Sanremo, trionfa il duo Meta & Moro: l'inno antiterrorismo conquista l'Ariston

Sanremo, trionfa il duo Meta & Moro: l'inno antiterrorismo conquista l'Ariston
di Federico Vacalebre
Domenica 11 Febbraio 2018, 08:10 - Ultimo agg. 13:11
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Inviato a Sanremo

Favoriti sin dalla vigilia, hanno resistito alla tempesta nata intorno alla loro canzone, parzialmente già edita e a rischio di eliminazione, hanno conquistato la zona alta di tutte le classifiche parziali note (demoscopica, della sala stampa e della giuria di qualità), con il televoto che ha dato l'apporto significativo per la vittoria sanremese alla loro «Non mi avete fatto niente», ispirata da una lettera del padre di una vittima della strage del Bataclan. L'albanese Ermal Meta era stato il vincitore morale della scorsa edizione, già puntando con «Vietato morire» su un tema - autobiografico - di cronaca, come il suo socio capitolino Fabrizio Moro aveva fatto nel 2007, vincendo tra le Nuove Proposte con «Pensa», inno antimafia nato pensando a Borsellino. Nell'anno del trionfo baglioniano, con la vittoria di Ultimo tra i Giovani, Sanremo è provincia di Roma: capitale? Padrona? Ladrona? Già, perché le polemiche su «Silenzio», il brano che conteneva un terzo del pezzo premiato ieri sera, sono pronte a riaprirsi e, soprattutto on line, alimentare il dibattito complottista: era già tutto previsto, dovevano vincere loro, non hanno voluto eliminarli... Loro, intanto, se la godono, hanno centrato il risultato, frutto di un complicatissimo verdetto: «La nostra è una risposta di pancia al terrore, l'urlo ingenuo di chi vuol dire ai cattivissimi che non ci condizioneranno, non ci costringeranno a vivere nella paura». «Non abbiamo armi» si intitola l'album appena uscito dell'ex Fame di Camilla, «Parole, rumore e anni - Parte 1», l'antologia con inediti del suo collega-amico. La vittoria li trasforma quasi in una coppia di fatto, «sapremo evitare questo rischio» sorridono brindando al leone con la palma portato a casa.
 

 

Secondi Lo Stato Sociale. Evitiamo di dire che alla scimmia che balla segue la vecchia che balla, anche se è così. Il tormentone di Gabbani l'anno scorso fu completato e lanciato verso la vittoria dalla coreografia animalesca, «Una vita in vacanza» ha usato l'arzillissima terza età di Paddy Jones per conquistare un'attenzione altrimenti improbabile verso il collettivo nato in quel che resta della Bologna bastione di una sinistra-sinistra, capace di coniugare la creatività con la goliardia, l'impegno con il disimpegno, la voglia di un altro mondo possibile con la consapevolezza di vivere un mondo impossibile. Terza Annalisa. Il vestitaccio di ieri sera nascondeva la nuova sensualità mostrata in questo suo quarto Sanremo in sei anni. Nali era convinta che la sua carriera dovesse decollare dall'Ariston, per liberarla dall'etichetta di «talent girl» procuraratasi nella finale di «Amici» del 2011. «Il mondo prima di te» parte meglio di come continua, la vede cantare un assurdo «e poi ci toglieremo i vestiti per poter tornare verso il sole», ma la sdogana del tutto nella serie A del pop adulto, non solo giovanilista.

Dietro il trio, in classifica il Ron dalliano a cui va il premio della critica, la Vanoni (premio Sergio Endrigo per la miglior intepretazione), Gazzè, Barbarossa, Diodato-Paci, i migliori di questa edizione, insieme a Avitabile-Servillo (dodicesimi). Male gli ex Pooh, Elio e le Storie Tese conquistano l'ultimo posto per il loro addio, dopo aver inseguito inutilmente il penultimo, andato a Biondi: saranno contenti?
 

Un paese si racconta, twitta Gentiloni guardando la tv, invidioso di un Baglioni un tempo ulivista, oggi chissà, ma di sicuro leader di un partito canoro di maggioranza assoluta canora. Gli ascolti hanno dato ragione alla scommessa del Claudillo, la sua formula funziona, probabilmente soprattutto perché puntellata dai suoi successi e dalla credibilità conquistata con una carriera lunga (finora) mezzo secolo. Difficile, per altri, potersi concedere il lusso del duetto di ieri con Laura Pausini («Avrai»), spinta dalla situazione persino ad un'esibizione con il pubblico sul red carpet nonostante i postumi della laringite che l'avevano costretta a rinunciare di esserci già al debutto, insieme con Fiorello, tornato protagonista ieri sera al telefono. Anche i numeri divisi con Fiorella Mannoia («Mio fratello che guardi il mondo») e il trio Nek-Pezzali-Renga («Strada facendo») denunciano la stessa centralità «culturale» baglioniana nell'universo canoro italiano. La Hunziker (scollatura da urlo anche ieri) e Favino hanno riempito con sufficienza il ruolo dei presentatori, nonostante testi a dir poco sciatti e poco originali, al resto bada il Claudillo, già capitano coraggioso, promosso direttamente a generale di corpo d'armata televisiva.

Archiviato tra le solite polemiche il verdetto finale, resta da capire se Baglionissimo abbia centrato anche l'altro risultato, in teoria il primo: quello di rilanciare artisticamente il Festival della canzone italiana, di aiutarlo a tornare al centro del consumo musicale. Baglioni avrà vinto con le canzoni oltre che con l'Auditel? Alla hit parade l'ardua sentenza.

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