Quanto è lontana «Primavera 180»,
un libro raccoglie gli articoli di Piro

Mercoledì 21 Marzo 2018, 08:36 - Ultimo agg. 22 Marzo, 15:20
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«Dal 1965 al 1984, la Campania è stata un punto cruciale nel dibattito nazionale sulla follia e la salute mentale. Con i suoi sei manicomi, di cui tre ospedali psichiatrici giudiziari, costituiva una vera e propria industria della follia di dimensioni gigantesche. In quegli anni, gli esperimenti di innovazione psichiatrica sono stati molti, diffusi, ben divulgati al pubblico». Lo scrive Francesco Piro, figlio del compianto Sergio, nella prefazione di «Primavera 180», opera prima di Teresa Capacchione, la psichiatra dell'Asl Napoli 1 Centro che con il maestro ha svolto attività didattica e di ricerca e oggi presiede l'associazione a lui dedicata.

Della attività di medico svolta da Sergio Piro raccontata tra l'altro sul Mattino nei reportage dello storico capocronista Ciro Paglia, ma anche degli articoli sui giornali firmati dallo stesso psichiatra, si occupa il libro edito dalla casa editrice Sensibili alle foglie. La presentazione con l'autrice è fissata per venerdì 23 marzo, ore 16, a Palazzo Giusso, sede dell'università L'Orientale. Relatori, con Piro, Dario Stefano dell'Aquila e Vittorio Saldutti. Tornano così all'esame quelle lotte e le esperienze psichiatriche alternative nella regione, segnalate sulla stampa, dando voce ai protagonisti.

In questa storia corale Piro è anche testimone implacabile della degenerazione della riforma e della sua normalizzazione dal 1984 fino all'inizio del XXI secolo. Aggiunge Francesco Piro nella prefazione: «La tesi è che, se a un certo punto dopo l'approvazione della 180 e una legge regionale che sembrava dare ascolto alle nuove esperienze , si è tornati indietro è stato per scelta, la scelta di non investire sulla prevenzione, sulla cura diffusa della salute, sul benessere dei cittadini meno agiati e soprattutto di non investire in pratiche di cura non gestibili in un'ottica puramente aziendale e medica». Conclusione: «L'esito ne sono stati gli attuali servizi di salute mentale, ridotti al rango di ambulatori specialistici capaci solo di distribuire farmaci, nonché gli attuali servizi psichiatrici di diagnosi e cura in cui ancor più evidente è la persistenza della cultura manicomiale».
 
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