Pronto soccorso in crisi, la grande fuga dei medici

Pronto soccorso in crisi, la grande fuga dei medici
di Maria Pirro
Sabato 22 Settembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 24 Settembre, 18:25
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All'appello mancano oltre mille medici nei pronto soccorso d'Italia, di cui 130 in Campania. Tanti, troppi. Mai così numerosi. Al punto che, a causa delle carenze di personale in organico, i professionisti rimasti in servizio effettuano quattro milioni e mezzo di visite in più rispetto agli standard nazionali. Senza riuscire a dare la giusta attenzione a ciascun paziente: dagli inizi del Duemila i minuti a disposizione sono dimezzati. «In pericolo è la qualità delle cure», avverte Francesco Rocco Pugliese, presidente della Società italiana della medicina di emergenza urgenza (Simeu) che ha presentato il rapporto a Bologna durante l'Accademia dei direttori 2018.

Secondo Simeu, tenendo conto di quanto tempo in media è necessario dedicare a una visita completa, ogni camice bianco dovrebbe eseguire al massimo 3.000 prestazioni all'anno, e invece ne garantisce 4.000. Ciò significa, si legge nel rapporto, che «il 22 per cento del totale delle visite supera il normale carico di lavoro». Ma c'è anche un altro dato preoccupante calcolato dalla società scientifica: se dieci anni fa un medico di pronto soccorso vedeva due malati ogni ora, «adesso ne vede quattro: un'attività raddoppiata che dà la misura del sovraccarico». E il tempo di cura si riduce a 11-12 minuti, anziché i 14 rilevati nel 2016 e i 26 a disposizione tre lustri fa. Figurarsi come può, un operatore già oberato, provvedere alla comunicazione con i familiari dei degenti. Non solo: «Bisogna tenere in considerazione sostiene Pugliese - che, a causa del sovraffollamento, che non è stagionale ma ormai endemico, fino al 40 per cento dei medici nei momenti peggiori è assorbito dall'assistenza per i pazienti che non è possibile ricoverare nei reparti di degenza». Le barelle, emergenza nell'emergenza, complicano la situazione.

In particolare, i medici a tempo indeterminato sono 5.800, i precari 1500. Ne servirebbero oltre 8.300 in totale, in base alla dotazione organica delle aziende sanitarie e ospedaliere, come emerge dalla raccolta dati promossa da Simeu su un campione di circa 110 strutture di emergenza che rappresentano sei milioni di accessi, circa un terzo del totale nazionale.

Il campione include dieci strutture campane, con 570mila accessi su un totale regionale di 1.562.460 prestazioni garantite all'anno. In questi pronto soccorso i medici previsti dalle dotazione organiche sono 217 ma in servizio ce ne sono 169, di cui 118 assunti a tempo indeterminato, 51 precari (il 23 per cento). Mancano, dunque, 48 professionisti: il 22 per cento del totale. Secondo la proiezione elaborata da Simeu per il Mattino, la carenza di personale in organico è complessivamente di 130 camici bianchi.

«Si tratta di una situazione di grave sofferenza del servizio pubblico che mette in serio pericolo la qualità delle cure e a cui è necessario trovare rapidamente una soluzione» ribadisce Pugliese, che attribuisce le difficoltà innanzitutto al numero chiuso previsto all'Università, per le scuole di Medicina e Chirurgia, e al numero insufficiente di borse di specializzazione per l'emergenza-urgenza. «Quest'anno sono aumentate di circa il 40 per cento rispetto lo scorso anno, ma parallelamente è aumentato anche il fabbisogno di medici indicato dalla conferenza Stato-Regioni, che passa da circa 300 a oltre 400 medici su tutto il territorio nazionale», dice il presidente Simeu, sollecitando ulteriori e più incisivi provvedimenti. «Pur restando un buon segnale di attenzione da parte del governo e delle regioni, non è ancora una risposta sufficiente al bisogno di salute dei cittadini», spiega. «La grave carenza dei medici nei pronto soccorso è un'emergenza già oggi, mentre i nuovi posti offerti ora ricadranno sull'attività degli ospedali soltanto fra cinque anni».

Cosa fare: «Sono necessari interventi rapidi nel servizio sanitario nazionale», è la richiesta caldeggiata dai professionisti. Quali? Un'ipotesi sul tavolo è quella di inserire nei turni gli specializzandi al quarto e quinto anno. «Comunque, una goccia nell'oceano», sostiene Pugliese, che ritiene sia opportuno coinvolgere anche i giovani di discipline equipollenti e assumere quei medici che, di fatto, hanno maturato un'esperienza nel campo.
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