Ponte crollato, lo strano caso dei tweet dal Messico

Ponte crollato, lo strano caso dei tweet dal Messico
Ponte crollato, lo strano caso dei tweet dal Messico
di Francesco Malfetano
Domenica 19 Agosto 2018, 10:06 - Ultimo agg. 20 Agosto, 10:07
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Dalle 11.36 del 14 agosto, orario del crollo del Ponte Morandi, fino alla tarda serata dello stesso giorno, su Twitter le interazioni con hashtag relativi alla tragedia sono state 2 milioni.



Sorprende soprattutto che quasi un decimo (8%) del traffico sia partito dal Messico. L'hashtag più utilizzato è stato senza dubbio #Genova che, con oltre 140.000 condivisioni, ha catalizzato l'attenzione internazionale sulla cittadina ligure. Non solo quella di utenti in apprensione e media, ma anche di qualche troll. In breve tempo Twitter - al pari di Facebook e altri social - si è riempito di fake news e contenuti propagandistici volti a favorire l'una o l'altra fazione politica (governo e opposizione). È ancora impossibile stabilire se gli account che hanno twittato le bufale siano parte di un'operazione concertata, magari con la regia di uno dei partiti politici.

Tuttavia l'attenzione resta ancora alta soprattutto dopo l'episodio del 27 e del 28 maggio, oggetto di un'inchiesta della procura di Roma sull'attacco al Quirinale. In due giorni su Twitter si attivarono alcune centinaia di account russi che al grido di #MattarellaDimettiti attaccavano il Presidente della Repubblica chiedendone le dimissioni. In quel caso la vicenda ha assunto toni talmente importanti che la Procura di Roma ha ritenuto di aprire un'indagine. Ad oggi i cinguettii su #Genova sono circa 50 mila con oltre 245.000 condivisioni. Di questi la maggior parte proviene dall'Italia (82,6%), mentre una buona fetta è stata postata da Paesi a noi vicini geograficamente - Francia, Spagna e Regno Unito - oppure che vantano un legame profondo il Belpaese e, in particolare, con la città di Genova. È il caso di Stati Uniti, Argentina o Venezuela: destinazioni privilegiate dei numerosi italiani emigrati nel secolo scorso. Scorrendo tra le classifiche d'utilizzo dell'hashtag però, spiccano anche provenienze inattese come Mali e Oman, rispettivamente all'1,2% e 1,7%. Fare delle stime esatte per ora è impossibile ma facendo un rapido calcolo sui numeri precedenti, circa 600 tweet sono arrivati dal Mali e 800 dall'Oman. Con ogni probabilità si tratta di utenti che utilizzano reti capaci di mascherare il loro indirizzo oppure motori di ricerca - come l'ormai noto Thor - in grado di far rimbalzare il segnale in paesi tutto sommato strani. Durante l'attacco a Mattarella ad esempio, i tweet arrivarono da Ucraina, Israele e Cipro. Peraltro la presenza di un flusso di post arrivati da indirizzi registrati in Oman è stata confermata anche durante le esequie che si sono svolte ieri a Genova: questa volta, in riferimento agli hashtag #luttonazionale e #funeralidistato, dal Paese Saudita si è sviluppato circa il 2% del traffico. Oppure analizzando un campione molto piccolo di circa un migliaio di cinguettii postati ieri con il tag #Pontemorandi, si nota che un numero spropositato arriva dal Messico - circa l'8%.

Un'anomalia soprattutto considerando che quelli postati dagli Stati Uniti sono solo il 5,1% o che i tweet provenienti da indirizzi ip francesi sono il 2,5%. Nonostante i numeri significativi e l'enorme quantità di bufale condivise da questi account, è ancora impossibile parlare di una rete di troll. Tuttavia sul web è sempre più facile acquistare per pochissimi euro pacchetti di seguaci pronti a dar forza e a diffondere post provocatori, fake news e creare delle vere e proprie camere dell'eco. Il trollaggio è uno strumento, anche politico, che non ha limiti e che serve a formare il sentimento pubblico poi seguito dai partiti. E la vicenda di Genova potrebbe essere l'ennesima dimostrazione.

 

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