Scuole, Mastella guida la rivolta:
«Dovrei chiudere la metà dei plessi»

Scuole, Mastella guida la rivolta: «Dovrei chiudere la metà dei plessi»
di Marco Esposito
Martedì 28 Agosto 2018, 07:30
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«Andiamo al Quirinale. Tutti i sindaci delle zone a rischio sismico. E restituiamo la fascia tricolore. Se c'è una forte scossa e una scuola va giù non possiamo fare da capro espiatorio». È un fiume in piena Clemente Mastella, da due anni sindaco di Benevento.

Sindaco, lei ha già chiuso il ponte Morandi in città, ora si prepara a chiudere le scuole?
«Ne ho chiusi due, di ponti, se è per questo. Ma sulle scuole non ci sto a farmi mettere in mezzo. Se chiudo una scuola la città giustamente si rivolta, se non la chiudo e c'è una scossa sono responsabile penalmente di quel che succede. E dopo l'allarme Molise non me la sento».

È la responsabilità di chi amministra.
«Ah no, non scherziamo. Un conto sono le mie responsabilità, e me le prendo tutte, altra cosa le pastoie burocratiche. Non è mica un problema solo mio o solo di Benevento. Un po' in tutta Italia e al Sud in particolare ci sono scuole senza la certificazione di vulnerabilità sismica. Sono stati fatti i bandi, noi abbiamo partecipato e pure vinto, ma le verifiche non si fanno in poche settimane. E con questo clima chi se la prende la responsabilità di aprire le scuole?»

Quanti edifici sono a rischio a Benevento?
«Il Comune ne possiede diciannove e più della metà, in base a una relazione del 2014, presenta dei problemi».
 
E perché dopo quattro anni il caso esplode adesso?
«Non siamo stati fermi in questi anni. Abbiamo anche dei progetti di ristrutturazione e in qualche caso di abbattimento e ricostruzione. Lavori che, quando arriveranno i soldi perennemente incagliati, faremo. Ma intanto?»

Tocca a lei rispondere: intanto?
«Non si può lasciare che il singolo sindaco valuti in assenza di parametri chiari, con il rischio di finire sotto processo come è accaduto al sindaco di Ariano e presidente della Provincia di Avellino. Serve una regola chiara, una condotta unica definita per legge, che indichi, in attesa delle certificazioni, quali edifici vanno prudenzialmente tenuti chiusi. Per esempio quelli costruiti prima degli anni Ottanta».

Cioè la gran parte. E poi come si inizia l'anno scolastico?
«Chiedo scusa se rispondo con un'altra domanda: ma così, come possiamo iniziare? Chiudendo gli occhi? Mandando gli studenti come profughi a fare i doppi e tripli turni nelle poche strutture moderne? La sentenza di Grosseto è stata chiara: il sindaco è responsabile anche penalmente nel caso in cui tiene aperta una scuola priva di un certificato di vulnerabilità sismica con punteggio pari almeno a 1. È bastato 0,985 per considerare responsabile il sindaco toscano che aveva tenuto aperto l'istituto, in area a moderato rischio sismico. E alla novità legale della sentenza di Grosseto si aggiunge l'allarme esplicito della forte scossa in Molise. In Sannio, in Irpinia, come facciamo a sentirci al riparo?»

Quindi terrà le scuole chiuse?
«In queste condizioni sì. Soprattutto per quattro edifici. Non voglio allarmare la popolazione ma si stanno mettendo i sindaci in una situazione drammatica dal punto di vista penale ed etico».

Ne avete discusso in Anci?
«Sì ma dobbiamo fare di più. In questa situazione i sindaci sono quelli che cadono sul campo. Penso a una marcia su Roma, ma ovviamente non la chiameremo così, una manifestazione dei sindaci al Quirinale per restituire al Capo dello Stato le fasce tricolore».

Con quali obiettivi, in concreto?
«Primo: una norma che dica con chiarezza cosa va chiuso e cosa no, in modo da non lasciarci soli, a fare da capro espiatorio. Secondo: un provvedimento nel decreto Genova che ci consenta di intervenire in tempi rapidi, con tutti i controlli dell'Anac ma senza pastoie. Infine, ovviamente, i soldi per poter intervenire».

I due ponti quando li riapre?
«Deve dirmelo qualcuno, che sono sicuri. E con il clima che c'è dopo il crollo di Genova non è facile trovare un tecnico che si prenda la responsabilità di dare un via libera. Il ponte più piccolo, peraltro, va assolutamente rifatto. Ho proposto al Genio Civile un intervento per un ponte provvisorio e mi hanno chiesto 500mila euro per una struttura che sta lì per otto mesi. Mentre costruirlo daccapo mi costa 400mila euro».

Lo farà nuovo o mancano i soldi?
«I soldi li abbiamo, l'ho spiegato ai miei cittadini. Ma quanto tempo ci vorrà per la gara?»
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