passi inosservato».

Insieme con Avitabile-Servillo rappresenterete Napoli, terra della canzone.
«È vero, per noi che veniamo da Cardito è davvero un onore, poter dividere il palco del teatro più celebre d’Italia, l’Ariston, con un leone del neapolitan power di ieri e di oggi, con un artista che non smette mai di evolversi, che sa immergere le sue radici, che poi sono le nostre radici, nei suoni del mondo. Quando ascoltiamo Enzo ci riempiamo di buone vibrazioni, possiamo essere in qualsiasi angolo del mondo ma ci ricordiamo da dove veniamo e come vive, e canta, e suona, e soffre la nostra gente, la nostra terra».

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